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Ricorso per Cassazione contro provvedimenti del magistrato di sorveglianza su modifiche della detenzione domiciliare: è possibile farlo?

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Cass. pen., sez. I, 17/05/2024 (ud. 17/05/2024, dep. 13/06/2024), n. 23730 (Pres. Rocchi, Rel. Aprile)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontata dalla Suprema Corte nel caso di specie (in via pregiudiziale), riguardava se, avverso i provvedimenti adottati dal magistrato di sorveglianza a seguito di richieste di modifica delle modalità di esecuzione della detenzione domiciliare, è esperibile il ricorso per Cassazione.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Magistrato di sorveglianza di Lecce, preso atto della segnalazione delle forze dell’ordine, modificava in senso più restrittivo le prescrizioni di una misura della detenzione domiciliare ex art. 47-ter legge 26 luglio 1975, n. 354 (ord. pen.) imposte con ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Lecce, prima, e del Magistrato di sorveglianza della medesima città, poi.

Ciò posto, contro questa decisione la difesa ricorreva per Cassazione, deducendo la violazione di legge e il vizio della motivazione.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità, nel ritenere il ricorso suesposto fondato, riteneva in via preliminare come lo stesso fosse ammissibile alla luce di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, «avverso i provvedimenti adottati dal magistrato di sorveglianza a seguito di richieste di modifica delle modalità di esecuzione della detenzione domiciliare (art. 47-ter, comma 2, ord. pen.), è esperibile il ricorso in cassazione per violazione di legge, trattandosi di provvedimenti che incidono sulla libertà personale» (Sez. 1, n. 52134 del 07/11/2019).

Difatti, per i giudici di piazza Cavour, siffatto orientamento giurisprudenziale doveva essere ribadito, essendo necessario riconoscere tutela giurisdizionale al diritto alla libertà personale della persona condannata che si assume leso e fortemente limitato dal provvedimento del Magistrato di sorveglianza che incrementa le prescrizioni imposte.

In mancanza di altro rimedio di impugnazione, è quindi assicurata la tutela dell’art. 111 Cost..

I risvolti applicativi

È possibile ricorrere per Cassazione contro i provvedimenti del magistrato di sorveglianza che modificano le modalità di esecuzione della detenzione domiciliare (art. 47-ter, comma 2, ord. pen.), poiché tali decisioni influenzano la libertà personale e, proprio in quanti tali, possono essere impugnate per violazione di legge.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 1 Num. 23730 Anno 2024

Presidente: ROCCHI GIACOMO

Relatore: APRILE STEFANO

Data Udienza: 17/05/2024

Data Deposito: 13/06/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

M. T. nato il …

avverso l’ordinanza del 31/01/2024 del MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA di LECCE

udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO APRILE;

lette le conclusioni del PG Francesca CERONI che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

dato avviso al difensore;

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, il Magistrato di sorveglianza di Lecce, preso atto della segnalazione delle forze dell’ordine in data 29 gennaio 2024, ha modificato in senso più restrittivo le prescrizioni della misura della detenzione domiciliare ex art. 47-ter legge 26 luglio 1975, n. 354 (ord. pen.) imposte a T. M. con ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Lecce del 13 settembre 2022 e del Magistrato di sorveglianza di Lecce del 24 settembre 2023.

2. Ricorre T. M., a mezzo del difensore avv. A. C., che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato, denunciando la violazione di legge e il vizio della motivazione.

Il ricorrente non ha violato le prescrizioni cui era sottoposto in quanto era stato specificamente autorizzato ad allontanarsi dal domicilio per ragioni di cura.

Nell’occasione del 24 gennaio 2024, il ricorrente aveva comunicato alle forze di polizia, incaricate della vigilanza, la partenza e il ritorno per Palermo ove si era recato ragioni sanitarie.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non è fondato.

1.1. Il Magistrato di sorveglianza di Lecce, ricevuta la segnalazione della presenza di T. M. nella città di Palermo, rilevava che lo stesso era sottoposto alla detenzione domiciliare in M. d. L., provincia di Lecce, e che si era allontanato senza la prescritta autorizzazione e senza dare avviso alle forze di polizia, sicché, onde garantire un più agevole e capillare controllo del detenuto, limitava le già concesse autorizzazioni all’allontanamento dal domicilio per le proprie indispensabili esigenze personali e precisava che l’allontanamento dal domicilio per ragioni di cura era limitato al territorio provinciale.

2. Va anzitutto premesso che il provvedimento emesso dal Magistrato di sorveglianza a norma dell’art. 47-ter, comma 4, ord. pen., con il quale sono modificate le prescrizioni della misura della detenzione domiciliare applicata dal Tribunale di sorveglianza, è impugnabile per mezzo del ricorso per cassazione.

