Cass. pen., sez. V, 11/11/2024 (ud. 11/11/2024, dep. 19/12/2024), n. 46990 (Pres. Pezzullo, Rel. Cavallone)
Indice
- La questione giuridica
- Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica
- I risvolti applicativi
- Sentenza commentata
La questione giuridica
Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava quando è ammissibile il ricorso per Cassazione nel procedimento di prevenzione per vizio di travisamento della prova per omissione.
Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.
La Corte di Appello di Napoli confermava un decreto, emesso dal Tribunale della medesima città, con cui, dichiarato il non luogo a provvedere per sopravvenuta morte del proposto sulla richiesta di applicazione della misura di prevenzione personale, veniva però disposta la misura di prevenzione della confisca disgiunta dei beni sequestrati.
Ciò posto, avverso questa decisione ricorreva per Cassazione il difensore di uno di coloro che possedevano questi beni sequestrati che, tra i motivi ivi addotti, deduceva vizi di motivazione.
Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica
Gli Ermellini ritenevano il motivo suesposto infondato.
In particolare, tra le argomentazioni che inducevano i giudici di piazza Cavour ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo cui, nel «procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, sicché il vizio di travisamento della prova per omissione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.[1] è estraneo al procedimento di legittimità, a meno che il travisamento non abbia investito plurime circostanze decisive totalmente ignorate ovvero ricostruite dai giudici di merito in modo talmente erroneo da trasfondersi in una motivazione apparente o inesistente, riconducibile alla violazione di legge» (Sez. 2, n. 20968 del 06/07/2020).
I risvolti applicativi
Nel procedimento di prevenzione, il vizio di travisamento della prova per omissione è ammesso solo se il travisamento riguarda circostanze decisive ignorate o mal ricostruite dai giudici, tanto da rendere la motivazione apparente o inesistente.
[1]Ai sensi del quale: “1. Il ricorso per cassazione può essere proposto per i seguenti motivi: (…) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame”.
Sentenza commentata
Penale Sent. Sez. 5 Num. 46990 Anno 2024
Presidente: PEZZULLO ROSA
Relatore: CAVALLONE LUCIANO
Data Udienza: 11/11/2024
Data Deposito: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D. M. E. nata a … il …
avverso il decreto del 11/02/2021 della CORTE d’APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luciano Cavallone;
lette le richieste del Sostituto Procuratore Generale, Raffaele Piccirillo, che ha concluso per l’inammissibilità o il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Napoli ha confermato il decreto numero … del Tribunale di Napoli, emesso in data 01/04/2014 e depositato in data 06/06/2014, con cui, dichiarato il non luogo a provvedere per sopravvenuta morte del proposto, N. D. M., sulla richiesta di applicazione della misura di prevenzione personale, è stata disposta la misura di prevenzione della confisca disgiunta dei beni sequestrati ai sensi della legge 575/1965 nei riguardi di R. A. e E. D. M., eredi di N. D. M..
2. Ha proposto ricorso per Cassazione E. D. M. sulla base di due motivi.
2.1. Con il primo lamenta violazioni di legge e vizi di motivazione per la mancata applicazione dell’articolo 2-ter, comma 3, della legge 575/1965, in combinato disposto con gli articoli 27, comma 6, e 24, comma 2, d.lgs. 159/2011, “in relazione alla durata del procedimento di appello e del tempo intercorso tra la data di emissione e quella di deposito del decreto”, specificamente “per irragionevolezza nel tempo intercorso”.
In particolare, si sostiene che vi sarebbe stata la violazione dei termini previsti da tali norme, atteso che il decreto di confisca del Tribunale di Napoli n. … era stato deliberato in data 1/4/2014, a distanza di molti anni da quello di sequestro: e non «entro un anno dalla data dell’avvenuto sequestro», con termine che l’articolo 2-ter, comma 3, della legge 575/1965 considera prorogabile solo di un anno con provvedimento motivato del Tribunale. E si assume che anche l’emissione (in data 11/2/2021) e deposito della motivazione (in data 14/6/2024) del decreto nel giudizio d’appello avesse violato le menzionate disposizioni.
