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In quali casi l’errata interpretazione di una legge diversa da quella penale esclude sempre la punibilità?

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Cass. pen., sez. I, 30/01/2024 (ud. 30/01/2024, dep. 23/05/2024), n. 20529 (Pres. Boni, Rel. Centofanti)

Indice

La questione giuridica

La questione giuridica, affrontata dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava quando l’errata interpretazione di una legge diversa da quella penale esclude sempre la punibilità.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte militare di Appello confermava una sentenza del Tribunale militare di Napoli che aveva assolto, perché il fatto non costituisce reato, un militare dall’imputazione di truffa militare.

Ciò posto, avverso questa decisione ricorreva per Cassazione il Procuratore generale militare presso la Corte militare di Appello, deducendo erronea applicazione della legge penale.

In particolare, secondo il ricorrente, a fronte del fatto che l’errore sul fatto sarebbe soltanto quello che cada su un elemento materiale del reato, dipendendo da una difettosa percezione o ricognizione della realtà fenomenica, nel caso di specie, non ci si troverebbe di fronte alla dispercezione del dato reale, ma, a tutto concedere, ad un errore interpretativo relativo alle norme extrapenali (del diritto amministrativo) che identificano la riunione di un organo collegiale e stabiliscono quando essa sia validamente in corso, fermo restando che si tratterebbe, tuttavia, di errore inescusabile, che, come tale, non escluderebbe la punibilità.

Ad ogni modo, sempre ad avviso dell’impugnante, il giudice a quo, in ordine alla scusabilità, non avrebbe affatto indagato, essendo dunque stata necessaria una rinnovata valutazione al riguardo.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità evidenziava prima di tutto come l’errore rilevato dalla Corte militare di appello non fosse un errore sul fatto che costituisce il reato (inteso, rettamente, come difettosa conoscenza della realtà esperenziale in base alla quale il soggetto si è determinato ad agire: Sez. 1, n. 8053 del 11/03/1998), ma un errore su legge, diversa da quella penale, tradottosi in un errore sul fatto.

Invero, per gli Ermellini, nel caso di specie, l’errore aveva in effetti inciso su disposizioni, nozioni e termini propri di altre branche del diritto, che la norma penale non contempla ad integrazione della fattispecie criminosa, dal momento che, per «legge diversa dalla legge penale», si deve intendere, ai fini in discorso, quella destinata in origine a regolare rapporti giuridici di carattere non penale, non incorporata in una norma incriminatrice, né da questa richiamata neppure implicitamente (Sez. 6, n. 25941 del 31/03/2015; Sez. 4, n. 14011 del 12/02/2015; Sez. 4, n. 37590 del 07/07/2010).

Pertanto, con queste caratteristiche, ossia extrapenale in senso proprio, si presenta, rispetto alla truffa, anche militare, il complesso delle disposizioni che disciplinano le modalità di funzionamento di organi amministrativi, il cui fraintendimento sarebbe, nella specie, alla base della condotta ascritta come fraudolenta.

Chiarito ciò, i giudici di piazza Cavour notavano altresì che tali disposizioni non “colorano” in alcun modo il tipo di illecito in esame, non lo arricchiscono o deprivano di contenuto, né sono “garanti” dell’efficacia dell’incriminazione, nel senso che operano dall’esterno rispetto ad essa, perché alla loro stregua si misura, nel caso concreto, l’artificiosità del comportamento addebitato e così la sua attitudine a procurare all’agente quel profitto ingiusto (anche soggettivamente avvertito come tale) che rappresenta l’evento naturalistico del reato (Sez. 3, n. 2528 del 09/08/1987).

Detto questo, per la Corte di Cassazione, a questo punto della disamina, occorreva interrogarsi sulla rilevanza di un errore siffatto ai fini della ricostruzione dell’elemento psicologico del reato.

Orbene, i giudici di legittimità ordinaria osservavano a tal proposito prima di tutto come sia noto che, a norma dell’art. 47, primo comma, cod. pen., l’errore (essenziale: Sez. 6, n. 1562 del 28/06/1969) che cade sugli elementi concreti del fatto, conforme al modello descritto dalla norma incriminatrice, in presenza dei quali soltanto è efficace il comando o il divieto dalla norma recato, esclude la punibilità.

Ebbene, per la Suprema Corte, un errore intellettivo di questo genere interferisce sul processo volitivo e rende non configurabile il dolo (diversamente dall’errore che investa direttamente il precetto penale, o altro precetto che ne integra la definizione, concorrendo con esso a formare l’obiettività giuridica del reato: Sez. 4, n. 2147 del 13/01/2021; Sez. 6, n. 27941 del 31/05/2016; Sez. 6, n. 13038 del 10/03/2016; Sez. 6, n. 6744 del 07/11/2013; Sez. 4, n. 14819 del 30/10/2003; fatto salvo, in queste ultime ipotesi, l’errore inevitabile ex Corte cost. n. 364 del 1988).

