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Autorità competente per richiesta di procedimento secondo l’art. 260 c.p.m.p.

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Cass. pen., sez. I, 23/02/2022 (ud. 23/02/2022, dep. 08/06/2022), n. 22203 (Pres. Zaza, Rel. Renoldi)

(Riferimento normativo: Cod. pen. mil. pace, art. 260, co. 2)

Indice

La questione giuridica

Fermo restando che, come è noto, l’art. 260, co. 2, c.p.m.p. stabilisce che i “reati, per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione militare non superiore nel massimo a sei mesi, e quello preveduto dal numero 2 dell’articolo 171 sono puniti a richiesta del comandante del corpo o di altro ente superiore, da cui dipende il militare colpevole, o, se più sono i colpevoli e appartengono a corpi diversi o a forze armate diverse, dal comandante del corpo dal quale dipende il militare più elevato in grado, o, a parità di grado, il superiore in comando o il più anziano”, nella decisione qui in esame, la Cassazione ha affrontato la questione giuridica inerente l’individuazione di questo comandante.

Difatti, nel procedimento, in occasione del quale è stata emessa la pronuncia in oggetto, a fronte del fatto che la Corte militare di Appello di Roma aveva confermato una sentenza del Tribunale militare di Roma con la quale l’imputato era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di 3 mesi di reclusione militare, avverso tale provvedimento il suo difensore proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, deduceva inosservanza o erronea applicazione degli art. 129 cod. proc. pen. e 260 cod. pen. mil . pace, perché l’azione penale non poteva essere esercitata per difetto della condizione di procedibilità, sostenendosi che tale azione era stata esercitata da un soggetto non legittimato ad esperirla.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Cassazione, nel ritenere la doglianza suesposta infondata, risolveva siffatta questione giuridica, facendo prima di tutto presente che la facoltà di richiesta di procedimento di cui all’art. 260 cod. pen. mil . pace, spetta esclusivamente al comandante del corpo di appartenenza organica, anche quando il militare sia temporaneamente aggregato presso altro corpo (Sez. 1, n. 12127 del 28/10/1985) per poi, subito dopo, evidenziare che, secondo quanto stabilito dall’art. 726, d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90 (recante il «Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246»), il comandante del corpo è il soggetto che, sul piano organizzativo-ordinamentale, è direttamente responsabile della disciplina, dell’organizzazione, dell’impiego, dell’addestramento del personale nonché della conservazione dei materiali e della gestione amministrativa e del compito di curare il benessere morale e materiale dei militari, di imprimere vivacità, puntualità e ordine alla vita di caserma, di disciplinare i servizi interni ed esterni, oltre ad avere ha funzioni di polizia giudiziaria militare per i reati soggetti alla relativa giurisdizione e, tra questi, per l’appunto, il potere discrezionale circa la richiesta di procedimento penale davanti al giudice militare o il perseguimento della via disciplinare per i reati militari punibili con un massimo di 6 mesi di reclusione.

Orbene, da ciò se ne faceva conseguire che, ai fini della individuazione di tale figura, deve aversi riguardo al soggetto che è concretamente investito della potestà organizzativa e disciplinare sull’articolazione militare de qua e non certo il soggetto che è posto al vertice dell’ente di provenienza dell’agente; di tal che il militare impegnato in missione internazionale, pur mantenendo il rapporto di appartenenza organica con l’ente di provenienza, cui sarà eventualmente riassegnato alla conclusione della missione, diventa funzionalmente dipendente dell’ente presso il quale presta effettivamente servizio, venendo sottoposto alla relativa competenza disciplinare, apparendo indispensabile che i delicatissimi compiti assegnati al comandante di corpo siano attribuiti al militare posto al vertice dell’ente ove presta servizio il sottoposto, dovendo il fatto di rilievo penale o disciplinare essere valutato da un organo inserito pienamente nel contesto militare dove l’illecito può essersi consumato.

I risvolti applicativi

Il comandante del corpo, deputato ad inoltrare la richiesta di procedimento a norma dell’art.260, co. 2, c.p.m.p., è il soggetto che è concretamente investito della potestà organizzativa e disciplinare sull’articolazione militare impiegata, come nel caso di specie, in una missione internazionale, e non già l’ente da cui proviene la persona nei cui confronti si formula codesta richiesta.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 1 Num. 22203 Anno 2022

Presidente: ZAZA CARLO

Relatore: RENOLDI CARLO

Data Udienza: 23/02/2022

Data Deposito: 08/06/2022

SENTENZA

sul ricorso proposto da

D. A. G., nato a … il …,

avverso la sentenza della Corte militare di appello di Roma in data 10/11/2020;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Carlo Renoldi;

letta la requisitoria scritta presentata ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale militare, Francesco Ufilugelli, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 10/11/2020, la Corte militare di appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale militare di Roma in data 12/6/2019 con la quale G. D. A. era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di 3 mesi di reclusione militare in quanto riconosciuto colpevole di ingiuria aggravata per avere, nella sua qualità di ufficiale medico in servizio, in data 10/6/2017, presso il R. della T. F. A. di … (…), offeso il prestigio e la dignità del maresciallo I. V., bloccandola e obbligandola a ricevere un bacio, con l’aggravante di essere militare rivestito di un grado e di aver commesso il fatto in territorio estero.

2. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione lo stesso D. A. per mezzo del difensore di fiducia, avv. L. S., deducendo due distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli art. 129 cod. proc. pen. e 260 cod. pen. mil . pace, perché l’azione penale non poteva essere esercitata per difetto della condizione di procedibilità. La richiesta di procedimento, formulata ex art. 260 cod. pen. mil . pace, costituente condizione di procedibilità del delitto di cui all’art. 226 cod. pen. mil . pace, sarebbe stata esercitata dal colonnello S. C., quale comandante della T. F. A. e ufficiale di polizia giudiziaria militare in Herat (Afghanistan). Tuttavia, all’epoca dei fatti, D. A., pur comandato in missione presso l’ospedale da campo “…” in …, sarebbe stato organicamente inserito nel Policlinico militare di Roma, sicché l’esercizio di quella facoltà avrebbe dovuto competere al comandante dell’Ospedale militare “Celio” ovvero, in via subordinata, al comandante di o al comandante della …. Infatti, l’ordinamento militare prevedrebbe l’istituto del distaccamento o della temporanea aggregazione di un militare presso altra struttura, in forza del quale non si realizzerebbe un nuovo rapporto di appartenenza organica, posto che il militare continuerebbe a essere inquadrato presso l’ente di provenienza, cui tornerebbe al termine del periodo prefissato, sicché la facoltà di richiesta di procedimento di cui all’art. 260 cod. pen. mil . pace spetterebbe al solo «comandante del corpo» di appartenenza organica, anche quando il militare sia temporaneamente aggregato presso altro corpo.

Sotto altro profilo, in via subordinata, si evidenzia che secondo la catena di comando e di controllo della missione «dipendono dal Comandante … l’assetto sanitario da campo “…” nonché le unità».

Inoltre, nel erano presenti due assetti nazionali: la ….e il …, dal quale dipendeva il «Comando sanitario di Contingente  comprendente gli assetti sanitari presenti presso il …: un pronto soccorso e infermeria (… 2 – Plotone Sanità), nucleo disinfettori ecc.». Per tale ragione, la facoltà di richiesta di procedimento avrebbe dovuto essere esercitata dal comandante di o, in subordine, dal comandante del e non dal comandante della …, colonnello S. C..

2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 47 cod. pen. e 226 cod. pen. mil . pace, nonché la mancanza della motivazione. La sentenza impugnata, pur sollecitata sul punto, avrebbe omesso di considerare l’errore sul fatto in cui sarebbe incorso l’imputato, il quale, male interpretando i rapporti con la persona offesa, avrebbe avuto piena consapevolezza di quanto la sua condotta fosse inopportuna e non gradita soltanto dopo averla realizzata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.

2. Muovendo dall’analisi del primo motivo di censura, giova ricordare, preliminarmente, che l’art. 260 cod. pen. mil . pace, rubricato «richiesta di procedimento», stabilisce, al secondo comma, che i reati per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione militare non superiore nel massimo a sei mesi, tra i quali rientra anche quello previsto dall’art. 226 cod. pen. mil . pace, sono puniti a richiesta del «comandante del corpo» o di altro ente superiore, da cui dipende il militare colpevole, o, se più sono i colpevoli e appartengono a corpi diversi o a forze armate diverse, dal «comandante del corpo» dal quale dipende il militare più elevato in grado, o ancora, a parità di grado, il superiore in comando o il più anziano. Una scelta, questa, che risponde a criteri di certezza e razionalità, affinché sia sempre identificabile il soggetto titolare del potere di scelta e apparendo giustificato che sia rimessa al comandante del corpo la valutazione dell’opportunità o meno di perseguire condotte di limitato disvalore, contemplate nei reati individuati dal citato art. 260 (Sez. 1, n. 22699 del 14/4/2004, omissis,

Rv. 228506 – 01; Sez. 1, n. 12127 del 28/10/1985, omissis, Rv. 171370 – 01; sostanzialmente in termini Sez. 1, n. 12567 del 3/3/2015, omissis, Rv. 263182 -01).

