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Decorrenza del termine per richiesta di convalida dell’arresto

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Cass. pen., sez. V, 22/01/2024 (ud. 22/01/2024, dep. 24/04/2024), n. 17169 (Pres. Miccoli, Rel. Bifulco)

Indice

La questione giuridica

La questione giuridica, affrontata dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava da quando decorre il termine per la richiesta di convalida dell’arresto.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Tribunale di Lecco non convalidava un arresto operato nei confronti di una persona, per un caso di furto aggravato ai sensi dell’art. 625, primo comma, n. 2, oltre che del delitto di cui all’art. 4 della l. 110 del 1975, e ciò in ragione del mancato rispetto del termine delle 48 ore, previsto dall’art. 390 cod. proc. pen., per la convalida dell’arresto.

Ciò posto, avverso questa decisione la pubblica accusa proponeva ricorso per Cassazione con unico motivo, ossia: violazione di legge processuale e vizio di motivazione, con riferimento agli artt. 380, comma 2, lett. e), 386, 391 e 558, comma 4, del codice di rito.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte riteneva il ricorso suesposto infondato sulla scorta di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale «il termine per la richiesta di convalida dell’arresto decorre dal momento della materiale apprensione fisica dell’arrestato e non da quello della redazione del verbale, che rappresenta soltanto la forma di documentazione dell’attività compiuta» (Sez. 1, n. 21680 del 06/05/2009; ex plur., cfr. Sez. 1, n. 22156 del 10/05/2005: in caso di arresto in flagranza rileva, ai sensi dell’art. 382 cod. proc. pen., solo la correlazione tra la commissione del fatto e l’intervento della polizia giudiziaria ed è irrilevante, pertanto, la circostanza che il verbale sia stato redato alcune ore dopo l’arresto che rechi un orario diverso da quello dell’intervento della polizia).

Difatti, per la Corte di legittimità, il Tribunale aveva correttamente applicato il principio, esplicitamente posto a base dell’impugnata ordinanza, per il quale «l’arresto in flagranza di reato si realizza nel momento in cui il soggetto è privato della libertà personale, dal quale decorre il termine per la richiesta di convalida di cui all’art. 390 cod. proc. pen., essendo irrilevante la circostanza che il verbale di arresto sia stato redatto in un momento successivo» (Sez. 3, n. 41093 del 30/01/2018).

I risvolti applicativi

L’arresto in flagranza avviene quando la persona è privata della libertà personale, e da quel momento inizia il calcolo del termine per richiedere la convalida, indipendentemente dal momento in cui viene compilato il verbale di arresto.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 5 Num. 17169 Anno 2024

Presidente: MICCOLI GRAZIA ROSA ANNA

Relatore: BIFULCO DANIELA

Data Udienza: 22/01/2024

Data Deposito: 24/04/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI LECCO

nel procedimento a carico di:

R. R. nato a … il …

avverso l’ordinanza del 02/10/2023 del TRIBUNALE di LECCO

udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELA BIFULCO;

lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, LUIGI GIORDANO, il quale ha chiesto pronunciarsi il rigetto del ricorso.

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 2 ottobre 2023, il Tribunale di Lecco non ha convalidato l’arresto operato in data 30 settembre 2023 nei confronti di R. R. in relazione al reato di furto aggravato ai sensi dell’art. 625, primo comma, n. 2, oltre che del delitto di cui all’art. 4 della I. 110 del 1975 (furto di alcune felpe in

un negozio, indossate previa rimozione con tenaglia del dispositivo antitaccheggio).

