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Cosa si deve intendere per “fatto nuovo non enunciato nel decreto che dispone il giudizio” secondo l’art. 518, cod. proc. pen.?

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Cass. pen., sez. V, 06/02/2024 (ud. 06/02/2024, dep. 16/05/2024), n. 19606 (Pres. Sabeone, Rel. Catena)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava cosa deve intendersi per “fatto nuovo non enunciato nel decreto che dispone il giudizio”, di cui all’art. 518, cod. proc. pen. che, come è noto, prevede quanto segue: “1. Fuori dei casi previsti dall’articolo 517, il pubblico ministero procede nelle forme ordinarie se nel corso del dibattimento risulta a carico dell’imputato un fatto nuovo non enunciato nel decreto che dispone il giudizio e per il quale si debba procedere di ufficio. 2. Tuttavia il presidente, qualora il pubblico ministero ne faccia richiesta, può autorizzare la contestazione nella medesima udienza, se vi è consenso dell’imputato presente e non ne deriva pregiudizio per la speditezza dei procedimenti”.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte di Appello di Milano, in riforma di una sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale della medesima città – con cui gli imputati erano stati condannati a pena di giustizia per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione – rideterminava la pena nei confronti di costoro.

Ciò posto, avverso questa decisione il difensore degli accusati ricorreva per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costui deduceva inosservanza di norme processuali sancite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità, decadenza, in riferimento agli artt. 521 e 522, comma 1, cod. proc.. pen., ai sensi dell’art. 606, lett. b) cod. proc. pen., in quanto, a suo avviso, la riqualificazione della condotta, da bancarotta fraudolenta per distrazione di tre autoveicoli, a bancarotta semplice per operazioni imprudenti in relazione alla cessione della società, violava il diritto di difesa, posto che tale ultima condotta non era mai stata contestata agli imputati, modificandosi in tal guisa radicalmente il fatto oggetto dell’imputazione.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il motivo suesposto infondato.

In particolare, tra le argomentazioni che avevano indotto gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, vi era quell’orientamento nomofilattico secondo il quale “fatto nuovo non enunciato nel decreto che dispone il giudizio”, di cui all’art. 518, cod. proc. pen., concerne un accadimento del tutto difforme ed autonomo, per le modalità essenziali dell’azione o per l’evento, rispetto a quello originariamente contestato, con il quale si verifica una incompatibilità sostanziale, che comporta una sostanziale immutazione del fatto, il che implica anche la compromissione dell’esercizio del diritto di difesa.

Viceversa, ciò non accade in tutti i casi in cui la condotta inizialmente contestata resta identificabile in quella ritenuta in sentenza, che della prima ha mantenuto i connotati distintivi fondamentali come, ad esempio, accade quando fra le due condotte vi è un rapporto di continenza, ovvero tutte le volte in cui vi è corrispondenza tra l’individuazione degli elementi tipici della fattispecie contestata e l’accertamento contenuto nella sentenza di condanna, a nulla rilevando eventuali difformità quantitative e qualitative degli elementi di definizione della condotta, dell’evento e del nesso causale, in considerazione della relatività delle tecniche descrittive utilizzate nella redazione della imputazione, come verificatosi nel caso in esame.

I risvolti applicativi

Il concetto di “fatto nuovo non enunciato nel decreto che dispone il giudizio”, come definito dall’art. 518 del codice di procedura penale, si riferisce a un evento radicalmente diverso e autonomo rispetto a quello originariamente contestato, con modalità d’azione o conseguenze sostanzialmente diverse, che comporta una sostanziale modifica del fatto in grado di compromettere l’esercizio del diritto di difesa.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 5 Num. 19606 Anno 2024

Presidente: SABEONE GERARDO

Relatore: CATENA ROSSELLA

Data Udienza: 06/02/2024

Data Deposito: 16/05/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da

B. C. a, nata a … il …,

S. F. M., nato in … il …,

avverso la sentenza della Corte di Assise di Appello di Milano emessa in data 21/09/2023;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa Rossella Catena;

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Antonio Balsamo, che ha chiesto la rettifica della sentenza impugnata relativamente all’omessa indicazione nel dispositivo del beneficio della non menzione della pena ed il rigetto del ricorso nel resto;

udito il difensore di fiducia dei ricorrenti, avv.to L. S., che insiste nell’accoglimento dei ricorsi, associandosi, in subordine, alla richiesta del P.G. quanto alla correzione dell’errore circa il beneficio della non menzione della pena.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Milano, in riforma della sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Milano in data 13/10/2022 – con cui C. B. e F. M. S. erano stati condannati a pena di giustizia per il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione, la B. quale amministratore unico e lo S. quale amministratore di fatto della D. s.r.f., dichiarata fallita in data 15/11/2018 – qualificata la condotta ai sensi dell’art. 217 legge fallimentare, rideterminava la pena nei confronti degli imputati.