2.1. Nel caso di specie, ciò che è contestato dalla difesa riguarda la individuazione del «comandante di corpo», il quale, secondo la tesi sviluppata nel ricorso, avrebbe dovuto essere individuato nel direttore del Policlinico militare “Celio” di Roma, quale comandante del reparto di provenienza dell’ufficiale. Ciò alla luce del principio secondo cui la facoltà di richiesta di procedimento di cui all’art. 260 cod. pen. mil . pace, spetta esclusivamente al comandante del corpo di appartenenza organica, anche quando il militare sia temporaneamente aggregato presso altro corpo (Sez. 1, n. 12127 del 28/10/1985, omissis, Rv. 171370 -01).

In realtà, secondo quanto stabilito dall’art. 726, d.P.R. 15 marzo 2010, n. 90 (recante il «Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246»), il comandante del corpo è il soggetto che, sul piano organizzativo-ordinamentale, è direttamente responsabile della disciplina, dell’organizzazione, dell’impiego, dell’addestramento del personale nonché della conservazione dei materiali e della gestione amministrativa e del compito di curare il benessere morale e materiale dei militari, di imprimere vivacità, puntualità e ordine alla vita di caserma, di disciplinare i servizi interni ed esterni. Inoltre, egli ha funzioni di polizia giudiziaria militare per i reati soggetti alla relativa giurisdizione e, appunto, ha il potere discrezionale circa la richiesta di procedimento penale davanti al giudice militare o il perseguimento della via disciplinare per i reati militari punibili con un massimo di 6 mesi di reclusione.

Ne consegue che ai fini della individuazione di tale figura deve aversi riguardo al soggetto che è concretamente investito della potestà organizzativa e disciplinare sull’articolazione militare de qua e non certo il soggetto che è posto al vertice dell’ente di provenienza dell’agente; di tal che il militare impegnato in missione internazionale, pur mantenendo il rapporto di appartenenza organica con l’ente di provenienza, cui sarà eventualmente riassegnato alla conclusione della missione, diventa funzionalmente dipendente dell’ente presso il quale presta effettivamente servizio, venendo sottoposto alla relativa competenza disciplinare. E ciò in quanto appare indispensabile che i delicatissimi compiti assegnati al comandante di corpo siano attribuiti al militare posto al vertice dell’ente ove presta servizio il sottoposto, dovendo il fatto di rilievo penale o disciplinare essere valutato da un organo inserito pienamente nel contesto militare dove l’illecito può essersi consumato,

tanto più quando, come nel caso di specie, l’episodio sia accaduto in un teatro operativo come …, a migliaia di chilometri di distanza dalla sede di servizio dell’imputato, sì da rendere impensabile un intervento dell’ente di originaria assegnazione, totalmente estraneo allo specifico contesto operativo.

Per tale ragione, con l’assunzione di D. A. in forza ad un altro ente militare rispetto a quello di provenienza, individuato nel …, a sua volta dipendente della , le funzioni di «comandante di corpo» dovevano essere effettivamente attribuite, ai fini che qui rilevano, al comandante della e non al direttore del Policlinico militare “Celio” di Roma.

2.2. Quanto, poi, alla tesi difensiva espressa in via subordinata, la sentenza impugnata ha evidenziato come nella nota riservata del 25/10/2018 a firma del Comandante del Comando operativo del Vertice interforze fosse indicato, esplicitamente, quale «comandante di corpo» del capitano D. A., il colonnello C., quale comandante della …, secondo la linea di dipendenza gerarchica in vigore dal gennaio 2017 nel …. Una ricostruzione, attestata in documenti ufficiali, che il ricorso non è riuscito a disarticolare attraverso pregnanti argomenti giuridici, essendosi lo stesso limitato a ribadire la tesi già espressa in sede di appello, senza ulteriori, convincenti, considerazioni giuridiche.

3. Manifestamente infondato è, poi, il secondo motivo di censura.

La sentenza impugnata, invero, ha puntualmente evidenziato gli elementi di fatto indicativi di un atteggiamento insistentemente molesto già in precedenza assunto dall’imputato all’indirizzo del militare subordinato, il quale aveva reiteratamente mostrato di non gradire le profferte da parte del superiore, secondo quanto reso manifesto dai numerosi messaggi scambiati tra i due con i rispettivi apparecchi cellulari e puntualmente riportati in motivazione.

Le doglianze prospettate, sul punto, nell’odierno ricorso sono di natura eminentemente fattuale e si sostanziano in una non consentita rivalutazione del materiale probatorio posto a fondamento della pronuncia di condanna, il quale, come detto, appare di chiaro e incontestabile significato.

4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

PER QUESTI MOTIVI

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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