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Quando può essere revocata la semilibertà?

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Cass. pen., sez. I, 24/10/2023 (ud. 24/10/2023, dep. 07/03/2024), n. 9861 (Pres. Centofanti, Rel. Calaselice)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Cassazione nel caso di specie, riguardava quando la semilibertà può essere revocata.

Difatti, nel procedimento, in occasione del quale è stata emessa la pronuncia qui in commento, a fronte del fatto che il Tribunale di sorveglianza di Milano aveva revocato la semilibertà concessa ad un detenuto, avverso detto provvedimento proponeva ricorso per Cassazione il condannato, per il tramite del difensore, deducendo violazione ed erronea applicazione di legge penale, nonché vizio di motivazione, sotto il profilo della mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte riteneva il ricorso suesposto infondato.

In particolare, gli Ermellini, dopo avere fatto presente che la revoca della misura alternativa alla detenzione non è dalla legge rapportata alla pura e semplice violazione della legge penale o delle prescrizioni dettate dalla disciplina della misura stessa, ma all’ipotesi che il giudice, nel suo insindacabile apprezzamento di merito, ritenga che detta violazione costituisca in concreto un fatto incompatibile con la sua prosecuzione (tra le altre, Sez. 1, n. 25204 del 20/04/2021; nonché a proposito dell’affidamento in prova, Sez. 1, n. 13376 del 18/02/2019), richiamavano, a sostegno della decisione assunta, quell’ulteriore orientamento nomofilattico secondo il quale la semilibertà assumono rilievo, ai fini del giudizio sulla revoca, le condotte che, per natura, modalità di commissione e oggetto, siano tali da arrecare grave vulnus al rapporto fiduciario che deve esistere tra il condannato ammesso alla misura e gli organi preposti alla sua gestione, dovendosi valutare se il complessivo comportamento del primo ne riveli l’inidoneità al trattamento e, quindi, sottenda l’esito negativo dell’esperimento (Sez. 1, n. 46631 del 25/10/2019; Sez. 1, n. 31739 del 01/07/2010), facendosene conseguire da ciò che il relativo giudizio è rimesso alla discrezionalità del Tribunale di sorveglianza, che ha l’obbligo di giustificare l’uso del potere conferitogli, con motivazione logica ed esauriente.

Orbene, per la Corte di legittimità, il provvedimento impugnato, alla stregua di tale quadro ermeneutico, non poteva ritenersi illegittimo, reputandosi non irragionevole, nel suo complesso, il ragionamento del Tribunale di sorveglianza nella parte in cui aveva considerato interrotto il percorso di risocializzazione e, di fatto, violato il rapporto fiduciario sopra menzionato, nonché aveva reputato l’ulteriore prosecuzione del trattamento, in regime alternativo, in contraddizione con le finalità di recupero sociale della pena.

I risvolti applicativi

Nel giudizio sulla revoca della semilibertà, si considerano rilevanti le azioni che, per la loro natura, modalità di esecuzione e impatto, danneggiano gravemente il rapporto di fiducia tra il condannato e le autorità preposte alla sua supervisione.

Orbene, è fondamentale in tale ottica valutare se il comportamento complessivo del condannato dimostri la sua incapacità di beneficiare del trattamento, mettendosi così in discussione l’esito positivo della semilibertà.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 1 Num. 9861 Anno 2024

Presidente: CENTOFANTI F.

Relatore: CALASELICE BARBARA

Data Udienza: 24/10/2023

Data Deposito: 07/03/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

I. F. nato a … il …

avverso l’ordinanza del 28/03/2023 del Tribunale di sorveglianza di Milano

udita la relazione svolta dal Consigliere BARBARA CALASELICE;

lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, P. Molino, che ha chiesto l’annullamento con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di sorveglianza di Milano ha revocato la semilibertà concessa a F. I. con ordinanza del 29 novembre 2022, in relazione alla pena di cui al provvedimento di esecuzione emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Monza n. 2022/519 Siep.

