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Quando la mancanza di motivazione costituisce violazione di legge?

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Cass. pen., sez. I, 22/02/2024 (ud. 22/02/2024, dep. 18/04/2024), n. 16366 (Pres. Rago, Rel. Cersosimo)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava quando il difetto di motivazione può integrare gli estremi della violazione di legge.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia disponeva il sequestro preventivo della somma di denaro pari ad euro 62.995 nei confronti di talune persone indagate in relazione al reato di cui all’art. 648-bis cod. pen..

Ciò posto, avverso questo provvedimento la difesa proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione degli artt. 253 cod. proc. pen. e 648-bis cod. pen., nonché carenza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti del reato di riciclaggio.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte, nel ritenere il ricorso suesposto inammissibile, tra le questioni giuridiche affrontate in tale sentenza, rilevava che il difetto di motivazione può integrare gli estremi della violazione di legge solo quando l’apparato argomentativo che dovrebbe giustificare il provvedimento manchi del tutto, sia fondato su affermazioni che non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto o risulti privo dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di ragionevolezza, in guisa da apparire assolutamente inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dall’organo investito del procedimento (Sez. U. n. 5876 del 13/02/2004; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017; da ultimo Sez. 2, n. 11320 del 13/12/2022).

I risvolti applicativi

Il difetto di motivazione può costituire violazione di legge solo se il ragionamento, che dovrebbe giustificare il provvedimento, manca completamente, ovvero si basi su affermazioni non pertinenti al caso specifico, o perché sia privo dei requisiti di coerenza, completezza e ragionevolezza, risultando quindi inadeguato a spiegare in modo comprensibile il percorso logico seguito dall’organo decisionale.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 2 Num. 16366 Anno 2024

Presidente: RAGO GEPPINO

Relatore: CERSOSIMO EMANUELE

Data Udienza: 22/02/2024

Data Deposito: 18/04/2024

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

1) L. M. nato a … il …

2) L. A. nato a … il …

avverso l’ordinanza del 12 dicembre 2023 del Tribunale di Brescia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e la memoria depositata dai difensori del ricorrente;

udita la relazione svolta dal Consigliere Emanuele Cersosimo;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pietro Molino, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. In data 21 novembre 2023 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia ha disposto il sequestro preventivo della somma di denaro pari ad euro 62.995 nei confronti di M. L. e A. L., indagati in relazione al reato di cui all’art. 648-bis cod. pen.

2. M. L. e A. L., a mezzo del loro difensore, propongono ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 12 dicembre 2023 con la quale il Tribunale di Brescia ha rigettato il riesame avverso detto decreto di sequestro preventivo.

3. I ricorrenti, con l’unico motivo di impugnazione, lamentano la violazione degli artt. 253 cod. proc. pen. e 648-bis cod. pen. nonché carenza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti del reato di riciclaggio.

3.1. Gli elementi posti a fondamento delle decisioni dei giudici di merito non fornirebbero elementi indiziari sufficienti a dimostrare la provenienza delittuosadel denaro sottoposto a sequestro.

Il Tribunale avrebbe omesso il necessario vaglio in ordine alla sussistenza del reato presupposto del contestato riciclaggio, limitandosi ad affermare, con motivazione generica ed apodittica, come “il reato presupposto possa essere ricondotto in termini di illeciti di tipo fiscale” (pag. 3 del ricorso) senza indicare la norma incriminatrice astrattamente configurabile.

La difesa ha sostenuto, inoltre, che il denaro rinvenuto all’interno dello zaino sarebbe di esclusiva pertinenza di A. L., provento della sua attività imprenditoriale nel settore della ristorazione.

È stata inoltre eccepita l’insussistenza di elementi attestanti un collegamento tra la somma in sequestro e gli ipotizzati reati fiscali, anche in considerazione del fatto che gli ulteriori beni rinvenuti presso l’abitazione di M. L. non sarebbero riconducibili al figlio A., risiedendo quest’ultimo in altra abitazione.

3.2. I giudici del riesame avrebbero erroneamente valutato la documentazione prodotta da A. L., documentazione, secondo la ricostruzione difensiva, idonea a dimostrare la compatibilità tra la somma sequestrata e le attività commerciali svolte dal ricorrente (vendita al dettaglio e somministrazione di alimenti) cui conseguirebbe l’incasso di notevoli somme in contante.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono inammissibili per le ragioni che seguono.

1. Tutte le doglianze con le quali i ricorrenti lamentano vizi di legge e carenze di motivazione in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti non sono deducibili in sede di legittimità.

