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Come il giudice deve valutare il dolo o la colpa grave dell’imputato nella riparazione per ingiusta detenzione

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Cass. pen., sez. III, 16/02/2024 (ud. 16/02/2024, dep. 04/04/2024), n. 13665 (Pres. Liberati, Rel. Pazienza)

(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 314, co. 1)

Indice

La questione giuridica

Fermo restando che, come è noto, l’art. 314, co. 1, primo periodo, cod. proc. pen. dispone che chi “è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un’equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave”, una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava come il giudice deve valutare siffatto dolo e codesta colpa.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte di Appello di Firenze rigettava una domanda di riparazione per ingiusta detenzione formulata da in relazione ad un titolo cautelare sofferto per i reati di cui agli art. 270-bis cod. pen. e 110, 1, 20 I. n. 895 del 1967 e 1 I. n. 15 del 1980, dai quali l’imputato era stata assolta, con sentenza ex 425 cod. proc. pen. quanto al reato associativo, e con sentenze conformi di merito quanto agli altri reati, essendo stato dichiarato inammissibile il ricorso del P.G. fiorentino avverso la conferma dell’assoluzione in appello.

Ciò posto, a sua volta, tale provvedimento veniva annullato con rinvio, dalla Quarta Sezione dalla Suprema Corte, per vizio di motivazione.

Giudicando in sede di rinvio, la Corte fiorentina nuovamente rigettava la domanda di riparazione.

Ciò posto, avverso questa decisione, il richiedente ricorreva per Cassazione.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il ricorso suesposto fondato.

In particolare, gli Ermellini, dopo avere fatto presente che la Quarta Sezione aveva annullato la precedente ordinanza, reiettiva della domanda di riparazione, sia per una indebita valorizzazione del silenzio serbato da quest’ultima, sia per la violazione del consolidato principio secondo cui «in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice della riparazione, per decidere se l’imputato vi abbia dato causa per dolo o colpa grave, deve valutare il comportamento dell’interessato alla luce del quadro indiziario su cui si è fondato il titolo cautelare, e sempre che gli elementi indiziari non siano stati dichiarati assolutamente inutilizzabili ovvero siano stati esclusi o neutralizzati nella loro valenza nel giudizio di assoluzione» (Sez. 4, n. 41396 del 15/09/2016), stimavano non condivisibili le argomentazioni addotte dalla Corte territoriale che le avevano indotto al rigetto della domanda di riparazione in questione.

Pertanto, l’ordinanza impugnata era annullata con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Firenze.

I risvolti applicativi

Il giudice nella riparazione per ingiusta detenzione deve valutare se l’imputato abbia agito con dolo o colpa grave, considerando il comportamento dell’imputato alla luce del quadro indiziario su cui si è basato il titolo cautelare, purché gli elementi indiziari non siano stati dichiarati del tutto inutilizzabili e non siano stati esclusi o neutralizzati nella loro importanza durante il processo di assoluzione.

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