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Contenuto del provvedimento di sequestro preventivo per confisca: quale motivazione è richiesta?

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Cass. pen., sez. II, 09/05/2024 (ud. 09/05/2024, dep. 23/05/2024), n. 20516 (Pres. Pellegrino, Rel. Alma)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava cosa deve contenere il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen.[1], finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen.[2].

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Tribunale di Avellino, in funzione di giudice del riesame, confermava un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari della medesima città.

Ciò posto, avverso questa decisione la difesa ricorreva per Cassazione, deducendo i seguenti motivi: 1) violazione di legge in relazione all’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. per omessa declaratoria di nullità del decreto di sequestro preventivo (violando gli artt. 309, comma 9, e 324, comma 7 cod. proc. pen.) affetto da radicale mancanza di motivazione (artt. 125, comma 3, 321 comma 1, cod. proc. pen.) nella parte relativa al fumus e al periculum in mora necessari a disporre la misura reale nei confronti del ricorrente; 2) violazione di legge in relazione all’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. per apparenza della motivazione circa i presupposti del sequestro preventivo operato nei confronti del ricorrente in violazione degli artt. 125, comma 3, 127, comma 7, 321 comma 2, 324, comma 6, cod. proc. pen..

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il ricorso suesposto fondato alla stregua di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora e, segnatamente, indicare le ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio (Cass. pen., Sez. un., 24 giugno 2021 (dep. 11 ottobre 2021), n. 36959).

L’onere di motivazione può, quindi, ritenersi assolto solo allorché il provvedimento si soffermi sulle ragioni per cui, nelle more del giudizio, il bene potrebbe essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato posto che, secondo questo arresto giurisprudenziale, «è il parametro della “esigenza anticipatoria” della confisca a dovere fungere da criterio generale cui rapportare il contenuto motivazionale del provvedimento, con la conseguenza che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice sarà tenuto a spiegare, in termini che, naturalmente, potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di elementi di plausibile indicazione del periculum, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio».

Orbene, per gli Ermellini, la linea argomentativa, adottata dal Tribunale del riesame nel caso di specie, violava il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite in quanto superava l’automatismo che esonerava dal motivare sul periculum in mora in ragione dell’obbligatorietà della confisca del profitto del reato con uno nuovo, fondato sull’ubiquitaria sussistenza di un rischio di dispersione patrimoniale, indipendentemente dalle condizioni patrimoniali e dalle condotte del soggetto attinto dal vincolo reale.

I risvolti applicativi

Il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 codice penale, come stabilito dall’articolo 321, comma 2, del codice di procedura penale, deve includere una breve motivazione, incluso il pericolo di ritardo, e specificare le ragioni che giustificano l’anticipazione della confisca prima della conclusione del procedimento.

[1]Ai sensi del quale: “Il giudice può altresì disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca”.

[2]Secondo cui: “Nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose, che ne sono il prodotto o il profitto. E’ sempre ordinata la confisca:

1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato; 1bis) dei beni e degli strumenti informatici o telematici che risultino essere stati in tutto o in parte utilizzati per la commissione dei reati di cui agli articoli 615-ter, 615-quater, 615-quinquies, 617-bis,617-ter, 617-quater, 617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 635-quinquies, 640-ter e 640-quinquies nonché dei beni che ne costituiscono il profitto o il prodotto ovvero di somme di denaro, beni o altre utilità di cui il colpevole ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto, se non è possibile eseguire la confisca del profitto o del prodotto diretti; 2) delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna. Le disposizioni della prima parte e dei numeri 1 e 1-bis del capoverso precedente non si applicano se la cosa o il bene o lo strumento informatico o telematico appartiene a persona estranea al reato. La disposizione del numero 1-bis del capoverso precedente si applica anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale. La disposizione del n. 2 non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato e la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione o l’alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa”.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 2 Num. 20516 Anno 2024

