Cerca
Close this search box.

Competenza decisionale sull’opposizione alla formazione dello stato passivo deliberata dal g.i.p.: a chi spetta?

Facebook
LinkedIn

Cass. pen., sez. I, 20/02/2024 (ud. 20/02/2024, dep. 30/05/2024), n. 21606 (Pres. Rocchi, Rel. Centofanti)

Indice

La questione giuridica

La principale questione giuridica, affrontata dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava a chi spetta decidere sull’opposizione alla formazione dello stato passivo deliberata dal g.i.p..

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Nell’ambito di un procedimento penale a carico dei soci di una s.r.l., imputati del delitto di cui all’art. 452-quaterdecies cod. pen., il G.i.p. del Tribunale di Roma disponeva, con appositi decreti, il sequestro preventivo del compendio aziendale e delle quote sociali, nominando contestualmente un amministratore giudiziario a norma dell’art. 104-bis, comma 1, disp. att. cod. proc. pen..

Ciò posto, avverso questa decisione il difensore di fiducia della società già opponente ricorreva per Cassazione, eccependo, con un unico motivo, l’incompetenza funzionale del Tribunale di Tivoli a trattare e definire il giudizio di opposizione, sul presupposto che, dovendo trovare applicazione per quanto di ragione il citato art. 59, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011, al «tribunale che ha applicato la misura di prevenzione», che la norma individua quale giudice dell’impugnazione dello stato passivo formato dal giudice delegato alla procedura, debba subentrare, in caso di confisca penale, il Tribunale ordinario di cui faccia parte il giudice (monocratico) autore del corrispondente sequestro.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il ricorso suesposto infondato.

In particolare, gli Ermellini – dopo avere osservato che, con giurisprudenza uniforme (tra le molte, Sez. 5, n. 411 del 22/11/2019, dep. 2020), si è affermato che la disciplina sulla formazione dello stato passivo, e sul relativo eventuale giudizio di opposizione, stabilita a proposito delle misure di prevenzione patrimoniali dal d.lgs. n. 159 del 2011, vada applicata in sede penale in tutte le ipotesi in cui le vigenti disposizioni, tra cui l’art. 104-bis, comma 1-bis, disp. att. cod. proc. pen., rimandano alla regolamentazione contenuta nella fonte speciale per quanto concerne l’amministrazione e gestione dei beni in sequestro e la tutela dei terzi una volta intervenuto il provvedimento di confisca, e che il comma 6 dell’art. 59 d.lgs. n. 159, citato, intesta la competenza a conoscere dell’opposizione del creditore, non ammesso al passivo dal giudice delegato, al Tribunale che ha applicato la misura di prevenzione, fermo restando che tale competenza ha natura funzionale, derivando da una particolare attribuzione legislativa, regolatrice dei procedimenti inerenti la tutelabilità delle pretese creditorie incise da statuizioni ablatorie – evidenziavano come tale schema dovesse essere necessariamente adattato ove l’opposizione si innesti nel procedimento penale ordinario, dovendo il giudice dell’impugnazione essere qui individuato, tra gli organi che vi esercitano le loro attribuzioni, in quello avente caratteristiche maggiormente corrispondenti al modello di riferimento.

Premesso ciò, i giudici di piazza Cavour rilevavano altresì che, nelle prime decisioni di legittimità intervenute sull’argomento, si è ritenuta, anche per implicito, la competenza dello stesso ufficio del g.i.p. cui era riconducibile la formazione dello stato passivo (Sez. 1, n. 4691 del 28/01/2020), mentre successivamente è stata valorizzata l’esigenza di preservare la terzietà del giudice investito dell’impugnazione, con necessaria attribuzione del relativo procedimento ad organo giudiziario diverso e sovraordinato rispetto a quello che avesse deliberato la contestata esclusione del credito.

Nel dettaglio, secondo Sez. 2, n. 7879 del 30/01/2020, seguita da Sez. 2, n. 7064 del 12/01/2021, la competenza sull’opposizione proposta dal creditore escluso andrebbe così attribuita al Tribunale incaricato del riesame dei provvedimenti cautelari, cui è istituzionalmente devoluta la rivalutazione dei medesimi e dei relativi effetti.

Precisato ciò, ferma l’esigenza di cui sopra, si notava comunque come la giurisprudenza di legittimità si sia in seguito ulteriormente evoluta, giungendo a statuire che la competenza a decidere sull’opposizione avverso la formazione dello stato passivo deliberata dal g.i.p. spetti al giudice che, nel medesimo procedimento, ha disposto la confisca, e non già al Tribunale del riesame (Sez. 1, n. 8765 del 06/12/2021; Sez. 1, n. 19106 del 22/04/2021).

Orbene, per i giudici di legittimità ordinaria, tale conclusione meritava di essere ribadita, essendo condivisibili le argomentazioni che la sorreggono e giustificano, visto che non può omettersi di rimarcare nuovamente al riguardo che, in sede di regolamentazione legislativa del procedimento di formazione dello stato passivo, l’art. 59 d.lgs. n. 159 del 2011 ripartisce le competenze tra giudice delegato e tribunale che ha applicato la misura di prevenzione secondo una logica, volta a garantire la miglior tutela del diritto del creditore escluso di ottenere una rivalutazione autonoma delle sue ragioni, affidandola al giudice che abbia già conosciuto della confisca, e dunque delle sue condizioni di applicabilità, in fatto e in diritto.

Ebbene, seguendo tale prospettiva, la competenza del Tribunale del riesame non realizza la condizione, atteso che trattasi di un organo che, se da un lato esplica funzioni ordinarie di controllo sui provvedimenti emessi in sede cautelare penale (anche rispetto ad organi giudiziari diversi dal g.i.p., e con riferimento alla posizione dei terzi: Sez. U, n. 48126 del 20/07/2017), dall’altro non è investito di alcuna attribuzione in tema di confisca.

Tale rilevo, in effetti, per la Corte, appariva essere dirimente in quanto, dal momento che il procedimento di verifica dei crediti non ha natura cautelare e risponde a diverse finalità, la posizione soggettiva azionata nel procedimento di ammissione del credito è suscettibile di essere incisa in via definitiva dalla decisione di confisca che, nel realizzare l’acquisto a titolo originario del bene che ne è oggetto in capo allo Stato, estingue le ragioni e í diritti del terzo, che deve essere allora messo in grado di far valere eventuali ragioni di sua prevalenza dinanzi ad un organo esercitante una giurisdizione piena e riguardante la materia, sia esso individuabile nel g.u.p., ovvero nel Tribunale, monocratico o collegiale, che ha celebrato il giudizio (a seconda delle opzioni sul rito esercitate dall’imputato).

Pertanto, dato che, nel caso di specie, il giudizio dibattimentale si era svolto e concluso dinanzi al Tribunale di Tivoli (mentre, per il meccanismo di concentrazione delle indagini nella sede distrettuale, previsto per i reati di cui all’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., il sequestro era stato disposto del G.i.p. del Tribunale di Roma, che aveva anche formato lo stato passivo), era lo stesso Tribunale di Tivoli il giudice funzionalmente competente a definire il giudizio di opposizione.

Il ricorso proposto, di conseguenza, era rigettato e il ricorrente veniva condannato al pagamento delle spese processuali.

I risvolti applicativi

La competenza sull’opposizione alla formazione dello stato passivo deliberata dal g.i.p. spetta al giudice che ha disposto la confisca, e non invece al Tribunale del riesame.

Leggi anche

Contenuti Correlati