Cerca
Close this search box.

Come si valuta l’interesse ad impugnare?

Facebook
LinkedIn

Cass. pen., sez. I, 21/11/2023 (ud. 21/11/2023, dep. 14/03/2024), n. 10908 (Pres. Boni, Rel. Magi)

(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 568, co. 4)

Indice

La questione giuridica

Fermo restando che, come è noto, l’art. 568, co. 4, c.p.p. dispone che per “proporre impugnazione è necessario avervi interesse”, tra le questioni giuridiche, affrontate dalla Cassazione nella decisione qui in commento, una di queste riguardava come può ritenersi sussistente siffatto interesse.

Ma, prima di vedere come la Suprema Corte ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata adottata la pronuncia in esame.

La Corte di Appello di Brescia, in parziale riforma di una decisione emessa dal Tribunale di Mantova – che aveva dichiarato l’imputati colpevole dei furti a lui ascritti, previa riqualificazione di uno degli episodi contestatigli da danneggiamento aggravato in tentato furto aggravato – aveva dichiarato non doversi procedere in relazione ad un delitto di furto, per difetto della condizione di procedibilità, in mancanza della querela della persona offesa (stante il regime di procedibilità a querela introdotto dal D.lvo n. 150/2022 per le fattispecie contestate) mentre, per quanto concerne un ulteriore capo di imputazione, per il quale pure mancava la querela della persona offesa, la Corte territoriale aveva ritenuto di riqualificare, secondo la originaria prospettazione, il fatto, sussunto, quindi, nuovamente nella fattispecie del danneggiamento aggravato ai sensi dell’art. 635 comma 2 cod. pen., ritenuto procedibile di ufficio, rideterminando la complessiva pena.

Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’accusato.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

Il ricorso proposto era dichiarato inammissibile per difetto di interesse.

In particolare, gli Ermellini addivenivano a siffatta decisione, ritenendosi che, rispetto alla tesi difensiva prospettata con il ricorso, non vi fosse un interesse concreto all’impugnazione in capo al ricorrente, non potendo egli conseguire alcuna utilità concreta, neppure sotto lo specifico profilo, attinto dal ricorso, della procedibilità, alla luce del contenuto descrittivo della contestazione elevata nell’imputazione, tenuto conto di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale il presupposto di ogni impugnazione è l’interesse richiesto dall’art. 568 comma quarto, cod. proc. pen., che sussiste solo se il gravame sia idoneo a determinare, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l’impugnante rispetto a quella esistente (Sez. U, n. 42 del 13/12/1995) dal momento che la valutazione dell’interesse ad impugnare, sussistente allorché il gravame sia in concreto idoneo a determinare, con l’eliminazione del provvedimento impugnato, una situazione pratica più favorevole per l’impugnante, va operata con riferimento alla prospettazione rappresentata nel mezzo di impugnazione e non alla effettiva fondatezza della pretesa azionata (Sez. U, n.28911 del28/03/2019 Ud. (dep. 03/07/2019)).

I risvolti applicativi

L’interesse ad impugnare si valuta considerando se la rimozione della decisione contestata porterebbe a una situazione più favorevole per chi presenta il ricorso, piuttosto che basarsi sulla validità intrinseca della richiesta in sé e per sé considerata.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 5 Num. 10868 Anno 2024

Presidente: PEZZULLO ROSA

Relatore: BELMONTE MARIA TERESA

Data Udienza: 02/02/2024

Data Deposito: 14/03/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

B. S. nato a … il …

avverso la sentenza del 07/04/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere MARIA TERESA BELMONTE;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PAOLA MASTROBERARDINO

che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Mantova – che aveva dichiarato S. B. colpevole dei furti a lui ascritti, previa riqualificazione dell’episodio rubricato sub 4) quale danneggiamento aggravato in tentato furto aggravato – ha dichiarato non doversi procedere in relazione al furto sub 3), per difetto della condizione di procedibilità, in mancanza della querela della persona offesa (stante il regime di procedibilità a querela introdotto dal D. I.vo n. 150/2022 per le fattispecie contestate); con riguardo, invece, al reato di cui al capo 4), per il quale pure manca la querela della persona offesa, la Corte di appello ha ritenuto di riqualificare, secondo la originaria prospettazione, il fatto, sussunto, quindi, nuovamente nella fattispecie del danneggiamento aggravato ai sensi dell’art. 635 comma 2 cod. pen., ritenuto procedibile di ufficio, e ha rideterminato la complessiva pena per i reati di cui ai capi 1),2),4).