Presidente: PELLEGRINO ANDREA

Relatore: ALMA MARCO MARIA

Data Udienza: 09/05/2024

Data Deposito: 23/05/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

S. M., nato a … il giorno …

rappresentato ed assistito dall’avv. R. T. e dall’avv. A. S. –

entrambi di fiducia

avverso l’ordinanza n. 6/24 in data 08/02/2024 del Tribunale di Avellino in funzione di giudice del riesame;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

preso atto che con atto in data 5/4/2024 è stata richiesta dalla difesa del ricorrente la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecíes del d.l. 31 ottobre 2022, n. 1.62, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del dl. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112;

udita la relazione svolta dal consigliere Marco Maria Alma;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Lidia Giorgio, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;

udito il difensore del ricorrente, Avv. R. T. (anche in sostituzione del codifensore), che ha concluso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 8 febbraio 2024, a seguito di giudizio di riesame, il Tribunale di Avellino in funzione di giudice del riesame ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari della medesima città in data 11 gennaio 2024 nei confronti di M. S. (oltre che nei confronti di S. S. e di P. S.).

In estrema sintesi, la vicenda in esame, per la parte che in questa sede interessa, trova origine dal fatto che A. S. (padre dell’odierno ricorrente) presentava all’Agenzia delle Entrate in data 8 novembre 2021 due domande dichiarando di avere compiuto lavori sopra un immobile, sito in S., per complessivi 250.000 euro rientranti nel “Bonus Ristrutturazione” per 90.000 euro – per i quali spetta il credito di imposta del 50% deducibile nei dieci anni successivi – e nel “Bonus Facciate” per 160.000 euro — per i quali spetta il credito di imposta del 90% egualmente deducibile nei dici anni successivi.

Ad A.S. era riconosciuto un credito di imposta di 189.000 euro che lo stesso cedeva a Poste Italiane S.p.a. il giorno 8 novembre 2021.

Sempre A. S. acquistava in data 27 dicembre 2021 da tale A. G. crediti per complessivi 3.600.000 euro a loro volta rientranti nei cosiddetti “Bonus Facciate”, “Ecobonus” e “Bonus Ristrutturazioni”. Detta situazione generava crediti di imposta per 3.815.000 euro che A. S. cedeva in blocco in data 7 gennaio 2022 al figlio E. S..

E. S., a sua volta, in data 20 novembre 2021 1 presentava all’Agenzia delle Entrate tre domande dichiarando di avere eseguito su altro immobile sito in S. lavori rientranti nel predetto bonus agevolabili per complessivi 271.000 euro.

Le indagini della Guardia di Finanza portavano però ad accertare che l’immobile sul quale A. S. -ha dichiarato di avere effettuato gli interventi apparteneva a tale R. P., che si trattava di una unità immobiliare di recente costruzione e che nella stessa il predetto non era mai stato né residente, né conduttore.

Anche per quanto riguarda l’immobile sul quale R. S. ha dichiarato di avere eseguito i lavori in regime agevolato, è emerso che lo stesso era stato semplicemente oggetto di ordinaria manutenzione terminata vari anni prima.

Emergeva, inoltre, che nessuno degli interessati aveva avviato pratiche edilizie relative ai predetti immobili, che non erano pervenute ai competenti uffici dichiarazioni di efficientamento energetico e che nessuna fattura elettronica era stata emessa nei periodi di interesse a favore dei predetti a cura delle imprese che avrebbero eseguito i lavori.

L’indagine veniva quindi estesa ai conti bancari degli interessati e, per quel che interessa in questa sede, emergeva che A. S. aveva aperto un conto corrente postale nel quale era stata esclusivamente accreditata la somma provento della cessione del credito a Poste Italiane di cui si è detto.

Tra le varie operazioni di uscita del denaro dal predetto conto emergeva l’emissione in data 8 marzo 2022 di un vaglia postale dell’importo di 5.000 euro a favore del figlio M. S., odierno ricorrente.

