Quando si configura il medesimo disegno criminoso nella continuazione?

Facebook
LinkedIn

Cass. pen., sez. I, 26/06/2025 (ud. 26/06/2025, dep. 26/08/2025), n. 29732 (Pres. De Marzo, Rel. Tona)

Indice

La questione giuridica

La questione giuridica, affrontata dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava quando è ravvisabile il medesimo disegno criminoso in materia di continuazione.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Tribunale di Napoli in composizione monocratica, quale giudice dell’esecuzione, respingeva un’istanza volta ad ottenere il riconoscimento della continuazione.

Ciò posto, avverso codesta decisione proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’istante il quale, con unico motivo, deduceva violazione di legge ex art. 606, comma 1 lett. b) ed e) in relazione al mancato riconoscimento della continuazione ex art. 81, comma 2, cod. pen..

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

Il Supremo Consesso riteneva il ricorso suesposto infondato.

In particolare, tra le argomentazioni che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, dopo essere fatto presente che l’ipotesi di cui all’art. 81, comma 2, cod. pen. ricorre quando i fatti sono riferibili ad un medesimo, originario, disegno criminoso, erano richiamati i seguenti orientamenti nomofilattici: 1) l’unicità di disegno, egualmente necessario per il riconoscimento della continuazione in fase di cognizione e in fase esecutiva, non si identifica «con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione del reo a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati, che, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, rivelando una generale propensione alla devianza, che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali» (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016); 2) per il riconoscimento della continuazione, occorre «una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, í successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017); 3) tale programmazione deve evincersi dagli elementi in atti una iniziale programmazione e deliberazione avente ad oggetto una pluralità di reati, che possono essere anche non dettagliatamente ab origine progettati e organizzati, purché risultino almeno in linea generale previsti, in funzione di “adattamento” alle eventualità del caso, come mezzo per il conseguimento di un unico fine, parimenti prefissato e sufficientemente specifico, mentre deve escludersi che una tale programmazione possa essere desunta sulla sola base dell’analogia dei singoli reati o del contesto in cui sono maturati, ovvero ancora della spinta a delinquere, tanto più se genericamente economica, non potendo confondersi il fine specifico, ovverosia il movente scopo che individua una programmazione e deliberazione unitaria, con la tendenza stabilmente operante in un soggetto a risolvere i propri problemi esistenziali commettendo reati (cfr. Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010).

I risvolti applicativi

Ai fini del riconoscimento della continuazione, sia in fase di cognizione che in sede esecutiva, è necessaria l’unicità del disegno criminoso, che non coincide con un generico programma di vita delinquenziale il quale, dal canto suo, esprime una propensione alla devianza, priva della specifica pianificazione richiesta.

Al contrario, la continuazione presuppone una verifica concreta di elementi quali l’omogeneità dei reati, la contiguità spazio-temporale, le modalità esecutive e la sistematicità delle condotte, dovendosi accertare che, già al momento del primo reato, quelli successivi fossero programmati almeno nelle linee essenziali, fermo restando che tale programmazione deve emergere dagli atti e non può basarsi solo sull’analogia tra i reati o su un generico movente economico, dovendo invece risultare funzionale al perseguimento di un fine unico e specifico.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 1 Num. 29732 Anno 2025

Presidente: DE MARZO GIUSEPPE

Relatore: TONA GIOVANBATTISTA

Data Udienza: 26/06/2025

Data Deposito: 26/08/2025

PRIMA SEZIONE PENALE

GIUSEPPE DE MARZO Sent. n. sez. 2203/2025

CC – 26/06/2025

R.G.N. 7751/2025

– Relatore –

ha pronunciato la seguente

sul ricorso proposto da:

avverso l’ordinanza del 09/10/2024 del TRIBUNALE di NAPOLI

lette le conclusioni del PG, Cinzia Parasporo, ha chiesto il rigetto del ricorso.

1. Con ordinanza in data 09/10/2024, il Tribunale di Napoli in composizione monocratica, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza avanzata nell’interesse di P. S. e volta ad ottenere il riconoscimento della continuazione tra i reati di cui agli artt. 474 e 548 cod. pen. oggetto delle seguenti decisioni:

a) sentenza del Tribunale di Napoli in data 12/12/2018, irrevocabile il 09/04/2024, che lo ha ritenuto responsabile dei reati di cui agli artt. 110, 474 e 648 cod. pen., commessi in Napoli il 29/02/2016, e lo ha condannato alla pena di anni uno di reclusione ed euro 400,00 di multa;

b) sentenza del Tribunale di Napoli in data 29/04/2022, irrevocabile 13/10/2022, che lo ha condannato per i reati di cui agli artt. 474 e 648 cod. pen. commessi in Napoli il 04/04/2016, alla pena di mesi dieci di reclusione ed euro 500,00 di multa.

Il Tribunale ha ritenuto che, nonostante l’identità delle fattispecie di reato contestate oggetto delle due sentenze, le condotte in concreto non presentavano una vera e propria identità tipologica, in quanto l’episodio accertato il 29/02/2016 riguardava il trasporto di semilavorati utilizzabili per la successiva realizzazione di prodotti finiti recanti il marchio già falsificato ed era stato commesso unitamente ad altri, mentre nell’episodio del 04/04/2016 il condannato aveva agito da solo ed era stato accertato che possedeva presso la sua abitazione prodotti finiti e con marchi diversi e ulteriori rispetto a quello (…) oggetto della precedente contestazione.

Lo svolgimento, con ruoli diversi e in tempi diversi, di attività che si ascrivono a fasi differenti del complessivo ciclo della contraffazione dei prodotti di abbigliamento, unitamente ai numerosi precedenti penali del condannato anche per altre tipologie di reato, hanno indotto il giudice dell’esecuzione a ritenere insussistenti gli elementi dimostrativi di un unico disegno criminoso, ma piuttosto a considerare i reati frutto di una generale propensione alla devianza.