Appare necessario, preliminarmente, ricordare che avverso le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge, per censurare, cioè, errores in iudicando o errores in procedendo commessi dal giudice di merito, la cui decisione risulti di conseguenza radicalmente viziata.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il difetto di motivazione può integrare gli estremi della violazione di legge solo quando l’apparato argomentativo che dovrebbe giustificare il provvedimento manchi del tutto, sia fondato su affermazioni che non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto o risulti privo dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di ragionevolezza, in guisa da apparire assolutamente inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dall’organo investito del procedimento (vedi Sez. U. n. 5876 del 13/02/2004, omissis, Rv, 226710- 01; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, omissis, Rv. 269656; da ultimo Sez. 2, n. 11320 del 13/12/2022, omissis, non massimata).

Le doglianze nel loro complesso, al di là della cornice nella quale sono inserite, si risolvono in censure rivolte contro la motivazione, peraltro con incursioni non consentite, nell’analisi del merito, si tratta dunque di motivi di certo non compatibili con il limite della violazione di legge previsto dall’art. 325 cod. proc. pen.; ciò posto, occorre prendere atto che i ricorrenti, pur lamentando formalmente violazione di legge e mancanza/apparenza di motivazione,

contestano in realtà la concreta ricostruzione della vicenda resa dal Tribunale e ciò a fronte di un iter argomentativo, coerente con le emergenze investigative e scevro da vizi logici.

2. Il riferimento alla violazione di legge ed alla apparenza della motivazione è chiaramente strumentale ad una rivalutazione della vicenda nel merito, avendo il Tribunale adeguatamente motivato sulle ragioni in base alle quali ritiene infondate le censure difensive proposte nell’atto di riesame e fondato la propria decisione sugli elementi indiziari desumibili dall’informative di p.g. trasmesse dal Pubblico Ministero attestanti il coinvolgimento dei ricorrenti nella commissione del reato di riciclaggio e la provenienza delittuosa di quanto sottoposto a sequestro.

2.1. Il Tribunale, con percorso argomentativo coerente con le risultanze investigative ed esente da contraddittorietà e manifesta illogicità, ha ritenuto che le ingenti somme di denaro rinvenute nella disponibilità degli indagati siano provento di reati in materia di evasione fiscale in considerazione della sussistenza di una serie di elementi indiziari attestanti il coinvolgimento di entrambi i ricorrenti

in un consolidato contesto di criminalità economica ed in mancanza di elementi idonei a dimostrare la lecita provenienza delle somme di denaro oggetto di ablazione ovvero l’esclusiva riferibilità ad uno solo degli indagati (vedi pagg. 3 e 4 dell’ordinanza impugnata).

In particolare, l’evidente sproporzione tra le somme sequestrate ed i redditi dichiarati dai ricorrenti; il pregresso coinvolgimento di M. L. “in un più ampio sistema di evasione fiscale realizzata in ambito associativo” culminato con il sequestro -in altro procedimento- di 57.000 euro; il contestuale sequestro di una macchina conta soldi, di documentazione contabile e di timbri relativi a società non direttamente riconducibili agli indagati nonché di verbali di sequestro preventivo di somme di denaro a carico di terzi sono stati ritenuti, con motivazione articolata ed esaustiva, elementi logico-fattuali idonei a dimostrare la provenienza delittuosa delle somme sottoposte a sequestro dalla Guardia di Finanza di Bergamo, anche in considerazione della mancata prospettazione da parte dei L. di una valida giustificazione della provenienza del denaro e degli altri beni sottoposti a sequestro.

La complessiva ricostruzione dei giudici del riesame, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.

2.2. Diversamente da quanto affermato dalla difesa, il Tribunale ha correttamente valutato la documentazione prodotta dalla difesa, ritenendola inidonea a dimostrare la legittima provenienza del denaro sequestrato alla luce degli esigui redditi dichiarati negli anni precedenti, dell’esposizione debitoria dei ricorrenti nei confronti dell’Erario e di terzi, delle plurime uscite di denaro dalle casse sociali per spese societarie nonché della mancanza di prelievi di denaro contante (vedi pagg. 6 e 7 dell’ordinanza impugnata).

2.3. Il provvedimento impugnato non appare, in conclusione, affetto da violazione di legge, neanche sub specie carenza assoluta di motivazione nei termini sopra precisati; la motivazione del provvedimento impugnato risulta scevra da vizi logici manifesti e non è riconducibile né all’area semantica della motivazione “assente” né a quella della motivazione “apparente”.

Peraltro, le censure difensive, oltre ad essere dedotte per motivi non consentiti per i motivi ora esposti, sono prive di specificità in quanto i ricorrenti si sono limitati a riproporre la ricostruzione in fatto alternativa rispetto a quella recepita nel provvedimento genetico, senza confrontarsi adeguatamente con le coerenti argomentazioni sulle quali si fonda la decisione dei giudici del riesame.

3. All’inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativa mente fissata.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

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