Dunque, venuto meno il dolo, l’art. 47, primo comma, cit. lascia sussistere, nella sua seconda parte, la responsabilità colposa, se il reato commesso è punito anche a tale titolo, come avviene per i delitti a fronte di previsione espressa, e come avviene normalmente per le contravvenzioni (Sez. 3, n. 1602 del 20/12/1984), sempre che una colpa sia in concreto ravvisabile, ossia a cospetto di errore inescusabile, così come, del pari, esclude la punibilità, a norma dell’art. 47, terzo comma, cod. pen., l’errore su legge extrapenale (non integratrice), capace di cagionare un errore sul fatto che costituisce il reato.

Difatti, in questo caso, l’errore di base è propriamente di diritto ma esso, rimanendo estraneo al significato dell’incriminazione, non indebolita nella sua funzione astrattamente deterrente, è dalla legge accomunato all’errore di fatto nella misura in cui si risolva in una falsata rappresentazione della realtà fenomenica congruente con il modello legale.

Quindi, in quanto tradottosi in un tale errore di fatto, diverso dall’errore sul comando o sul divieto, anche l’errore su legge extrapenale (non integratrice) rende non configurabile il dolo.

Allo stesso modo, l’art. 47, terzo comma cit. costituisce applicazione del medesimo principio generale, in tema di volontà colpevole, di cui è espressione il primo comma, nel senso di esclusione del dolo in presenza di un errore determinante sul fatto costitutivo del tipo di incriminazione.

Di conseguenza, proprio in quanto esplicazione di una regola di sistema, deve intendersi espressamente richiamata, nel terzo comma, la seconda parte del primo comma: residuerà la responsabilità colposa, come in dottrina prevalentemente sostenuto, quando l’errore sulla legge extrapenale (non integratrice) sia dovuto a colpa e il fatto sia punibile anche a tale titolo.

Orbene, l’assunto ulteriore, su cui il ricorso summenzionato si basava, ad avviso dei giudizi di piazza Cavour, non era dunque condivisibile.

In effetti, il dolo è sempre escluso, nei casi previsti sia dal primo che dal terzo comma dell’art. 47 cod. pen., indipendentemente dalla scusabilità dell’errore, che assume dunque rilievo, in questo contesto, solo se si procede per delitti colposi, o per contravvenzioni, fermo restando che, in questa cornice, deve essere iscritto il risalente arresto di Sez. 4, n. 4662 del 12/12/1977, tralaticiamente ripreso da altre pronunce della Cassazione, a mente del quale l’errata interpretazione di legge extrapenale, per escludere la punibilità ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 47 cod. pen., deve essere di natura scusabile, non dovendosi al riguardo ignorare che, nel caso, da cui origina detta pronuncia, si procedeva infatti per la contravvenzione (ora depenalizzata: art. 32 legge 24 dicembre 1969, n. 990) relativa alla circolazione di veicolo a motore senza assicurazione, sicché la ratio decidendi risulta coerente con l’esegesi sin qui illustrata (non è invece corretto ragionare nei medesimi termini a proposito dei delitti dolosi, quali la truffa, non apparendo quindi condivisibile l’arresto di Sez. 2, n. 43309 del 08/10/2015).

Del resto, per la Corte di legittimità, una diversa esegesi finirebbe per sostanzialmente equiparare situazioni normativamente regolate in modo diverso, tanto più se si considera che è lo stesso art. 47, terzo comma, cod. pen. a distinguere l’errore su legge extrapenale (non integratrice), che in quanto cagioni un errore sul fatto esclude la punibilità a titolo di dolo, dall’errore sulla legge penale (ovvero sul precetto, come sopra definito al § 4), che in base all’art. 5 cod. pen., come integrato da Corte cost. n. 364 del 1988, cit., assume rilievo solo se dipendente da ignoranza inevitabile.

Quando dunque investe (la norma incriminatrice, o) la norma extrapenale integratrice, l’errore di diritto esclude la colpevolezza solo se inevitabile (Sez. 6, n. 43646 del 22/06/2011, S., Rv. 251044-01), e come tale scusabile.

D’altronde, se la punibilità del fatto doloso obbedisse a questo medesimo canone anche in caso di errore su norma extrapenale estranea al modello legale di incriminazione, per gli Ermellini, le fattispecie finirebbero fatalmente per coincidere, perdendo di significato la distinzione legale.

Il Supremo Consesso, quindi, concludeva nel senso che l’errata interpretazione di una legge diversa da quella penale, cui fa riferimento l’art. 47, ultimo comma, cod. pen., esclude sempre la punibilità quando ha cagionato un errore sul fatto costituente reato doloso; la punibilità è esclusa solo se l’errata interpretazione è di natura scusabile, quando si procede per reato colposo.

Il ricorso di cui sopra era quindi respinto alla stregua di siffatte considerazioni.

I risvolti applicativi

L’errata interpretazione di una legge non penale esclude sempre la punibilità per reati dolosi se causa un errore sul fatto-reato fermo restando che, per i reati colposi, la punibilità è esclusa solo se l’errore è scusabile.

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