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Come contestare il corretto funzionamento dell’etilometro?

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Cass. pen., sez. IV, 29/05/2024 (ud. 29/05/2024, dep. 04/07/2024), n. 26281 (Pres. Dovere, Rel. Ricci)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava come va contestato il corretto funzionamento dell’etilometro.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte di Appello di Genova confermava una decisione del Tribunale di Massa con cui l’imputato era stato condannato in ordine al reato di cui agli artt. 186, comma 2 lett. c), 2 bis e 2 sexies, d.lgs 30 aprile 1992 n. 285 alla pena di mesi 4 di arresto e euro 1400 di ammenda e alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di anno uno.

Ciò posto, avverso questa pronuncia il difensore dell’accusato ricorreva per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costui deduceva violazione di legge e in particolare dell’art. 3 D.M. 22 maggio 1990 n 196 in combinato disposto con l’art. 379 comma 8 d.P.R. 16 dicembre 1992 n. 495 (Reg. CdS), per essere stata affermata la responsabilità penale sulla base dei risultati del test alcolemico, effettuato con un apparecchio che non era stato sottoposto a periodiche revisioni.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il motivo suesposto fondato.

In particolare, gli Ermellini – dopo avere fatto presente che l’omologazione e le verifiche periodiche dell’apparecchio etilometro sono espressamente previste dall’art. 379, commi 6, 7 e 8, Reg. Esec. CdS – osservavano come la più recente giurisprudenza di legittimità abbia chiarito che all’attribuzione dell’onere della prova in capo all’accusa circa l’omologazione e l’esecuzione delle verifiche periodiche sull’apparecchio utilizzato per l’alcoltest, fa riscontro un onere di allegazione da parte del soggetto accusato, avente ad oggetto la contestazione del buon funzionamento dell’apparecchio (Sez. 4, n. 3201 del 12/12/2019).

Tal che se ne faceva conseguire che la circostanza che il citato art. 379 prescriva l’omologazione e la periodica verifica dell’etilometro non comporta che, a sostegno dell’imputazione, l’accusa debba immediatamente corredare i risultati della rilevazione etilometrica con i dati relativi all’esecuzione di tali operazioni, perché si tratta di dati riferiti ad attività necessariamente prodromiche al momento della misurazione del tasso alcolemico che «non hanno di per sé rilievo probatorio ai fini dell’accertamento dello stato di ebbrezza dell’imputato» (Sez. 4, n. 33978 del 17/03/2021).

Muovendo da queste premesse, quindi, per i giudici di piazza Cavour, è del tutto fisiologico che la verifica processuale del rispetto delle prescrizioni dell’art. 379 Reg. Esec. CdS debba essere sollecitata dall’imputato, sul quale grava un onere di allegazione volto a contestare la validità dell’accertamento eseguito, fermo restando che tale onere non può risolversi nella mera richiesta di essere portato a conoscenza dei dati relativi all’omologazione e alla revisione periodica dello strumento (oltre a Sez. 4, n. 33978 del 17/03/2021, cfr. anche: Sez. 4, n. 3939 del 12/01/2021; Sez. 4, n. 35951 del 25/11/2020) e deve concretizzarsi nell’allegazione di un qualche dato che possa far dubitare che l’omologazione o la revisione possano essere avvenute.

Orbene, per la Corte di legittimità, nel caso di specie, se la difesa, attraverso la memoria richiamata nei motivi di ricorso, aveva introdotto elementi che valevano a far dubitare del corretto funzionamento dell’apparecchio, in particolare, fra gli altri, sotto il profilo della omissione delle verifiche periodiche annuali, la Corte territoriale, pure dando atto di tale circostanza, ammettendo che l’ultima revisione risaliva a oltre due anni prima rispetto al controllo, non si era però posta il problema della sua incidenza sull’ effettiva funzionalità dell’etilometro, così come la stessa giurisprudenza di legittimità riportata in sentenza imponeva di considerare.

Da qui, come esposto poco prima, la fondatezza del motivo summenzionato.

I risvolti applicativi

In merito all’attribuzione dell’onere della prova riguardo l’omologazione e le verifiche periodiche dell’apparecchio utilizzato per l’alcoltest, se spetta all’accusa dimostrare questi aspetti, tuttavia, l’accusato ha l’onere di contestare il buon funzionamento dell’apparecchio ma questo non significa che l’accusa debba immediatamente presentare i risultati delle verifiche dell’apparecchio a supporto dell’imputazione poiché tali dati, pur essendo necessari prima della misurazione, non sono rilevanti ai fini probatori dello stato di ebbrezza.

