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Quando gli arresti domiciliari sono inadeguati rispetto alle esigenze di prevenzione previste dall’art. 274, comma 1, lett. c), c.p.p.?

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Cass. pen., sez. IV, 11/07/2024 (ud. 11/07/2024, dep. 22/08/2024), n. 32993 (Pres. Di Salvo, Rel. Branda)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava quando gli arresti domiciliari possono ritenersi inadeguati in relazione alle esigenze di prevenzione di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. il quale, come è noto, al primo periodo dispone che le “misure cautelari sono disposte: (…) quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali, sussiste il concreto e attuale pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l’ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede”.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Tribunale di Salerno, sezione del riesame, accoglieva un appello del Pubblico Ministero avverso un provvedimento di rigetto emesso dal GIP del Tribunale di Vallo della Lucania, il quale aveva disposto la misura degli arresti domiciliari nei confronti di una persona gravemente indiziata del reato di furto in abitazione.

Ciò posto, avverso questa decisione proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’indagato che, tra i motivi ivi addotti, deduceva violazione di legge in ordine alla scelta della misura, non essendo stati osservati, a suo avviso, i principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità, dettati per le misure cautelari personali.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

Il motivo suesposto era ritenuto infondato.

Difatti, per gli Ermellini, a fronte del fatto che l’adeguatezza degli arresti domiciliari, in relazione alle esigenze di prevenzione di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. può essere ritenuta sia quando elementi specifici in relazione alla personalità del soggetto inducano a ritenere che quest’ultimo possa essere propenso a disubbidire all’ordine di non allontanarsi dal domicilio, in violazione della cautela impostagli, sia quando la gravità del fatto, le motivazioni di esso e la pericolosità dell’indagato depongano nel medesimo senso, ossia per la propensione all’inosservanza delle prescrizioni, nel caso di specie, il Tribunale del riesame aveva (correttamente) sottolineato l’impossibilità di formulare una prognosi di spontaneo adeguamento alle prescrizioni della gradata misura custodiale per le seguenti ragioni: 1) l’inidoneità degli arresti domiciliari a garantire il continuo monitoraggio delle relazioni del prevenuto, richiesto dalla necessità di recidere i suoi attuali contatti con altri soggetti dediti al crimine, come quelli con cui aveva effettivamente cooperato; 2) la recidiva qualificata; 3) l’indisponibilità di fonti di reddito lecito, a cui era connessa la probabilità di ulteriori azioni criminose concernenti reati contro il patrimonio, laddove non fosse stato così cautelato.

I risvolti applicativi

Gli arresti domiciliari sono inadeguati se, in base alla personalità del soggetto o alla gravità del reato, si ritiene che l’indagato possa disobbedire all’obbligo di rimanere in casa, violando così la misura cautelare.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 4 Num. 32993 Anno 2024

Presidente: DI SALVO EMANUELE

Relatore: BRANDA FRANCESCO LUIGI

Data Udienza: 11/07/2024

Data Deposito: 22/08/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

R. J. nato a … il …

avverso l’ordinanza del 16/05/2024 del TRIB. LIBERTA’ di SALERNO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO LUIGI BRANDA;

lette le conclusioni del Procuratore Generale, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Salerno, sezione del riesame, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha accolto l’appello del Pubblico Ministero avverso il provvedimento di rigetto emesso dal GIP del Tribunale di Vallo della Lucania in data 4 aprile 2024, ed ha disposto la misura degli arresti domiciliari nei confronti di R. J., gravemente indiziato del reato di furto in abitazione, commesso il 30 aprile 2023 ai danni di M. A. e D’A. C..