2. Il ricorso per cassazione, per il tramite del difensore di fiducia, avvocato G. M., è affidato a due connessi motivi, con i quali sono denunciati violazione del divieto di reformatio in pejus, di cui all’art. 597 comma 3 cod. proc. pen., e correlati vizi della motivazione della sentenza impugnata. Lamenta il difensore che la Corte di appello, sul gravame del solo imputato, peraltro, formulato per motivi relativi al solo trattamento sanzionatorio, non avrebbe potuto – stante il divieto di cui al citato art. 597 comma 3 – pervenire a una diversa qualificazione giuridica del fatto, allorquando per effetto di tale operazione ermeneutica venga a essere ritenuto configurabile un delitto procedibile di ufficio, escluso dal primo giudice, in luogo di uno punibile a querela, citando sez. 5 n. 42577/2016. D’altro canto, la riqualificazione del fatto è stata giustificata con motivazione apodittica oltre che illogica.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse. Il ricorrente risulta, infatti, privo di interesse alla decisione, dal momento che, quale che sia la qualificazione giuridica del fatto sub 4) – quale danneggiamento aggravato o come furto aggravato – ricorre la procedibilità officiosa, pur dopo la riforma introdotta con D. Igs. n. 150/2022.

Invero, con riguardo alla vicenda in questione (capo 4) il fatto è stato contestato (e ritenuto) come aggravato ai sensi dell’art. 625 n. 7 cod. pen., per essere stato “commesso su edificio a uso pubblico o destinato all’uso pubblico”, circostanza la cui presenza comporta, tuttora, la procedibilità di ufficio del furto, ai pari del danneggiamento (ritenuto dalla Corte di appello).

L’art. 624 comma terzo cod. pen. prevede che il delitto è punibile a querela della persona offesa. Si procede, tuttavia, d’ufficio, se la persona offesa è incapace, per età o per infermità, ovvero se ricorre taluna delle circostanze di cui all’articolo 625, numeri 7, salvo che il fatto sia commesso su cose esposte alla pubblica fede, e 7 -bis.” In sintesi, tutti i furti anche aggravati e pluriaggravati divengono procedibili a querela tranne:

• il caso di persona offesa incapace, per età o per infermità (procedibile di ufficio sempre anche nel caso di furto semplice);

• fatto commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza;

• fatto commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all’erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica.

Con riguardo al danneggiamento, all’articolo 635, dopo il quarto comma, la riforma “Cartabia” ha aggiunto il seguente: «Nei casi previsti dal primo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso in occasione del delitto previsto dall’articolo 331 ovvero se la persona offesa è incapace, per età o per infermità.» La procedibilità resta, cioè, officiosa laddove, come nel caso di specie, il fatto sia aggravato ai sensi del n. 1 del comma 2, ovvero quando il delitto sia stato commesso sulle altre delle cose indicate nel numero 7) dell’articolo 625.

Questo comporta che, quale che sia l’esatta qualificazione giuridica data al fatto, di furto o di danneggiamento, la procedibilità si configura come officiosa, con la conseguenza che, rispetto alla tesi difensiva prospettata con il ricorso, deve prendersi atto dell’assenza di interesse concreto all’impugnazione in capo al ricorrente, non potendo egli conseguire alcuna utilità concreta, neppure sotto lo specifico profilo, attinto dal ricorso, della procedibilità, che è e rimane officiosa in ogni caso, alla luce del contenuto descrittivo della contestazione elevata nell’imputazione.

E’ bene ricordare che il presupposto di ogni impugnazione è l’interesse richiesto dall’art. 568 comma quarto, cod. proc. pen., che sussiste solo se il gravame sia idoneo a determinare, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l’impugnante rispetto a quella esistente (Sez. U, n. 42 del 13/12/1995, omissis, Rv. 203093). Come chiarito dalle sezioni Unite ‘M.’, la valutazione dell’interesse ad impugnare, sussistente allorché il gravame sia in concreto idoneo a determinare, con l’eliminazione del provvedimento impugnato, una situazione pratica più favorevole per l’impugnante, va operata con riferimento alla prospettazione rappresentata nel mezzo di impugnazione e non alla effettiva fondatezza della pretesa azionata (Sez.U, n.28911 del28/03/2019 Ud. (dep. 03/07/2019), omissis) Rv. 27595302).

2. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge (art. 616 cod. proc. pen.) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in euro tremila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Leggi anche

Contenuti Correlati