Pertanto, è normale che la verifica del rispetto delle prescrizioni dell’art. 379 del Regolamento di Esecuzione del Codice della Strada sia sollecitata dall’imputato, nel senso che quest’ultimo deve allegare elementi concreti per contestare la validità dell’accertamento, non limitandosi a richiedere i dati relativi all’omologazione e alla revisione periodica dello strumento, ma presentando prove che facciano dubitare dell’effettivo rispetto di tali procedure.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 4 Num. 26281 Anno 2024

Presidente: DOVERE SALVATORE

Relatore: RICCI ANNA LUISA ANGELA

Data Udienza: 29/05/2024

Data Deposito: 04/07/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

S. R. nato a … il …

avverso la sentenza del 09/11/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ANNA LUISA ANGELA RICCI;

lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore ANTONIETTA PICARDI,

che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’Appello di Genova, con sentenza del 9 novembre 2023, ha confermato la sentenza del Tribunale di Massa di condanna di R. S., in ordine al reato di cui agli artt. 186, comma 2 lett. c), 2 bis e 2 sexies, d.lgs 30 aprile 1992 n. 285 (commesso in Massa il 30 gennaio 2019) alla pena di mesi 4 di arresto e euro 1400 di ammenda e alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di anno uno.

S. è stato ritenuto responsabile per avere guidato l’autovettura Jeep Compass in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche, accertato tramite l’uso di apparecchiatura etilometrica che aveva rilevato un tasso alcolemico alla prima prova di 2,07 gil e alla seconda prova di 1,97 g/I e per aver cagionato in tale stato un incidente stradale in orario notturno.

2. L’imputato ha proposto ricorso a mezzo di proprio difensore, formulando quattro motivi.

2.1. Con il primo motivo ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta idoneità dell’avviso ex art. 114 disp att. cod. proc. pen., così come fornito dagli agenti che hanno svolto l’accertamento urgente a mezzo etilometro. Il difensore osserva che nel caso di specie gli agenti avevano informato il ricorrente della facoltà di farsi assistere da un difensore o da persona

di fiducia e che, in tal modo, lo avevano indotto in inganno: un avviso di tal fatta viola lo scopo della norma prevista dall’art. 114 disp. att. cod. proc. pen., che è quello di informare il soggetto del suo diritto all’assistenza tecnica di un difensore immediatamente reperibile e non certo del suo diritto di scegliere tra l’assistenza di un difensore o l’assistenza di una persona di fiducia.

2.2. Con il secondo motivo ha dedotto la violazione di legge e in particolare dell’art. 3 D.M. 22 maggio 1990 n 196 in combinato disposto con l’art. 379 comma 8 d.P.R. 16 dicembre 1992 n. 495 (Reg. CdS), per essere stata affermata la responsabilità penale sulla base dei risultati del test alcolemico, effettuato con un apparecchio che non era stato sottoposto a periodiche revisioni. Il difensore osserva che la stessa Corte di Appello aveva dato atto che l’etilometro era stato sottoposto a revisione l’ultima volta due anni e tre mesi prima dell’accertata contravvenzione, sicché non veniva in rilievo nel caso in esame il tema della esatta cadenza annuale della verifica, bensì quello della totale assenza di verifica

per un periodo di tempo considerevole. L’attestazione dell’avvenuta taratura dell’apparecchio è funzionale a dimostrare il suo regolare funzionamento alla data in cui è stato eseguito l’accertamento sul quale è fondata l’ipotesi accusatoria, sicché la Corte avrebbe dovuto ritenere l’etilometro non conforme al dettato normativo stante la mancanza di verifica periodica nei dodici mesi antecedenti al

fatto.