Il Tribunale, sotto il profilo della gravità indiziaria, ha evidenziato che, dalle immagini estrapolate dal sistema di video sorveglianza installato presso l’abitazione dei soggetti derubati, era emerso che, la sera del furto, tre soggetti avevano fatto ingresso nell’abitazione intorno alle ore 18:30, dopo essersi recati in zona a bordo di una autovettura Toyota avente le stesse caratteristiche di quella in uso al R.; alle ore 20:30, i militari avevano accertato, attraverso la visione di immagini registrate del sistema di video sorveglianza, installato presso un locale dove si festeggiava il battesimo del figlio del R., che il medesimo, presente nella sala, si accompagnava ad altri due soggetti; dal confronto dei filmati era emerso che tutti e tre avevano il medesimo abbigliamento e gli stessi tratti somatici dei soggetti che poco prima avevano perpetrato il furto. I militari sottoponevano il filmato registrato presso l’abitazione dei derubati alla visione della moglie del R., R. L., la quale riconosceva il marito in uno degli autori.

Ed ancora, dall’analisi dei tabulati dell’utenza intestata al R., risultava che la stessa aveva agganciato le celle telefoniche della zona dov’era allocata abitazione in cui era avvenuto il furto, in orario corrispondente alla consumazione dello stesso.

Il Tribunale, sulla base di tali elementi, ha affermato la gravità indiziaria in ordine al reato di furto contestato al R. e, altresì, la sussistenza delle esigenze cautelari, in considerazione della dedizione, in maniera stabile, alla perpetrazione di azioni predatorie, ricavabile dalla contestata recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale, con precedenti in materia di reati contro il patrimonio. Il medesimo, inoltre, non risultava svolgere alcuna attività lavorativa, sicché elevato era il pericolo che potesse realizzare ulteriori reati contro il patrimonio per procurarsi illeciti guadagni.

Il Tribunale ha motivato l’adeguatezza della misura degli arresti domiciliari, anche al fine di interrompere i rapporti con le persone intranee al circuito criminale a cui lo stesso era collegato, ritenendo tale misura unica idonea a contenere l’attività delinquenziale del prevenuto.

2. R. J., a mezzo del suo difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione deducendo i motivi che di seguito si riportano nei limiti strettamente necessari alla decisione, come previsto dall’art. 173, comma 1, d.lgs. 28 luglio 1989 n. 271.

2.1 Con il primo motivo, censura la decisione impugnata per vizio di motivazione, non avendo il giudice di merito dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato.

2.2 Con il secondo motivo, ugualmente orientato ad eccepire il vizio motivazionale, ha dedotto l’inadeguatezza della motivazione in riferimento alle indicazioni delle ragioni per le quali misure gradate sono state ritenute inidonee e non proporzionate all’entità e gravità dei fatti di reato.

In particolare le modalità del fatto e, soprattutto, il notevole lasso di tempo trascorso avrebbero permesso di escludere il pericolo di reiterazione del reato essendo decorso circa un anno e mezzo dall’accertamento del fatto sino all’adozione della misura cautelare, nel corso del quale l’indagato non è stato coinvolto in ulteriori indagini.

Il notevole lasso di tempo permetterebbe di escludere, con altissimo grado di probabilità, prossimo alla certezza, il pericolo di reiterazione del reato, tenuto conto altresì del fatto che l’accusa è concentrata su un unico ed isolato episodio furtivo.

2.3 Con il terzo motivo, censura l’ordinanza per violazione di legge in ordine alla scelta della misura, non essendo stati osservati i principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità, dettati per le misure cautelari personali.

Il giudice del gravame cautelare non ha motivato adeguatamente sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso una cautela alternativa meno invasiva, limitandosi ad applicare la misura degli arresti domiciliari, peraltro priva del requisito dell’attualità in considerazione del tempo trascorso dalla consumazione del reato

3. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 primo motivo è generico e manifestamente infondato, non avendo il ricorrente opposto elementi specifici a sostegno della sua doglianza.

Sono richiamati principi giurisprudenziali, senza tuttavia prospettare in quale parte della motivazione sulla gravità indiziaria il Tribunale non li avrebbe osservati.