Si sostiene, poi, che la violazione del menzionato art. 2-ter, comma 3, I. 575/1965 fosse già stata “sottolineata nel corso del giudizio”, senza che la Corte d’Appello avesse esaminato la questione e si sostiene che la violazione del detto termine avrebbe determinato la caducazione del provvedimento adottato.
2.2. Col secondo motivo, parte ricorrente lamenta violazioni di legge e vizi di motivazione per l’omesso esame della memoria difensiva depositata in data 11/02/2021 e delle istanze formulate in precedenza e richiamate nei verbali di udienza, con conseguente nullità ai sensi dell’articolo 178, comma 1, lettera c), cod. proc. pen.
In tal modo si sarebbe impedito alla parte ricorrente di esercitare il suo diritto di difesa nell’ambito delle accuse mosse al dante causa, nei cui riguardi il procedimento era stato iniziato.
Si richiamano, poi, gli oneri probatori in capo a chi propone la misura di prevenzione, specificamente in relazione alla dimostrazione della fittizia intestazione dei beni a soggetti diversi dal proposto, quand’anche suoi stretti congiunti. Siffatta prova mancherebbe, nella specie, non essendovi indizi gravi, precisi e concordanti tali da far concludere che N. D. M. avesse vissuto almeno in parte del provento dei delitti, in particolare di usura, stabilmente commessi dal 1992 al 2010 (come affermato dal giudice d’appello), che fosse pericoloso socialmente per il periodo antecedente al 1992 e nell’arco compreso dal 1992 al 2007, essendolo al più per il limitato arco temporale compreso tra il 2007 e il 2010.
Richiama a sostegno, parte ricorrente, la perizia sulla provenienza degli immobili e la consulenza di parte, a cura del dottor C., per i fondi bancari, ignorate, unitamente ad una memoria difensiva, dalla Corte d’appello.
Si assume che la perizia d’ufficio avesse “ricostruito la legittimità della provenienza di alcuni beni già prima del 1992” (essendo l’attività illecita contestata con riferimento al periodo dal 1992 al 2010) e che sarebbero state trascurate la memoria difensiva esplicativa a firma del precedente difensore (in relazione alle censure mosse alla perizia dalla dottoressa C.), oltre che una consulenza di parte e quanto dichiarato al riguardo dall’architetto M. all’udienza in data 08/10/2020. In particolare, l’architetto M. aveva “confermato la ricostruzione e la legittima provenienza di alcuni beni (compresi nell’arco temporale precedente al 1992)”, nonché la correttezza della consulenza tecnica di parte redatta dall’ingegner M., dalla quale emergeva “la legittimità della provenienza di una serie di beni in capo sia alla A. R. che alla D. M.E.”.
Ci si duole della declaratoria di inammissibilità, per genericità, dei motivi d’appello formulati al riguardo, asserendosi che la Corte d’appello avesse reso sul punto una motivazione meramente apparente.
Con l’appello dichiarato inammissibile, infatti, la parte ricorrente si era lamentata proprio del fatto che il Tribunale, nell’emettere il decreto, non avesse tenuto conto delle menzionate difese: sicché la dedotta aspecificità dei motivi di appello, sancita dal provvedimento qui impugnato, per essere tali atti difensivi anteriori allo stesso decreto appellato (ragion per cui – secondo la Corte d’appello – non avrebbero potuto contenere critiche argomentate nei riguardi del decreto di confisca), doveva ritenersi priva di fondamento.
Si afferma, ancora, l’anteriorità dei fatti oggetto di indagine al periodo 1992-2006 e, quindi, all’entrata in vigore della legge 244/2007, che aveva esteso tale forma di confisca ad alcuni reati tributari, e che prima del 1992 non vi fosse alcun rilievo circa i reati contestati al proposto di cui all’art. 644 cod. pen.
Si deduce, infine, la legittimità degli importi detenuti sul proprio conto corrente dalla ricorrente, insegnante, che aveva accumulato fin dalla metà degli anni ’90 quanto guadagnato con tale attività.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso, per diversi profili inammissibile, è nel complesso infondato.