2.3. Con il terzo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione ed in particolare l’omessa valutazione della memoria difensiva ex art. 121 cod. proc. pen. depositata presso la cancelleria della Corte di Appello in data 27 ottobre 2023, antecedentemente all’udienza dibattimentale del 9 novembre 2023. Con la tale memoria, la difesa dell’indagato aveva introdotto una serie di argomentazioni difensive incentrate sui difetti dell’etilometro utilizzato nel caso in esame, non potute introdurre nel processo di primo grado per la revoca della ammissione della testimonianza del Consulente Tecnico. In particolare con tale memoria si era evidenziato che:

– l’omologazione ministeriale riportata sul libretto metrologico dell’etilometro indica una sigla, OM …, in realtà inesistente;

– nella dichiarazione di conformità riportata sul libretto metrologico il firmatario deve essere persona identificabile;

-anche l’omologazione OM …, unica esistente presso il ministero dei trasporti relativa all’etilometro in questione, appare viziata e non conforme al dettato normativo, in quanto il certificato attesta che detta omologazione sarebbe avvenuta ad opera di una società di Lubecca per il tramite della società D. I. spa, che non compare nelle banche dati delle Camere di Commercio e si presume, pertanto, inesistente;

– dall’esame del libretto metrologico risulta che la visita primitiva è stata effettuata 1’8 giugno 2010, senza le prove necessarie imposte dalla normativa. Le visite periodiche devono essere eseguite entro i dodici mesi dalla visita primitiva, mentre nel caso in esame la prima visita periodica era stata svolta 1’11 luglio 2011, la seconda il 15 ottobre 2012, la terza il 28 gennaio 2014, la quarta il 12 maggio 2015 e l’ultima il 4 novembre 2016;

-in dieci anni di utilizzo dell’apparecchio risulta annotata una sola operazione di manutenzione e/o sostituzione di elementi costruttivi;

Nel caso di specie fra la prima e la seconda prova erano trascorsi 12 minuti e erano stati registrati un primo valore di 2,7 g/I e un secondo valore di 1,97 g/I. La differenza fra la prima e la seconda prova, di 0,10 g/I in decrescita, sarebbe discordante con i risultati della migliore scienza, che prevedono un valore di cinetica decrescente dell’alcol in un’ora di 0,15 g/I.

In conclusione la Corte d’Appello di Genova, omettendo l’esame delle deduzioni difensive contenute nella memoria, dirimenti e rilevanti, sarebbe incorsa in un evidente vizio di motivazione: da un lato si dà atto che l’ultima visita periodica sull’etilometro è avvenuta nel 2016, dall’altro, pur a fronte dell’oggettiva inattualità della verifica, si sostiene in modo del tutto illogico e contraddittorio che nel caso di specie manchino gli indici da cui desumere il malfunzionamento dell’apparecchio.

2.4 Con il quarto motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione ed in particolare la nullità dell’ordinanza di revoca delle prove richieste dalla difesa dell’imputato emessa dal Tribunale di Massa per inosservanza della norma di cui all’art. 495, comma 4, cod. proc. pen. e la mancata motivazione da parte della Corte di Appello in ordine al secondo motivo laddove è stata censurata la nullità di tale ordinanza. Nel processo di primo grado erano state ammesse le prove testimoniali richieste dal Pubblico Ministero e dalla difesa e all’udienza del 13 luglio 2020 erano stati escussi i testi dell’accusa, mentre quelli della difesa, ovvero G. A. F. che avrebbe assistito l’imputato durante il test alcolemico e il Consulente Tecnico G. M., erano risultati assenti, benché regolarmente citati: dopo che il difensore aveva insistito per l’esame di detti testi, il Giudice aveva emesso l’ordinanza oggetto di censura con cui si affermava “tenuto conto della testimonianza oggi assunta e delle dichiarazioni dell’imputato e ritenute di conseguenza superflue la testimonianza e l’esame dei consulenti richiesti dalla difesa, revoca l’ordinanza di ammissione dei predetti testi e invita le parti a formulare le rispettive conclusioni”. Dopo la lettura dell’ordinanza, l’imputato ne aveva eccepito la nullità per violazione del diritto di difesa e la medesima questione era stata rappresentata in sede di impugnazione. La Corte territoriale aveva omesso qualsiasi motivazione sul punto, limitandosi a dare conto del mancato esercizio del potere di disporre la rinnovazione istruttoria. In tal modo era stata arrecata una lesione al diritto di difesa, in quanto la superfluità della prova è l’effetto di un giudizio comparativo che il giudice è ammesso ad esercitare in relazione ad un’istruttoria già espletata.

3. Il Procuratore generale, nella persona del sostituto Antonietta Picardi, ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

4. Il difensore dell’imputato in data 23 maggio 2024 ha depositato memoria di replica con cui ha insistito nei motivi di ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato in relazione al secondo, terzo e quarto motivo, tutti incentrati, in ultima analisi, sulla ritenuta utilizzabilità dell’accertamento con l’etilometro, nonostante fossero stati evidenziati indici di non corretto funzionamento.