E’ vero che, in tema di appello cautelare, qualora il Tribunale adotti un provvedimento sfavorevole all’indagato, in assenza di sopravvenienze che mutino la piattaforma indiziaria, è tenuto a fornire una motivazione maggiormente incisiva delle ragioni poste a fondamento della decisione (cfr. Sez. 6, n. 17581 del 08/02/2017, omissis, Rv. 269827, così massimata: “In tema di appello cautelare, la riforma in senso sfavorevole all’indagato della decisione impugnata richiede al Tribunale, in assenza di mutamenti del materiale probatorio acquisito, un rafforzato onere motivazionale, che deve confrontarsi con le ragioni del provvedimento riformato e con quelle della difesa, giustificando adeguatamente il diverso rilievo attribuito ai dati acquisiti; tuttavia, diversamente dalla sentenza di condanna che riforma quella assolutoria, non è indispensabile una piena confutazione delle ragioni del provvedimento riformato, in quanto il criterio di giudizio non è la piena prova della responsabilità, ma soltanto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza”). Il principio espresso in relazione alla gravità indiziaria, può essere esteso anche al profilo delle esigenze cautelari.

Tuttavia, anche alla luce delle predette direttive, non si individuano nella motivazione profili di debolezza.

Il Tribunale del riesame ha correttamente ripercorso la vicenda nella sua interezza, ponendo in rilievo i plurimi elementi, gravi, precisi e concordanti, che hanno consentito di individuare nel R. l’autore del furto ai danni della coppia M.- D’A..

E’ stato infatti evidenziato che l’indagato, ripreso dal sistema di videosorveglianza nell’atto di introdursi nella casa dove è avvenuto il furto, è stato riconosciuto dalla stessa moglie a cui è stato mostrato il filmato; e poi è stata altresì adeguatamente sottolineata), la coincidenza del modello dell’auto usata dai ladri con quella dello stesso R., e cosi pure la presenza in zona del medesimo, in coincidenza con l’azione furtiva, constatata attraverso l’esame dei tabulati telefonici.

2. Manifestamente infondati risultano altresì i motivi concernenti la sussistenza delle esigenze cautelari e l’adeguatezza della misura, articolati sia con riferimento al considerevole lasso di tempo trascorso dal fatto e sia per l’asserito difetto di motivazione in ordine alla misura prescelta ed alla eventuale inadeguatezza di altre più lievi.

2.1 Va premesso che, in tema di misure coercitive, il pericolo di reiterazione del reato deve essere non solo concreto – fondato cioè su elementi reali e non ipotetici – ma anche attuale, nel senso che possa formularsi una prognosi in ordine alla continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, fondata sia sulla personalità dell’accusato, desumibile anche dalle modalità del fatto per cui si procede, sia sull’esame delle sue concrete condizioni di vita; tale valutazione prognostica non richiede, tuttavia, la previsione di una “specifica occasione” per delinquere, che esula dalle facoltà del giudice (Sez. 5, n. 33004 del 03/05/2017, omissis, Rv. 271216; Sez. 2, n. 11511 del 14/12/2016, dep. 2017, omissis, Rv. 269684).

Questa Corte (Sez. 5, n. 11250 del 19/11/2018, dep. 2019, omissis, Rv. 277242; Sez. 2, n. 55216 del 18/09/2018, S., Rv. 274085) è ormai ferma nel ritenere che, in tema di misure cautelari, il requisito dell’attualità del pericolo, previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale (condizioni di vita, dati ambientali e di contesto).

E’ opportuno ricordare che l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari non devono essere concettualmente confuse con l’attualità e la concretezza delle condotte criminose, onde il pericolo di reiterazione di cui all’art. 274, comma primo, lett. c) cod. proc. pen., può essere legittimamente desunto dalle modalità delle condotte contestate, anche nel caso in cui esse siano risalenti nel tempo, ove persistano atteggiamenti sintomaticamente proclivi al delitto e collegamenti con l’ambiente in cui il fatto illecito contestato è maturato (Sez. 2, n. 9501 del 23/02/2016, omissis, Rv. 267785).