A. S. e R. S. venivano quindi indagati per l’ipotizzato reato di cui all’art. 640-bis cod. pen.

Inoltre, essendo le somme ottenute attraverso la monetizzazione dei predetti crediti provento del reato di cui all’art. 640-bis cod. pen., dato il loro successivo trasferimento su conti correnti di società od a favore di terze persone mediante plurime operazioni ragionevolmente finalizzate ad ostacolare gli accertamenti sulla loro provenienza, veniva contestato ad A. S. anche il reato di autoriciclaggio ex art. 648-ter.1 cod. pen.

A carico dei destinatari di tali versamenti – tra i quali l’odierno ricorrente M. S. – veniva ipotizzato il reato di riciclaggio ex art. 648-bis cod. pen. A giustificazione del provvedimento di sequestro a carico di terzi, i Giudici della cautela osservavano che risultava plausibile allo stato delle indagini che i figli

di A. S. avessero verosimilmente conoscenza dell’origine delittuosa del denaro – al pari delle reali condizioni dell’immobile per il quale il genitore aveva ottenuto indebitamente le agevolazioni statali – e ciò anche tenuto conto dei tempi delle operazioni in relazione alle quali gli stessi non hanno fornito alcuna spiegazione alternativa.

Quanto al periculum in mora, il Tribunale affermava che il mantenimento in sequestro delle somme sequestrate a carico dei figli di A. S. era necessario per scongiurare il pericolo, attuale e concreto, che dette somme possano essere ulteriormente trasferite od utilizzate, così determinando la definitiva dispersione del profitto delle attività delittuose descritte.

2. Ricorrono per cassazione avverso la predetta ordinanza i difensori dell’indagato chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata e deducendo:

2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. per omessa declaratoria di nullità del decreto di sequestro preventivo (violando gli artt. 309, comma 9, e 324, comma 7 cod. proc. pen.) affetto da radicale mancanza di motivazione (artt. 125, comma 3, 321 comma 1, cod. proc. pen.) nella parte relativa al fumus e al periculum in mora necessari a disporre la

misura reale nei confronti del ricorrente.

Dopo un ampio excursus sull’evoluzione giurisprudenziale relativo agli obblighi di motivazione in materia di sequestro, rileva parte ricorrente che nel decreto impugnato risulta mancante una motivazione sul fumus dell’ipotizzato delitto di riciclaggio in capo a M. S. e ciò sia sotto il profilo oggettivo che sotto quello soggettivo.

Altrettanto difetterebbe qualsivoglia motivazione sul periculum legato alla impossibilità di non riuscire a recuperare in futuro il denaro sequestrato all’odierno ricorrente.

A ciò sia aggiunge l’osservazione che per il delitto di riciclaggio la confisca del profitto non è commisurabile al valore del bene ricevuto ma al vantaggio economico che, rispetto a quel bene, ne trae l’autore della condotta.

2.2. Violazione di legge in relazione all’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. per apparenza della motivazione circa i presupposti del sequestro preventivo operato nei confronti del ricorrente in violazione degli artt. 125, comma 3, 127, comma 7, 321 comma 2, 324, comma 6, cod. proc. pen.

Rileva parte ricorrente che l’ordinanza impugnata sarebbe del tutto priva di una reale motivazione ai fini della corretta applicazione della misura ablativa, il tutto unito all’assenza del potere del Tribunale di supplire alla radicale mancanza di motivazione del decreto di sequestro.

Quanto al fumus delicti riguardante l’ipotizzato reato di riciclaggio, la motivazione dei giudici della cautela non darebbe alcun conto di quali sarebbero i comportamenti del ricorrente sussumibili nella previsione penalistica, non potendosi considerare che la ricezione di una somma di denaro possa costituire una delle condotte alternative previste dall’art. 648-bis cod. pen. in assenza di elementi indiziari dai quali desumere comportamenti diretti a disperdere o rendere irriconoscibile la fonte illecita.

Lo scrivere, come ha fatto il Tribunale nell’ordinanza impugnata, che il ricorrente era “verosimilmente a conoscenza” della circostanza che il denaro accreditato dal padre fosse proprio quello derivante dall’indebita percezione del credito statale appare, secondo parte ricorrente, frutto di una mera illazione sfornita di supporto probatorio.