2. Il primo motivo, relativo alla ritualità dell’avviso ex art. 114 disp att. cod. proc. pen., è infondato.

La difesa ne ha censurato il contenuto e la idoneità a raggiungere lo scopo, rilevando che dagli atti e dalla testimonianza del teste di polizia giudiziaria era emerso che a S. era stato detto che avrebbe potuto farsi assistere “da un difensore o da persona di fiducia”, quando invece secondo la citata disposizione, nel procedere al compimento degli atti indicati nell’art. 356 cod. proc. pen., la polizia giudiziaria deve avvertire l’indagato della facoltà di farsi assistere da “un difensore di fiducia”. Si deve, al riguardo, ribadire che la giurisprudenza di legittimità ha chiarito come l’avvertimento in esame non necessiti di formule sacramentali, purché esso sia idoneo al raggiungimento dello scopo ovvero quello di avvisare colui che non possiede conoscenze tecnico-processuali del fatto che, tra i propri diritti, vi è la facoltà di nominare un difensore che lo assista durante l’atto (Sez. 4, n. 27110 del 15/09/2020, omissis, Rv. 279958 – 01; Sez. 3, n. 23697 del 01/03/2016, omissis Rv. 266825; Sez. 3, n. 4945 del 17/01/2012, omissis, Rv. 252034 – 01 con cui è stato ritenuto idoneo l’avviso contenente il mero richiamo a “persona di fiducia”, tale essendo anche la figura del difensore). Non può, dunque, ritenersi sussistente il vizio lamentato, in quanto l’imputato è stato chiaramente edotto della possibilità di farsi assistere nell’effettuazione del test da un difensore, come previsto dalla norma. La menzione ulteriore “o da persona di fiducia”, superflua e non rituale, non vale a privare di validità l’avviso.

3. Come detto, invece, fondati sono i restanti motivi.

3.1. L’omologazione e le verifiche periodiche dell’apparecchio etilometro sono espressamente previste dall’art. 379, commi 6, 7 e 8, Reg. Esec. CdS. La più recente giurisprudenza di legittimità ha chiarito che all’attribuzione dell’onere della prova in capo all’accusa circa l’omologazione e l’esecuzione delle verifiche periodiche sull’apparecchio utilizzato per l’alcoltest, fa riscontro un onere di allegazione da parte del soggetto accusato, avente ad oggetto la contestazione del buon funzionamento dell’apparecchio (Sez. 4, n. 3201 del 12/12/2019, dep. 2020, omissis, Rv. 278032). La circostanza che il citato art. 379 prescriva l’omologazione e la periodica verifica dell’etilometro, dunque, non comporta che, a sostegno dell’imputazione, l’accusa debba immediatamente corredare i risultati della rilevazione etilometrica con i dati relativi all’esecuzione di tali operazioni, perché si tratta di dati riferiti ad attività necessariamente prodromiche al momento della misurazione del tasso alcolemico che «non hanno di per sé rilievo probatorio ai fini dell’accertamento dello stato di ebbrezza dell’imputato» (Sez. 4, n. 33978 del 17/03/2021, omissis, Rv. 281828 pag. 4 della motivazione). Muovendo da queste premesse, è del tutto fisiologico che la verifica processuale del rispetto delle prescrizioni dell’art. 379 Reg. Esec. CdS debba essere sollecitata dall’imputato, sul quale grava un onere di allegazione volto a contestare la validità dell’accertamento eseguito. Tale onere non può risolversi nella mera richiesta di essere portato a conoscenza dei dati relativi all’omologazione e alla revisione periodica dello strumento (oltre a Sez. 4, n. 33978 del 17/03/2021, omissis, Rv. 281828 già citata, cfr. anche: Sez. 4, n. 3939 del 12/01/2021, omissis, non massimata; Sez. 4, n. 35951 del 25/11/2020, omissis, non massimata) e deve concretizzarsi nell’allegazione di un qualche dato che possa far dubitare che l’omologazione o la revisione possano essere avvenute.