Il provvedimento di revoca, nel condividere le osservazioni del Magistrato di sorveglianza, ha dato atto dell’annotazione dei Carabinieri di Biassono del 2 marzo 2023 e degli esiti del controllo, svolto a carico di I., indicando tali circostanze come legittimanti la revoca, per avere il detenuto anche violato la prescrizione n. 4 imposta all’atto della esecuzione della misura (relativa all’orario di consumazione del pasto e al luogo) nonché per essere stato rinvenuto un coltello a bordo della vettura sulla quale I. era stato sorpreso in compagnia di altro soggetto.

Il Tribunale ha condiviso le osservazioni del Magistrato di sorveglianza che aveva sospeso la misura, aggiungendo che I. era anche incorso in una violazione disciplinare, in data 14 marzo 2023, ritenendo le complessive condotte accertate espressione di non adesione al percorso rieducativo, nonché inidonee alla prosecuzione del percorso di espiazione della pena in semilibertà.

Da ultimo, si evidenzia che il Tribunale valorizza anche un ulteriore dato, quello del rinvenimento, nella cella ove il detenuto era ristretto, nel mese di febbraio 2022, di due coltelli della cui esistenza, in quel luogo, lo stesso I. si era detto informato, pur non avendone segnalato la presenza alla polizia

penitenziaria.

2. Avverso detto provvedimento propone tempestivo ricorso il condannato, per il tramite del difensore, deducendo violazione ed erronea applicazione di legge penale, nonché vizio di motivazione, sotto il profilo della mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità.

2.1. La difesa sottolinea che nel provvedimento non viene in alcuna parte rilevato il periodo trascorso in semilibertà, il puntuale rispetto delle prescrizioni, la partecipazione al programma predisposto dagli operatori, dati riportati nell’ordinanza con la quale il beneficio è stato concesso.

Si richiama precedente di legittimità, Sez. 1, n. 46631 del 25/20/2019, indicato come indicativo della necessità che le condotte del condannato, per provocare la revoca della semilibertà, debbano essere tali da arrecare grave vulnus al rapporto fiduciario con gli organi del trattamento.

2.2. Ancora, si evidenzia l’illogicità della motivazione nella parte in cui valorizza la violazione della prescrizione n. 4 perché viene indicata, dal Tribunale, come prescrizione non osservata quella del trattenimento a consumare il pasto all’interno dell’azienda nell’orario consentito, mentre la lettura del testo della prescrizione imposta evidenzia che questo poteva essere consumato in luoghi posti nei pressi dell’azienda.

Si sottolinea che, al momento del controllo, il ricorrente era davanti al cancello della ditta in attesa della riapertura.

2.3. Infine, si rimarca l’illogicità della motivazione nella parte in cui sottolinea che, nel mese di febbraio 2022, nella cella del ricorrente erano trovati due coltelli perché si evidenzia che il provvedimento con il quale è stata concessa la semilibertà è successivo a tale episodio che, in quella sede, non è stato preso in alcuna considerazione dai giudici di sorveglianza.

2.4. Si censura, infine, quale vizio di motivazione, il contenuto delle dichiarazioni rese dallo stesso I. e dalla persona con la quale si trovava nella sua vettura, all’atto del controllo, per sottolineare che le ragioni espresse da M. per giustificare il luogo ove i due si trovavano a consumare il pasto e le ragioni della sua presenza non possono essere considerate “contorte” — diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale — ma sono lineari e logiche.

4.11 Sostituto Procuratore generale di questa Corte, P. Molino, ha concluso con requisitoria scritta, chiedendo l’annullamento con rinvio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è infondato.

Come da questa Corte ripetutamente affermato (tra le altre, Sez. 1, n. 25204 del 20/04/2021, omissis, non mass.; nonché a proposito dell’affidamento in prova, Sez. 1, n. 13376 del 18/02/2019, omissis, Rv. 275239), la revoca della misura alternativa alla detenzione non è dalla legge rapportata alla pura e semplice violazione della legge penale o delle prescrizioni dettate dalla disciplina della misura stessa, ma all’ipotesi che il giudice, nel suo insindacabile apprezzamento di merito, ritenga che detta violazione costituisca in concreto un fatto incompatibile con la sua prosecuzione.