2. C. B. e F. M. S. ricorrono, in data 06/11/2023, a mezzo del difensore di fiducia avv.to L. S., deducendo tre motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.:

2.1 inosservanza di norme processuali sancite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità, decadenza, in riferimento agli artt. 521 e 522, comma 1, cod. proc.. pen., ai sensi dell’art. 606, lett. b) cod. proc. pen., in quanto la riqualificazione della condotta, da bancarotta fraudolenta per distrazione di tre autoveicoli, a bancarotta semplice per operazioni imprudenti in relazione alla cessione della società, viola il diritto di difesa, posto che tale ultima condotta non è mai stata contestata agli imputati, modificando radicalmente il fatto oggetto dell’imputazione;

2.2 violazione di legge, in riferimento all’art. 217, comma 1, n. 2, legge fallimentare, vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e) cod. proc. pen., essendo la condotta ascritta gli imputati del tutto estranea al perimetro individuato dalla giurisprudenza di legittimità in tema di bancarotta semplice da operazioni imprudenti, in quanto le considerazioni espresse dalla sentenza confliggono con la produzione documentale depositata all’udienza del 21/04/2022, da cui si evince come i soggetti interpellati avessero mostrato grande affidabilità nell’operazione ed avendo, al contempo, manifestato un atteggiamento doloso omettendo di rivelare le loro reali intenzioni;

2.3 vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. e) cod. proc. pen., alla luce della totale assenza di motivazione quanto alle pene inflitte agli imputati, per i quali la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena non risulta riportata in dispositivo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi di C. B. e di F. M. S. sono entrambi infondati e vanno, pertanto, rigettati, ad eccezione della rettifica della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 619 cod. proc. pen., quanto al beneficio di cui all’art. 175 cod. pen.

In relazione al primo motivo di ricorso, va rilevato che certamente nel capo di imputazione non vi è traccia della contestazione agli imputati della condotta di cessione delle quote societarie ad Y. V. K., soggetto del tutto sconosciuto agli imputati, attraverso l’intermediazione alla C. e I.  s.r.I.,società reperita su un sito Internet; tale condotta, tuttavia, è stata analizzata nella motivazione della sentenza di primo grado e qualificata come bancarotta distrattiva, ad integrazione delle condotte di distrazione dei veicoli indicati nel capo di imputazione.

La Corte di merito, a sua volta, ha riqualificato tale condotta, complessivamente considerata, quale bancarotta semplice, ai sensi dell’art. 217, comma 1, n. 2, legge fallimentare, peraltro in accoglimento dei motivi di appello, incentrati su tale riqualificazione.

Inoltre, anche a prescindere dal fatto che con i motivi di appello non era stata sollevata alcuna violazione degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen., va sottolineato come entrambi gli imputati avevano avuto modo di esercitare tutte le loro prerogative difensive anche in riferimento al segmento di condotta non contestata con il capo di imputazione, posto che essa era emersa nel corso dell’istruttoria dibattimentale di primo grado ed era stata posta a fondamento dei motivi di appello e, quindi, era stata oggetto del dibattimento di secondo grado, peraltro conclusosi con l’accoglimento del gravame sul punto.

In ogni caso, come chiarito da numerosi arresti di questa Corte, la mancata correlazione tra fatto contestato e sentenza discende da una immutazione tale da determinare un vero e proprio stravolgimento dell’imputazione originaria; il che si verifica allorquando il fatto ritenuto in sentenza si trovi, rispetto a quello contestato, in rapporto di ontologica eterogeneità o incompatibilità, nel senso che viene a realizzarsi una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell’addebito nei confronti dell’imputato che, posto di fronte ad un fatto del tutto nuovo, non ha alcuna possibilità di effettiva difesa.