3.2. Nel caso di specie, la difesa, attraverso la memoria richiamata nei motivi di ricorso, ha introdotto elementi che valevano a far dubitare del corretto funzionamento dell’apparecchio, in particolare, fra gli altri, sotto il profilo della omissione delle verifiche periodiche annuali. La Corte di Appello, pure, ha dato atto di tale circostanza, ammettendo che l’ultima revisione risaliva a oltre due anni prima rispetto al controllo, ma non si è posta il problema della sua incidenza sull’ effettiva funzionalità dell’etilometro, così come la stessa giurisprudenza di legittimità riportata in sentenza impone di considerare.

3.3. Collegato a tale tema vi è anche quello, dedotto con il quarto motivo, con cui si è censurata l’omessa motivazione da parte della corte di Appello in ordine alla eccepita nullità dell’ordinanza di revoca delle prove richieste dalla difesa dell’imputato emessa dal Tribunale e motivata in ragione della superfluità di tali prove, alla luce della “testimonianza oggi assunta e delle dichiarazioni dell’imputato”. Si deve, in proposito, ricordare che la difesa aveva indicato in lista testi un consulente tecnico, che avrebbe dovuto riferire in ordine ai vizi dell’apparecchio etilometro, al difetto di manutenzione dello stesso e alla irregolare cadenza delle revisioni periodiche, ovvero in ordine ad un tema probatorio centrale ai fini della valutazione dei risultati dell’acoltest. Dopo la pronuncia dell’ordinanza, la difesa ne aveva eccepito la nullità, insistendo nelle richieste istruttorie precedentemente formulate, ed analoga censura era stata dedotta con i motivi di appello. La Corte territoriale non ha fornito alcuna motivazione in ordine a detto profilo di censura, limitandosi solo a motivare circa il mancato esercizio del potere di disporre la rinnovazione istruttoria ex art. 603 cod. proc. pen., senza però nulla dire in ordine all’eccezione sollevata concernente la violazione dell’art. 495, comma 4, cod. proc. pen. Sul punto, merita ricordare che è viziata da nullità l’ordinanza con la quale il giudice disponga la revoca dell’ammissione di un teste a discarico dell’imputato, nonostante le insistenze del difensore per la sua ammissione; tuttavia, detta nullità deve essere immediatamente dedotta dalla parte presente, ai sensi dell’art. 182 c.p.p., comma 2, con la conseguenza che in caso contrario essa è sanata (Sez. 5, n. 18351 del 17/02/2012, omissis, Rv. 252680): il giudice di appello ha l’obbligo di disporre la rinnovazione del dibattimento nel caso in cui la richiesta di parte è riconducibile alla violazione del diritto alla prova, che non sia stato esercitato per forza maggiore o per la sopravvenienza della stessa dopo il giudizio, o perché la ammissione della prova, ritualmente richiesta nel giudizio di primo grado, sia stata irragionevolmente negata da quel giudice (Sez. 3 , n. 13076 del 14/02/2024, Rv. 286075).

Coglie, dunque, nel segno la censura nella parte in cui, richiamando la pronuncia della Sez 3 n. 15463 del 26/02/2014, non massimata, rileva “che il potere di escludere le prove già ammesse ma successivamente rivelatesi superflue, previsto dall’art. 495 c.p.p., comma 4, è dipendente e costituisce

null’altro che un limite del principale diritto della parte di difendersi provando, sancito dal precedente comma 2 anche come riflesso processuale del diritto dovere che le parti del processo hanno a provare i fatti che si riferiscono alla imputazione, alla punibilità e alla determinazione della pena oltre a quelli dai quali dipende la applicazione delle norme processuali (art. 187 c.p.p.)” e che “la superfluità della prova è l’effetto di un giudizio comparativo che il giudice è ammesso ad esercitare – perché il contraddittorio con parità delle armi sia assicurato – in relazione ad una istruttoria già espletata quale espressione del diritto di entrambe le parti di concorrere alla formazione della prova anche mediante mezzi autonomi, volti anche soltanto a migliorare la qualità della decisione e comunque ad agevolare la accettazione del risultato decisionale da parte dell’imputato che non è soltanto oggetto del processo ma suo protagonista”.

La Corte di Appello, dunque, ha omesso di pronunciarsi su un motivo di censura non irrilevante ai fini della decisione, tanto più che la prova che la difesa aveva chiesto di assumere verteva proprio sull’esistenza di indici di un non corretto funzionamento dell’etilometro utilizzato per rilevare il tasso alcolico.

4. Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio alla Corte di Appello di Genova, che nel nuovo giudizio dovrà attenersi ai principi sopra enunciati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Genova.

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