2. Il primo motivo è inammissibile in relazione all’assunta violazione dell’art. 2-ter, comma 3, della legge 575/1965, infondato laddove censura la violazione degli articoli 27, comma 6, e 24, comma 2, d.lgs. 159/2011, “in relazione alla durata del procedimento di appello e del tempo intercorso tra la data di emissione e quella di deposito del decreto”.
2.1. Quanto alla prima censura, circa l’assunta violazione dell’art. 2-ter, comma 3, della legge 575/1965, la stessa è inammissibile per un duplice ordine di ragioni.
2.2. Anche nella materia della prevenzione quella della Corte d’appello è una cognitio delimitata ovviamente dai capi e dai punti oggetto di gravame (Sez. 6, n. 21408 del 12/04/2023, Rv. 284684-01; Sez. 2, n. 9517 del 07/02/2018, Rv. 272520-01).
Orbene, è noto che, ex artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. pen., non possono essere dedotte in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, tranne non siano rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio o si tratti di questioni che non sarebbe stato possibile dedurre in grado d’appello (perché, ad esempio, prospettate per la prima volta proprio nel provvedimento impugnato in Cassazione): se così non fosse, sarebbe invero inevitabile l’annullamento del provvedimento a causa di un altrettanto inevitabile, da parte del giudice a quo, difetto di motivazione su una questione sottratta – in ipotesi, anche strumentalmente – alla sua cognizione, non essendogli stata devoluta (così, tra le tante, Sez. 2, n. 26721 del 26/04/2023, Rv. 284768-02; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Rv. 270316-01; Sez. 4, n. 10611 del 04/12/2012, dep. 2013, Rv. 256631-01).
Nella specie non risulta né dalla sentenza d’appello, né dal ricorso in esame,
né comunque dall’analisi dell’atto d’appello che le questioni sollevate in questa sede, circa l’assunta violazione dell’art. 2-ter, comma 3, della legge 575/1965, siano state prospettate al giudice d’appello: con quanto ne consegue in termini di inammissibilità.
2.3. La questione è, in ogni caso, pure manifestamente infondata.
È pacifico, infatti, ed è chiaramente desumibile dal tenore della disposizione, che il termine previsto dall’art. 2-ter, comma 3, I. 575/1965, vada osservato solo nel caso in cui la confisca sia disposta dopo l’avvenuta applicazione della misura di prevenzione personale (così, tra le tante: Sez. 2, n. 16191 del 24/03/2017, Rv. 270267-01; Sez. 1, n. 26762 del 04/06/2009, Rv. 244655-01; Sez. 5, n. 3538 del 22/03/2013, dep. 2014, Rv. 258657).
Ma, nella specie, si è al di fuori di tale ipotesi, non essendo il decreto stato emesso a seguito dell’applicazione della misura di prevenzione personale.
2.4. L’ulteriore doglianza di violazione degli articoli 27, comma 6, e 24, comma 2, d.lgs. 159/2011, “in relazione alla durata del procedimento di appello e del tempo intercorso tra la data di emissione e quella di deposito del decreto”, “per irragionevolezza nel tempo intercorso” è infondata.
Infatti, la proposta di misura di prevenzione nei confronti di D. M.N. è del 6/6/2011, prima dell’entrata in vigore, il 13/10/2011, del d.lgs. 159/2011, sicché al procedimento devono essere applicate le disposizioni previgenti, ai sensi dell’art. 117, comma 1, d.lgs. citato, secondo cui: «Le disposizioni contenute nel libro I non si applicano ai procedimenti nei quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sia già stata formulata proposta di applicazione della misura di prevenzione. In tali casi, continuano ad applicarsi le norme previgenti».
Queste ultime, infine, non prevedono alcun termine per la pronuncia d’appello.
3. Il secondo motivo è inammissibile.
Lo stesso risulta, anzitutto, a tratti incomprensibile, in special modo laddove richiama l’irretroattività delle disposizioni che prevedono la confisca per alcuni reati tributari.