La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, chiarito che «avverso i provvedimenti adottati dal magistrato di sorveglianza a seguito di richieste di modifica delle modalità di esecuzione della detenzione domiciliare (art. 47-ter, comma 2, ord. pen.), è esperibile il ricorso in cassazione per violazione di legge, trattandosi di provvedimenti che incidono sulla libertà personale» (Sez. 1, n. 52134 del 07/11/2019, Z., Rv. 277884).

L’orientamento giurisprudenziale va convintamente ribadito: è doveroso riconoscere tutela giurisdizionale al diritto alla libertà personale della persona condannata che si assume leso e fortemente limitato dal provvedimento del Magistrato di sorveglianza che incrementa le prescrizioni imposte. In mancanza di altro rimedio di impugnazione, è assicurata la tutela dell’art. 111 Cost.

2.1. L’individuazione dell’indicato mezzo di impugnazione resta ferma anche a seguito della modifica dell’art. 678 cod. proc. pen. operata dal decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150.

La novella, che ha esteso «alla esecuzione delle pene sostitutive della semilibertà e della detenzione domiciliare e delle pene conseguenti alla conversione della pena pecuniaria” il rito processuale previsto dall’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., caratterizzato dalla possibilità di proporre opposizione allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, non vi ha incluso i provvedimenti relativi all’esecuzione della misura della detenzione domiciliare, quale misura alternativa alla detenzione, anche in luogo del differimento della pena ex artt. 146 e 147 cod. pen., ma unicamente quelli concernenti le pene sostitutive oggi previste dall’art. 20-bis cod. pen., come introdotto dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.

3. Ciò premesso, deve rilevarsi, come correttamente denunciato dal ricorrente, che i provvedimenti, vigenti alla data del presunto indebito allontanamento dal domicilio, non recavano alcuna limitazione territoriale, sicché deve escludersi che M. abbia violato le prescrizioni, come, d’altra parte, annota il Magistrato di sorveglianza nel provvedimento reso in data 5 febbraio 2024 a margine della nota dei Carabinieri di L. del 2 febbraio 2024.

Nella citata informativa del 2 febbraio 2024, i Carabinieri di L. precisavano ché M., in data 24 gennaio 2024, prima della partenza per la città di Palermo, aveva comunicato che si stava recando in quella città per effettuare delle prestazioni mediche, allegando documentazione sanitaria nonché i biglietti aerei.

I Carabinieri soggiungevano, inoltre, che l’interessato aveva comunicato telefonicamente anche l’orario di arrivo e di partenza dall’aeroporto, così come programmato, e che la Questura di Palermo, in data 27 gennaio 2024, aveva effettuato il controllo del ricorrente in quella città, mettendosi in contatto con l’Arma incaricata della vigilanza che confermava l’esistenza dell’autorizzazione ad allontanarsi dal domicilio; il ricorrente, quella notte stessa, faceva rientro nella propria abitazione.

3.1. Orbene, se, per un verso, appare indubitabile che non vi è stata alcuna violazione delle prescrizioni, per altro verso non può che rilevarsi l’assenza di critica alla decisione del Magistrato di sorveglianza in merito alla necessità di assicurare un maggiore controllo del detenuto.

Non appare illogico, né privo di giustificazione, alla luce dell’andamento della vicenda dalla quale è occasionalmente derivata l’emissione del provvedimento impugnato, che il Magistrato di sorveglianza abbia inteso precisare il contenuto dell’autorizzazione già concessa, limitando l’ambito territoriale a quello della provincia di residenza onde ridurre la libertà di circolazione che, in precedenza, era sostanzialmente rimessa alle personali opzioni del detenuto.

Non è, poi, ingiustificato che il Magistrato di sorveglianza modifichi le prescrizioni imposte a M. per migliorare e rendere più efficiente il controllo dello stesso, elemento essenziale della misura para detentiva allo stesso applicata: si tratta della legittima esplicazione dei poteri discrezionalmente attribuiti al Magistrato di sorveglianza dall’art. 47-ter ord. pen. per assicurare il rispetto della misura alternativa che, non a caso, può essere rafforzata anche per mezzo dell’applicazione degli strumenti di controllo dell’art. 275-bis cod. proc. pen.

3.2. Il ricorso, in conclusione, non critica le ragioni che hanno imposto la motivata restrizione territoriale alla circolazione per motivi sanitari e di cura, né quella che riguarda l’allontanamento per attendere alle proprie esigenze personali.

4. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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