Non … caso, come da tempo chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, opera la distinzione tra “fatto diverso”, individuato dall’art. 516 cod. proc. pen., in relazione al quale le emergenze dibattimentali rendono necessaria una puntualizzazione della ricostruzione degli elementi essenziali del reato o dei suoi riferimenti spazio-temporali, e “fatto nuovo non enunciato nel decreto che dispone il giudizio”, di cui al successivo art. 518, cod. proc. pen., che concerne un accadimento del tutto difforme ed autonomo, per le modalità essenziali dell’azione o per l’evento, rispetto a quello originariamente contestato, con il quale si verifica una incompatibilità sostanziale.

Tale seconda situazione, quindi, determinando una sostanziale immutazione del fatto, implica anche la compromissione dell’esercizio del diritto di difesa; viceversa, ciò non accade in tutti i casi in cui la condotta inizialmente contestata resta identificabile in quella ritenuta in sentenza, che della prima ha mantenuto i connotati distintivi fondamentali, come ad esempio accade quando fra le due condotte vi è un rapporto di continenza, ovvero tutte le volte in cui vi è corrispondenza tra l’individuazione degli elementi tipici della fattispecie contestata e l’accertamento contenuto nella sentenza di condanna, a nulla rilevando eventuali difformità quantitative e qualitative degli elementi di definizione della condotta, dell’evento e del nesso causale, in considerazione della relatività delle tecniche descrittive utilizzate nella redazione della imputazione, come verificatosi nel caso in esame.

Pertanto, l’indagine volta ad accertare la eventuale sussistenza della denunciata violazione non può esaurirsi in un’analisi comparativa, meramente letterale, tra imputazione e sentenza, dal momento che il contrasto non è ravvisabile se l’imputato, attraverso l’iter del processo, come nel caso di specie, sia comunque venuto in concreto a trovarsi in condizione di difendersi in ordine all’oggetto della contestazione (Sez. 3, n. 7146 del 04/02/2021, omissis, Rv. 281477; Sez. 2, n. 12328 del 24/10/2018, dep. 20/03/2019, omissis, Rv. 276955; Sez. 6, n. 81 del 06/11/2008, dep. 07/01/2009, omissis, Rv. 242368; Sez. 3, n. 35225 del 28/06/2007, omissis, Rv. 237517; Sez. 3, n. 818 del 06/12/2005, dep. 12/01/2006, omissis, Rv. 233257; Sez. 2, n. 46242 del 23/11/2005, omissis, Rv. 232774; Sez. 5, n. 7583 del 06/05/1999, omissis, Rv. 213645; Sez. 3, n. 11861 del 13/07/1999, omissis, Rv. 215551Sez. 1, n. 9958 del 27/10/1997, omissis, Rv. 208935).

Il secondo motivo di ricorso lambisce l’inammissibilità, in quanto tende, in sostanza, ad una rivalutazione della ricostruzione del fatto processuale, attraverso la sottoposizione a questa Corte della documentazione depositata all’udienza del 21/04/2022, la cui decisività non è stata neanche individuata dalla difesa; ciò senza contare che la Corte di merito ha ampiamente motivato in ordine alla documentazione prodotta dalla difesa, a pag. 7 della sentenza impugnata.

Quanto al terzo motivo, evidentemente la Corte di merito ha fornito una chiara motivazione circa le ragioni per poter concedere ad entrambi gli imputati il beneficio della non menzione della condanna, ai sensi dell’art. 175 cod. pen., rilevando come gli stessi non fossero mai stati condannati in precedenza.

Trattasi, all’evidenza, di uno dei casi in cui la motivazione della sentenza prevale sul dispositivo (da ultimo: Sez. 3, n. 2351 del 18/11/2022, dep. 20/01/2023, omissis, Rv. 284057) e, pertanto, si impone la rettifica del dispositivo della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 619 cod. proc. pen., nel senso che ad entrambi gli imputati va concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena, posto che tale statuizione non richiede alcun accertamento di merito, alla luce delle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata (in tal senso: Sez. 6, n. 48846 del 17/11/2022, F., Rv. 284331).

P.Q.M.

Letto l’art. 619 cod. proc. pen., rettifica il dispositivo della sentenza impugnata, concedendo ad entrambi gli imputati del beneficio della non menzione della condanna, ai sensi dell’art. 175 cod. pen. Rigetta nel resto i ricorsi.

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