Ciò posto, il Tribunale del riesame ha offerto corretta applicazione dei criteri valutativi indicati dalla giurisprudenza di questa Corte, allineandosi ai predetti principi ed evidenziando quanto segue: 1) l’organizzazione ed il coordinamento con altri complici per perpetrare il furto. 2) la stabile dedizione alla commissione di reati contro il patrimonio, conclamata dalla recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale; 3) la non manifesta disponibilità di fonti di reddito lecito, a cui è connessa l’elevata probabilità del ricorso ai reati contro il patrimonio per provvedere alle proprie esigenze di vita.

A fronte di tale apparato motivazionale, non manifestamente illogico, il R. non ha fornito spunti di critica effettivi.

2.2 Così pure manifestamente infondato è il motivo di ricorso inerente al profilo della scelta della misura applicata.

Va premesso che, in tema di misure cautelari personali, l’inadeguatezza degli arresti domiciliari in relazione alle esigenze di prevenzione di cui all’art. 274, lett. c) cod. proc. pen. può essere ritenuta quando, alla stregua di un giudizio prognostico fondato su elementi specifici inerenti al fatto, alle motivazioni di esso ed alla personalità dell’indagato, sia possibile prevedere che lo stesso si sottrarrà all’osservanza dell’obbligo di non allontanarsi dal domicilio (Sez. 6, n. 53026 del 06/11/2017, omissis, 7 Rv. 271686). L’adeguatezza della misura in concreto applicata, pertanto, va valutata anche con riferimento alla prognosi di spontaneo adempimento da parte dell’indagato (Sez. 6, n. 53026 del 06/11/2017, omissis, Rv. 271686; Sez. 3, n. 5121 del 04/12/2013, dep. 2014, omissis, Rv. 258832) ed assume particolare rilievo il dato della sua pericolosità (Sez. 6, n. 2852 del 02/10/1998, omissis, Rv. 211755).

Tale valutazione va eseguita soppesando, nella loro globalità, sia gli elementi inerenti alla gravità ed alle circostanze del fatto e sia quelli inerenti alla personalità del prevenuto nel senso che la concessione degli arresti domiciliari è preclusa nella misura in cui – sulla base di dati fattuali concreti, anche desumibili da massime di esperienza, e dunque non meramente astratti o congetturali – sia possibile ritenere che l’imputato si sottragga all’osservanza delle prescrizioni,attraverso il mancato assolvimento degli obblighi connessi all’esecuzione della misura cautelare domestica.

Pertanto, con specifico riferimento ai criteri di scelta delle misure coercitive custodiali, l’adeguatezza degli arresti domiciliari, in relazione alle esigenze di prevenzione di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. può essere ritenuta sia quando elementi specifici in relazione alla personalità del soggetto inducano a ritenere che quest’ultimo possa essere propenso a disubbidire all’ordine di non allontanarsi dal domicilio, in violazione della cautela impostagli, sia quando la gravità del fatto, le motivazioni di esso e la pericolosità dell’indagato depongano nel medesimo senso, ossia per la propensione all’inosservanza delle prescrizioni.

Nella fattispecie, il Tribunale del riesame ha sottolineato l’impossibilità di formulare una prognosi di spontaneo adeguamento alle prescrizioni della gradata misura custodiale per le seguenti ragioni: 1) l’inidoneità degli arresti domiciliari a garantire il continuo monitoraggio delle relazioni del prevenuto, richiesto dalla necessità di recidere i suoi attuali contatti con altri soggetti dediti al crimine, come quelli con cui ha effettivamente cooperato; 2) la recidiva qualificata; 3) l’indisponibilità di fonti di reddito lecito, a cui è connessa la probabilità di ulteriori azioni criminose concernenti reati contro il patrimonio, laddove non sia così cautelato.

3.Consegue alla dichiarazione di inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende. La Cancelleria provvederà agli adempimenti di rito ai sensi dell’art. 28 Reg. Esec. cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di rito ai sensi dell’art. 28 Reg. Esec. cod. proc. pen..

Così deciso in data 11 luglio 2024.

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