Analogamente il Tribunale avrebbe postulato senza dimostrazione l’esistenza di un periculum di dispersione del profitto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. Occorre innanzitutto rilevare che nel caso in esame ci si trova in presenza di un sequestro preventivo di una somma di denaro non più nella diretta disponibilità del principale indagato A. S. ma già in quella del di lui figlio M., odierno ricorrente.

Sebbene A. S. sia indagato anche per il reato di autoriciclaggio (art. 648-ter.1, cod. pen.) la somma colpita dalla misura cautelare reale al momento del sequestro era già stata consegnata ad altro soggetto a sua volta indagato per il diverso reato di cui all’art. 648-bis cod. pen., con la conseguenza che era necessario che i giudici della cautela motivassero sia in relazione al fumus delicti che in relazione al pericum in mora nei confronti dell’odierno ricorrente divenuto soggetto diretto destinatario del provvedimento cautelare.

3. Sulla base delle premesse che precedono, deve evidenziarsi che nell’ordinanza di applicazione di misura cautelare (nei confronti di altri indagati) n. … in data 11 gennaio 2024 del G.i.p. presso il Tribunale di Avellino e nel contestuale decreto di sequestro preventivo (integrato nel medesimo documento), gli unici richiami relativi alla posizione dell’indagato M. S. risultano dal testo del capo G della rubrica delle imputazioni e nel punto (pag. 13) ove si menziona la circostanza che M. S. risulta beneficiario di un vaglia postale di euro 5.000.

Neppure nell’intestazione della predetta ordinanza/decreto è indicato il nominativo dell’odierno ricorrente e nel dispositivo del provvedimento è dato solo leggere “Dispone … il sequestro preventivo ex art. 321, comma 2, cod. proc. pen., in relazione agli artt. 640-quater c.p., 648-quater c.p., 322-ter c.p. (capi B, D, F e G), della somma di euro 300.885,58 da eseguirsi pro quota in via indiretta o per equivalente nei confronti degli indagati”.

Si è poi già detto che nella successiva ordinanza del Tribunale del riesame, in relazione al fumus commissi delicti del reato di riciclaggio a carico di M. S. non risulta indicato alcun elemento se non il fatto che il ricorrente è figlio di A. S. e che lo stesso era “verosimilmente” a conoscenza della reale

situazione dell’immobile asseritamente oggetto degli interventi edilizi finalizzati ingenerare l’insorgenza del credito di verso lo Stato.

E’ ben vero che il ricorrente non risulta aver fornito alcuna indicazione alternativa delle ragioni di ricezione della predetta somma, tuttavia la mera ricezione della stessa (oltretutto di importo non particolarmente elevato) dal proprio padre non può, in assenza di altri elementi, ritenersi elemento indiziario della consapevolezza della sua provenienza illecita.

Essendo il ricorrente destinatario di un vaglia postale era, infatti, quantomeno necessario che nei provvedimenti dei giudici del merito fossero indicati elementi in forza dei quali dedurre che l’odierno ricorrente poteva essere a conoscenza del fatto che la somma portata dal documento era stata prelevata

dal conto postale sul quale erano stati versati dal padre i proventi del reato di cui all’art. 640-bis cod. pen. Ciò ancor più laddove nessuna indicazione è data trarre nella parte motiva dei provvedimenti dei giudici della cautela relativa ad un coinvolgimento diretto od indiretto dell’odierno ricorrente nelle attività delittuose che hanno portato all’emissione di misura cautelare personale nei confronti del padre.

4. I provvedimenti dei giudici della cautela reale sono altresì totalmente privi di motivazione circa il periculum della dispersione della somma di denaro rinvenuta in possesso di M. S..

Il G.i.p. nulla ha, infatti, scritto sul punto ed il Tribunale, integrando il provvedimento cautelare originario, ha motivato solo apparentemente la sussistenza del periculum, in quanto ha posto a fondamento dello stesso un rischio di dispersione del patrimonio dei ricorrenti che ha affermato in termini meramente apodittici e prospettato come meramente eventuale, se non congetturale.