In secondo luogo, è noto che, nel procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazioni di legge, secondo il disposto di cui all’art. 4 I. 1423/1956, richiamato dall’art. 3-ter, comma 2, I. 575/1965 (e, successivamente, di cui all’art. 10, comma 3, d.lgs. 159/2011). Sono, pertanto, escluse dal novero dei vizi deducibili in sede di legittimità l’illogicità manifesta, la contraddittorietà o le carenze di motivazione di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., potendosi esclusivamente denunciare, ai sensi del comma 9 del predetto art. 4 I. 1423/1956 (e, successivamente, dell’art. 10, comma 3, d.lgs. 159/2011), il caso di motivazione inesistente o meramente apparente (così Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, omissis, Rv. 260246-01, che, in motivazione, ha ribadito che non può essere proposta come vizio di motivazione mancante o apparente la deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato; confronta inoltre, ex multis, Sez. 5, n. 1861 del 28/10/2021, dep. 2022, Rv. 282539-01).
Al riguardo, è stato chiarito che, per potersi parlare di motivazione inesistente o meramente apparente, è necessario che il decreto ometta del tutto di confrontarsi con un elemento potenzialmente decisivo, nel senso che, singolarmente considerato, esso sia tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (Sez. 5, n. 1861 del 28/10/2021, dep. 2022, Rv. 282539-01; Sez. 6, n. 21525 del 18/06/2020, omissis, Rv. 279284): in definitiva, di oggettiva valenza superiore rispetto a quelli considerati nel provvedimento censurato.
Neppure il travisamento delle prove risulta deducibile in questa sede, salvo non si tratti di vizio così radicale da far emergere che si sia in presenza di motivazione apparente. È stato, in modo condivisibile, affermato infatti che: «Nel procedimento di prevenzione, il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, sicché il vizio di travisamento della prova per omissione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. è estraneo al procedimento di legittimità, a meno che il travisamento non abbia investito plurime circostanze decisive totalmente ignorate ovvero ricostruite dai giudici di merito in modo talmente erroneo da trasfondersi in una motivazione apparente o inesistente, riconducibile alla violazione di legge» (Sez. 2, n. 20968 del 06/07/2020, Rv.
279435-01).
Nella specie, per contro, è evidente che non si adduca, da parte ricorrente, alcun elemento di tal fatta, mirandosi ad una inammissibile, e mera, rivalutazione del materiale istruttorio, per giunta sulla base di censure del tutto generiche.
Come si desume dalla sintesi del ricorso sopra trascritta, con ampi brani riportati testualmente, parte ricorrente assume genericamente la decisività degli elementi trascurati, senza tuttavia specificare alcunché in merito e, soprattutto, le ragioni per le quali sarebbero decisivi sia per escludere in tutto o in parte la sussistenza dei presupposti del provvedimento che ha disposto la misura, sia per provare univocamente che per alcuni beni la stessa sia stata illegittimamente adottata.
Al riguardo, è noto in generale che: «Il ricorso per cassazione con cui si lamenta il vizio di motivazione per travisamento della prova, non può limitarsi, pena l’inammissibilità, ad addurre l’esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, quando non abbiano carattere di decisività, ma deve, invece: a) identificare l’atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato» (Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, Rv. 281085-01; confronta, negli stessi termini: Sez. 3, n. 2039 del 02/02/2018, dep. 2019, Rv. 274816-07; Sez. 6, n. 45036 del 02/12/2010, Rv. 249035-01). È necessario, dunque, che l’assunta
utilizzazione di un’informazione inesistente o l’omessa valutazione della prova esistente siano decisive al fine di sovvertire l’apparato motivazionale sottoposto a critica (Sez. 6, n. 36512 del 16/10/2020, Rv. 280117-01).
Nella specie, nulla di tutto ciò è desumibile dal ricorso, che si limita, come detto, a dolersi della generica omessa considerazione di difese del cui tenore nulla si specifica.
4. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di rigetto segue la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in data 11/11/2024.