Il Tribunale ha rilevato il mancato rispetto del termine delle 48 ore, previsto dall’art. 390 cod. proc. pen. per la convalida dell’arresto, risultando dagli atti che R. R. era stato in concreto privato della libertà personale già all’arrivo dei Carabinieri di C. presso il negozio, teatro del furto, alle ore 10.00 circa del 30 settembre 2023, dove era avvenuta la prima perquisizione personale. In seguito -prima, comunque, delle 10.40- il R. era stato condotto presso il comando dei Carabinieri, dove era stata eseguita una seconda perquisizione. Nel riferirsi alla giurisprudenza di questa Corte (Sez. 3, n. 41093

del 30/01/2018, P.,Rv. 274070 – 01), il Tribunale ha ritenuto che, a prescindere dall’orario in cui era stato redatto il verbale (h. 12.50), l’arrestato fosse stato privato della libertà personale già tra le 10 e le 10.40 del 30 settembre 2023. In considerazione del fatto che R. era stato presentato davanti al Tribunale alle ore 12.16 del 2 ottobre 2023, dunque oltre il termine delle 48 ore, l’arresto non è stato convalidato.

2. Avverso l’ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico ministero presso il suddetto Tribunale, deducendo, con unico motivo, violazione di legge processuale e vizio di motivazione, con riferimento agli artt. 380, comma 2, lett. e), 386, 391 e 558, comma 4, del codice di rito.

L’indicazione dell’orario d’arresto (a rigore, una “retrodatazione”, secondo il ricorrente) si baserebbe su un’erronea interpretazione delle indicate disposizioni, oltre che su una fuorviante lettura degli atti allegati al fascicolo e della giurisprudenza di legittimità citata dal giudice (Sez. 3, n. 41093 del 30/01/2018, P., Rv. 274070 – 01: «l’arresto in flagranza di reato si realizza nel momento in cui il soggetto è privato della libertà personale, dal quale decorre il termine per la richiesta di convalida di cui all’art. 390 cod. proc. pen., essendo irrilevante la circostanza che il verbale di arresto sia stato redatto in un momento successivo»; in motivazione, la Corte ha osservato che, prima di procedere ad un arresto, può essere necessario compiere accertamenti sull’identità del soggetto e valutare le risultanze dell’attività di polizia, precisando, tuttavia, che tali esigenze investigative non possono determinare la completa privazione della libertà personale).

Osserva il ricorrente che il momento iniziale della privazione effettiva della libertà personale dell’arrestato non coincide necessariamente con la conduzione dello stesso in caserma, potendosi procedere in tal senso anche nei confronti di persona libera, che venga poi dichiarata in stato d’arresto in seguito agli accertamenti imposti dal codice di rito.

Ciò è esattamente quanto avvenuto nel caso di specie, posto che, in seguito al primo controllo effettuato dagli operanti presso il negozio in cui è stato commesso il furto, si sono resi necessari adempimenti ulteriori al fine di addivenire a una chiara ricostruzione dei fatti. Invero, i capi d’abbigliamento sottratti risultavano privi di etichetta e di dispositivi anti-taccheggio ed era necessario

altresì verificare se ricorresse l’aggravante dell’art. 625, primo comma, n. 2 cod. pen. (che determina(va) l’obbligatorietà dell’arresto in flagranza) e l’attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 4., cod. pen., che degrada invece la misura precautelare da obbligatoria a facoltativa.

Tale quadro non era mutato né a seguito della prima perquisizione (sul luogo del delitto) né a seguito della seconda perquisizione, effettuata in caserma, dacché entrambe avevano avuto esito negativo. L’impugnata ordinanza sarebbe errata in diritto, oltre che illogicamente motivata, in quanto tesa a far coincidere il momento dell’effettiva privazione della libertà personale del R. con l’orario dell’ultimo atto perquisitorio (vale a dire l’orario di redazione del verbale di perquisizione e sequestro avvenuto in caserma: h. 10.40). Un siffatto atto – sostiene il ricorrente- può infatti disporsi anche nei confronti di un soggetto libero.

Osserva infine il ricorrente che, in ogni caso, anche a voler condividere le argomentazioni del Tribunale, il Pubblico ministero aveva presentato l’arrestato all’udienza per la convalida dell’arresto e contestuale giudizio direttissimo entro le 48 ore dall’arresto, disponendo che l’arrestato fosse condotto dinnanzi al Tribunale alle ore 10.00. Tale circostanza non si verificò a causa di un’autonoma iniziativa

dell’organo giudicante, in seguito alla quale l’orario dell’udienza fu spostato alle 12. Anche a voler ritenere che la presentazione in udienza presupponga la presenza fisica dell’imputato in tribunale, il ricorrente ricorda che, comunque, il R. fu ivi condotto alle 11.30 e, dunque, entro le 48 ore dal momento della chiusura del verbale di querela proposto dalla persona offesa.

3. Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, Luigi Giordano, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

1. L’unico motivo di ricorso è infondato.

In primo luogo, va notato che le eccezioni del pubblico ministero non tengono adeguatamente conto della consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «il termine per la richiesta di convalida dell’arresto decorre dal momento della materiale apprensione fisica dell’arrestato e non da quello della

redazione del verbale, che rappresenta soltanto la forma di documentazione dell’attività compiuta» (Sez. 1, n. 21680 del 06/05/2009, omissis, Rv. 243811 – 01; ex plur., cfr. Sez. 1, n. 22156 del 10/05/2005, omissis, Rv. 232394 -01: in caso di arresto in flagranza rileva, ai sensi dell’art. 382 cod. proc. pen., solo la correlazione tra la commissione del fatto e l’intervento della polizia giudiziaria ed

è irrilevante, pertanto, la circostanza che il verbale sia stato redato alcune ore dopo l’arresto che rechi un orario diverso da quello dell’intervento della polizia).

Correttamente, dunque, il Tribunale ha applicato il principio, esplicitamente posto a base dell’impugnata ordinanza, per il quale «l’arresto in flagranza di reato si realizza nel momento in cui il soggetto è privato della libertà personale, dal quale decorre il termine per la richiesta di convalida di cui all’art. 390 cod. proc. pen., essendo irrilevante la circostanza che il verbale di arresto sia stato redatto in un momento successivo» (Sez. 3, n. 41093 del 30/01/2018, P., Rv. 274070).

Alcun rilievo decisivo dispiegano, inoltre, le osservazioni sul necessario allungarsi dei tempi utili ad addivenire a una chiara ricostruzione dei fatti, posto che, come risulta dal testo dell’ordinanza impugnata, l’arrestato ha dichiarato, al momento stesso dell’arrivo dei carabinieri (10.15 circa) sul luogo del delitto, di aver rubato le felpe e di averle indossate, ciò che rendeva evidentemente meno complessa l’operazione di accertamento dei fatti. Nessun particolare approfondimento tecnico, dunque, imponeva, nel caso di specie un allungamento dei tempi (come invece accade, ad esempio, nel caso di accertamento dell’identità del soggetto straniero che può rivelarsi particolarmente complesso: cfr. Sez. 1, n. 23686 del 10/06/2010, P. m. in proc. omissis, Rv. 247427 – 01: il termine per la richiesta di convalida dell’arresto decorre dal momento della materiale apprensione fisica dell’arrestato e non da quello di redazione del relativo verbale, ma dal suo computo vanno esclusi i tempi tecnici di accertamento dell’identità del soggetto che, in caso di stranieri, sono particolarmente complessi e sono esplicitamente previsti dall’art. 6, comma quarto, T.U. delle leggi sull’immigrazione).

Ed infatti già nell’immediatezza dei fatti, ossia intorno alle 10.20 del 30 settembre 2023, è stata presentata la querela, con la conseguenza che non è l’orario formale indicato dagli operanti come quello dell’arresto ad assumere rilievo, ma il precedente momento nel quale era stato condotto presso la caserma dei carabinieri. Anche a voler considerare tale momento, l’udienza di convalida (delle ore 12.16 del 2 ottobre 2023) si colloca al di fuori delle 48 ore.

Risulta pertanto formalistico l’approccio del ricorrente alla lettura della pronuncia citata dal Tribunale (Rv. 274070 – 01), dal momento che -come risulta dagli atti- il R., che indossava le felpe sottratte, spontaneamente consegnò agli agenti la tenaglia adoperata per eliminare i dispositivi anti-taccheggio; non si vede, quindi, come “gli ulteriori accertamenti volti ad addivenire a una chiara ricostruzione dei fatti” e, in particolare, volti a verificare la sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 625, primo comma, n. 2, cod. pen., possano aver comportato un particolare allungamento dei tempi.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso del Pubblico ministero.

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