Fermo restando che questa Corte ha già avuto modo di chiarire che “In tema di impugnazioni cautelari reali, non è consentito al tribunale del riesame integrare la motivazione del decreto di sequestro preventivo a fini di confisca in punto di “periculum in mora”, nel caso in cui essa sia del tutto mancante, in quanto tale carenza è causa di radicale nullità del provvedimento ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 309, comma 9, e 324, comma 7, cod. proc. (Sez. 3, n. 3038 del 14/11/2023, dep. 2024, Rv. 285747), è un dato oggettivo che nessun elemento quantomeno indiziario è, infatti, rinvenibile nella motivazione dei provvedimenti de quibus, tale da portare a ritenere che, per le condizioni economiche dell’interessato o per altri fattori, sussiste) la possibilità che il denaro oggetto di sequestro possa essere a sua volta oggetto di ulteriori attività dispositive tali da vanificarne la possibilità di futuro reperimento. Né si può sostenere che solo per il fatto che si tratta di denaro, lo stesso possa essere agevolmente occultato o disperso.

5. Le Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza E. hanno affermato che il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora e, segnatamente, indicare le ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio.

L’onere di motivazione può, quindi, ritenersi assolto solo allorché il provvedimento si soffermi sulle ragioni per cui, nelle more del giudizio, il bene potrebbe essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato.

Secondo le Sezioni unite di questa Corte, infatti, «è il parametro della “esigenza anticipatoria” della confisca a dovere fungere da criterio generale cui rapportare il contenuto motivazionale del provvedimento, con la conseguenza che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice sarà tenuto a spiegare, in termini che, naturalmente, potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di elementi di plausibile indicazione del periculum, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio».

La linea argomentativa adottata dal Tribunale del riesame, viola il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite, in quanto supera l’automatismo che esonerava dal motivare sul periculum in mora in ragione dell’obbligatorietà della confisca del profitto del reato, con uno nuovo, fondato sull’ubiquitaria sussistenza di un rischio di dispersione patrimoniale, indipendentemente dalle condizioni patrimoniali e dalle condotte del soggetto attinto dal vincolo reale.

Il periculum in mora necessario per disporre il sequestro preventivo finalizzato alla confisca deve, invece, pur sempre essere concreto ed attuale, e non già meramente congetturale, e deve essere specificamente argomentato in relazione a ciascun soggetto attinto dalla misura cautelare reale.

Il Tribunale non si è, dunque, conformato al principio di diritto enunciato dalla Sezioni Unite nella sentenza E. e non ha motivato sulla eventuale verifica circa la sussistenza o meno di indici (soggettivi o oggettivi) che inducano a ritenere comprovato il rischio che, nel tempo necessario per pervenire all’accertamento di merito, la futura esecuzione della confisca possa essere vanificata da atti di dispersione del patrimonio.

6. Da ultimo, deve ricordarsi che «Il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice» Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, omissis, Rv. 269656; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, dep. 2017, omissis, Rv. 269296).

Nella situazione descritta di violazione di legge rientrano certamente i provvedimenti adottati sia dal Tribunale nell’ordinanza che ci occupa in questa sede, sia il provvedimento del G.i.p. presso il Tribunale di Avellino.

7. Per le considerazioni or ora esposte, sia l’ordinanza in data 8 febbraio 2024 del Tribunale di Avellino in funzione di giudice del riesame, sia il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari della medesima città in data 11 gennaio 2024 nei confronti di M. S. devono

essere annullati senza rinvio.

Deve altresì disporsi la restituzione della somma di euro 5.000,00 a favore di S. M..

Copia del dispositivo della presente sentenza deve essere, infine, immediatamente comunicata al Procuratore Generale in sede per i provvedimenti occorrenti.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nei confronti di S. M. nonché il decreto di sequestro in data 11.1.2024 e dispone la restituzione della somma di euro 5.000,00 a favore di S. M..

Visto l’art. 626 cod. proc. pen. dispone l’immediata comunicazione del dispositivo al Procuratore Generale in sede per i provvedimenti occorrenti.

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