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La condanna per delitto aggravato impedisce la sospensione dell’ordine di esecuzione anche se le circostanze attenuanti prevalgono sulle aggravanti?

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Cass. pen., sez. I, 19/01/2024 (ud. 19/01/2024, dep. 21/03/2024), n. 11942 (Pres. Rocchi, Rel. Poscia)

(Riferimento normativo: L., 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis)

Indice

La questione giuridica

La questione giuridica, affrontata dalla Cassazione nel caso di specie, riguardava se, nel caso di prevalenza delle circostanze attenuanti rispetto alle aggravanti, la condanna per delitto ostativo possa considerarsi ostativa, o meno, ai fini della sospensione dell’ordine di esecuzione.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato tale questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Tribunale di Parma, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la domanda avanzata dal difensore di un detenuto diretta ad ottenere l’immediata liberazione del predetto, in considerazione del trattamento sanzionatorio applicatogli con la sentenza pronunciata dal medesimo, che lo aveva condannato alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed euro 1.000 di multa per il delitto di rapina pluriaggravata.

Invero, secondo il difensore, a seguito dell’avvenuto riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ritenute prevalenti rispetto alle aggravanti specifiche contestate, il delitto, per il quale era intervenuta la condanna irrevocabile, non poteva essere annoverato tra quelli elencati nell’art. 4-bis Ord. pen., con la conseguente illegittimità del provvedimento con il quale il Pubblico ministero competente non aveva disposto la sospensione dell’ordine di esecuzione a norma dell’art. 656, comma 9 lett. a), cod. proc. pen..

Il giudice dell’esecuzione aveva però ritenuto la richiesta infondata richiamando la giurisprudenza di legittimità secondo la quale la condanna per un reato c.d. ‘ostativo’ alla sospensione dell’ordine di esecuzione impedisce tale beneficio anche nella ipotesi di concessione delle attenuanti in misura prevalente rispetto alle aggravanti contestate, poiché tale concessione riguarda unicamente il trattamento sanzionatorio senza incidere sugli elementi circostanziali tipizzanti la condotta.

Ciò posto, avverso questa decisione la difesa proponeva ricorso per Cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., il vizio di motivazione apparente a causa dell’omesso esame delle deduzioni difensive contenute nella originaria istanza, osservandosi al riguardo che il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di pronunciarsi rispetto alle argomentazioni relative al trattamento sanzionatorio che imponeva la immediata liberazione del condannato poiché – stante la prevalenza delle attenuanti generiche rispetto alle aggravanti specifiche contestate – doveva essere disposta la sospensione dell’ordine di esecuzione, dato che il reato per il quale era intervenuta condanna irrevocabile non poteva annoverarsi tra quelli indicati nel citato art. 4-bis.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte reputava il ricorso suesposto infondato alla stregua di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale la condanna per delitto aggravato costituente reato ostativo alla sospensione dell’ordine di esecuzione, a norma dell’art. 4-bis Ord. pen., impedisce la concessione di tale beneficio anche quando la sentenza di condanna abbia ritenuto l’equivalenza o la prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti contestate, atteso che il giudizio di comparazione rileva solo “quoad poenam” e non incide sugli elementi circostanziali tipizzanti la condotta (ex multis, Sez. 1, Sentenza n. 20796 del 12/04/2019).

I risvolti applicativi

La condanna per delitto aggravato, tra quelli ostativi alla sospensione dell’ordine di esecuzione a norma dell’art. 4-bis Ord. pen., impedisce la concessione di tale beneficio anche quando, nella sentenza di condanna, sia stata riconosciuta l’equivalenza o la prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti contestate.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 1 Num. 11942 Anno 2024

Presidente: ROCCHI GIACOMO

Relatore: POSCIA GIORGIO

Data Udienza: 19/01/2024

Data Deposito: 21/03/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

C. S. nato a … il …;

avverso l’ordinanza del Tribunale di Parma, in funzione di giudice dell’esecuzione, del 17/07/2023;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere GIORGIO POSCIA;

lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale SILVIA SALVADORI, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di Parma, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la domanda avanzata dal difensore di S. C. e diretta ad ottenere l’immediata liberazione del predetto, in considerazione del trattamento sanzionatorio applicatogli con la sentenza pronunciata dal medesimo Tribunale in data 7 luglio 2021 (irrevocabile il 2 maggio 2023), che lo aveva condannato alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed euro 1.000 di multa per il delitto di rapina pluriaggravata. Invero, secondo il difensore, a seguito dell’avvenuto riconoscimento delle circostanze

attenuanti generiche ritenute prevalenti rispetto alle aggravanti specifiche contestate, il delitto per il quale era intervenuta la condanna irrevocabile non poteva essere annoverato tra quelli elencati nell’art.4-bis Ord. pen., con la conseguente illegittimità del provvedimento con il quale il Pubblico ministero competente non aveva disposto la sospensione dell’ordine di esecuzione a norma dell’art. 656, comma 9 lett. a), cod. proc. pen.

Il giudice dell’esecuzione ha ritenuto la richiesta infondata richiamando la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale la condanna per un reato c.d. ‘ostativo’ alla sospensione dell’ordine di esecuzione, impedisce tale beneficio anche nella ipotesi di concessione delle attenuanti in misura prevalente rispetto alle aggravanti contestate, poiché tale concessione riguarda unicamente il trattamento sanzionatorio senza incidere sugli elementi circostanziali tipizzanti la condotta.

2. Avverso la predetta ordinanza il difensore di fiducia del condannato ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art.173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato.

In particolare il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., il vizio di motivazione apparente a causa dell’omesso esame delle deduzioni difensive contenute nella originaria istanza. Al riguardo osserva che il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di pronunciarsi rispetto alle argomentazioni relative al trattamento sanzionatorio che imponeva la immediata liberazione del condannato poiché – stante la prevalenza delle attenuanti generiche rispetto alle aggravanti specifiche contestate – doveva essere disposta la sospensione dell’ordine di esecuzione, dato che il reato per il quale era intervenuta condanna irrevocabile non poteva annoverarsi tra quelli indicati nel citato art. 4-bis.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

2. Invero, al contrario di quanto sostenuto con l’impugnazione, il giudice dell’esecuzione ha argomentato in modo compiuto rispetto alla irrilevanza del trattamento sanzionatorio conseguente l’avvenuto riconoscimento, con giudizio di prevalenza rispetto alle aggravanti contestate, delle attenuanti ex art. 62-bis cod. pen. osservando che tale giudizio non incideva sulla natura aggravata del reato di rapina e la conseguente inclusione del delitto tra quelli c.d. ‘ostativi’ ai fini che qui interessano.

Come è noto, infatti, la condanna per delitto aggravato costituente reato ostativo alla sospensione dell’ordine di esecuzione, a norma dell’art. 4-bis Ord. pen., impedisce la concessione di tale beneficio anche quando la sentenza di condanna abbia ritenuto l’equivalenza o la prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti contestate, atteso che il giudizio di comparazione rileva solo “quoad poenam” e non incide sugli elementi circostanziali tipizzanti la condotta (ex multis, Sez. 1, Sentenza n. 20796 del 12/04/2019, Rv. 276312 – 01).

Il ricorrente non si è confrontato in modo specifico con il ragionamento logico e giuridico svolto dal Tribunale di Parma e, in sostanza, si è limitato a riproporre le argomentazioni contenute nella originaria istanza e disattese dal giudice dell’esecuzione.

3. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

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