2. Avverso tale ordinanza il difensore di P. S. ha proposto ricorso affidandolo ad un unico motivo di violazione di legge ex art. 606, comma 1 lett. b) ed e) in relazione al mancato riconoscimento della continuazione ex art. 81, comma 2, cod. pen.

Doveva considerarsi del tutto chiara la sussistenza di elementi presuntivi e qualificanti idonei a dimostrare l’unicità del disegno criminoso per l’omogeneità delle condotte riconducibili ad un unico scopo, ovvero il voler trarre profitto dalla commercializzazione di merce contraffatta recante marchi di alta moda.

I luoghi di commissione del fatto sono adiacenti e le condotte si distanziano di poco più di un mese.

Anche la differente condotta nei due reati rispetto al ciclo della contraffazione si inserisce, comunque, nel progetto di addivenire ad un prodotto da commercializzare illecitamente per trarne profitto.

3. Il Procuratore Generale, Cinzia Parasporo, ha chiesto con memoria scritta il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile

2. L’ipotesi di cui all’art. 81, comma 2, cod. pen. ricorre quando i fatti sono riferibili ad un medesimo, originario, disegno criminoso. L’unicità di disegno, egualmente necessario per il riconoscimento della continuazione in fase di cognizione e in fase esecutiva, non si identifica «con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione del reo a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati, che, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, rivelando una generale propensione alla devianza, che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali» (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, omissis, Rv. 266615).

Occorre invece per il riconoscimento della continuazione «una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, í successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, omissis, Rv. 270074).

Deve evincersi dagli elementi in atti una iniziale programmazione e deliberazione avente ad oggetto una pluralità di reati, che possono essere anche non dettagliatamente ab origine progettati e organizzati, purché risultino almeno in linea generale previsti, in funzione di “adattamento” alle eventualità del caso, come mezzo per il conseguimento di un unico fine, parimenti prefissato e sufficientemente specifico. Deve, invece, escludersi che una tale programmazione possa essere desunta sulla sola base dell’analogia dei singoli reati o del contesto in cui sono maturati, ovvero ancora della spinta a delinquere, tanto più se genericamente economica, non potendo confondersi il fine specifico, ovverosia il movente scopo che individua una programmazione e deliberazione unitaria, con la tendenza stabilmente operante in un soggetto a risolvere i propri problemi esistenziali commettendo reati (cfr. Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, omissis, Rv. 246838).

Infine, l’inciso «anche in tempi diversi» contenuto nell’art. 81, comma 2, cod. pen., non consente di negare ogni rilevanza all’aspetto del tempo di commissione dei reati: come la vicinanza temporale non costituisce di per sé «indizio necessario» dell’esistenza del medesimo disegno criminoso, così la notevole distanza di tempo ben può essere, anche se non è inevitabile che lo sia, indizio negativo. Le difficoltà di programmazione e deliberazione a lunga scadenza e le crescenti probabilità di mutamenti che, con il passare del tempo, richiedono una nuova risoluzione anti-doverosa, comportano che le possibilità di ravvisare la sussistenza della continuazione normalmente si riducono fino ad annullarsi in proporzione inversa all’aumento del distacco temporale tra i singoli episodi criminosi.

3. Coerentemente con i principi sin qui esposti, il giudice dell’esecuzione ha rilevato l’assenza di indicatori da cui trarre l’esistenza di un unitario disegno criminoso ed ha correttamente affermato l’insufficienza del richiamo all’identità o analogia dei fatti di reato, collegato all’esercizio di un’attività di contraffazione con finalità di lucro, o all’esistenza del fine unitario di commettere i reati sol perché alcuni di tali delitti sono stati commessi in tempi e luoghi ravvicinati. Invero, da tali elementi ha desunto, in assenza di ulteriori e diversi dati di fatto, la conclusione opposta di una tendenza a porsi fuori dalla legalità per scelte di volta in volta contingenti.

Le censure difensive, in realtà, valicano la soglia del merito e formulano giudizi sulla plausibilità della lettura degli elementi dedotti a fondamento della richiesta di riconoscimento della sussistenza di un medesimo disegno criminoso, sostanzialmente proponendola in alternativa rispetto a quella svolta dal Tribunale di Napoli, che ha, invece, argomentato in maniera plausibile, componendo un tessuto argomentativo lineare e privo di fratture logiche, e ha sostenuto che, nonostante la prossimità temporale dei fatti e l’omogeneità degli illeciti, non vi fossero specifici indizi di una previa programmazione di quelle particolari condotte a fronte di un vissuto criminale variegato e della commissione di vari illeciti volti al conseguimento di profitti.

Il giudice di merito ha argomentato dalle modalità di esecuzione delle condotte, dalle fasi diverse della contraffazione, alla quale afferivano e dall’assenza di indizi sulla previa programmazione di illeciti comunque maturati ed eseguiti in contesti diversi.

4. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento del procedimento e – per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. Cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro tremila.

P.Q.M

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così è deciso, 26/06/2025

Leggi anche

Contenuti Correlati
martelletto del giudice
Codice penale

Quando il giudice dell’esecuzione non può revocare la sospensione condizionale concessa in violazione dell’art. 164, comma 4, c.p.?

Quando il giudice dell’esecuzione non può disporre, nei casi previsti dall’art. 168, comma terzo, cod. pen., la revoca della sospensione condizionale della pena che il giudice della cognizione abbia concesso in violazione dell’art. 164, comma quarto, cod. pen. per l’esistenza di cause ostative a lui non documentalmente note?

LEGGI TUTTO »