Per quel che riguarda, in particolare, la semilibertà assumono rilievo, ai fini del giudizio sulla revoca, le condotte che, per natura, modalità di commissione e oggetto, siano tali da arrecare grave vulnus al rapporto fiduciario che deve esistere tra il condannato ammesso alla misura e gli organi preposti alla sua gestione, dovendosi valutare se il complessivo comportamento del primo ne riveli l’inidoneità al trattamento e, quindi, sottenda l’esito negativo dell’esperimento (Sez. 1, n. 46631 del 25/10/2019, omissis, Rv. 277452; Sez. 1, n. 31739 del 01/07/2010, omissis, Rv. 248357).

Il relativo giudizio è rimesso alla discrezionalità del Tribunale di sorveglianza, che ha l’obbligo di giustificare l’uso del potere conferitogli, con motivazione logica ed esauriente.

2. Ciò posto, il Collegio osserva che l’ordinanza impugnata è incensurabile sotto il prospettato profilo, anche nella parte in cui fonda il giudizio rimesso al giudice di sorveglianza sulla violazione della prescrizione n. 4.

È pur vero, come sottolineato dal ricorrente, che il tenore testuale della prescrizione, imposta al momento dell’esecuzione della misura alternativa, evidenzia che questi si doveva trovare, per consumare il pasto, non all’interno dell’azienda, ma nei pressi di questa.

Si deve però rilevare che la motivazione del Tribunale rende ineccepibilmente conto che, nell’occasione accertata, il condannato non si trovava, come luogo prescritto, in uno dei punti di ristoro (nei pressi o all’interno dell’azienda, poco rileva ai fini che interessano) ma a bordo della propria vettura in compagnia di altro soggetto e che, nel veicolo, è stato reperito un coltello con lama della lunghezza di quattro centimetri, di cui lo stesso condannato rivendicava la paternità.

Tali complessive modalità, descritte dal Tribunale, pur se con la discrasia relativa al luogo ove il detenuto semilibero si doveva trovare a consumare il pasto (indicato come interno ai locali dell’azienda e non nei pressi di questa, come disposto, non vengono attaccate in modo specifico dal ricorso.

La censura, infatti, si limita a rimarcare che il condannato, per il tenore letterale della prescrizione imposta al n. 4, si poteva trovare nei pressi dell’azienda a consumare il pasto e non necessariamente all’interno di questa e che la presenza del M. nella sua vettura trovava senz’altro giustificazione nelle dichiarazioni allegate in atti.

Tale ultimo aspetto, tuttavia, non può essere rivisitato in questa sede, quanto alla linearità e contenuto delle dichiarazioni rese, in quanto è escluso, dalla valutazione del giudice di legittimità, ogni riesame di atti e elementi istruttori che si traducano in rivalutazioni di fatto, rispetto a quelle già rese dal giudice di merito.

Infine, si evidenzia che in alcuna parte del ricorso si censura la motivazione ove rimarca l’esistenza, a carico di I., della violazione disciplinare del 14 marzo 2023, precedente alla disposta revoca.

Né ha assunto rilievo, nella valutazione espressa dal Tribunale, l’esistenza di precedente reperimento di coltelli, risalente al 2022, cioè in epoca precedente alla concessione della misura alternativa, trattandosi di episodio riportato soltanto come contenuto nella motivazione svolta dal Magistrato di sorveglianza a p. 1 del provvedimento impugnato.

Non appare irragionevole, pertanto, nel suo complesso il ragionamento del Tribunale di sorveglianza nella parte in cui ha considerato interrotto il percorso di risocializzazione e, di fatto, violato il rapporto fiduciario sopra menzionato, nonché ha reputato l’ulteriore prosecuzione del trattamento, in regime alternativo, in contraddizione con le finalità di recupero sociale della pena.

3.Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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