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Quando l’elezione di domicilio è invalida per la mancata sottoscrizione del verbale da parte dell’indagato?

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Cass. pen., sez. VI, 09/07/2024 (ud. 09/07/2024, dep. 08/08/2024), n. 32364 (Pres. De Amicis, Rel. Rosati)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava quando la mancata sottoscrizione, da parte dell’indagato, del verbale contenente l’elezione di domicilio ne determina l’invalidità.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte di Appello di Milano respingeva un’istanza di rescissione del giudicato.

Ciò posto, avverso questa decisione proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’istante, deducendo violazione degli artt. 137, 142, 157, 161, 162, 178, 179, 349, 420, 420-bis e 629-bis, cod. pen., nonché degli artt. 24 e 111, Cost., e 6, CEDU, e connessi vizi di motivazione, nella parte in cui l’ordinanza impugnata aveva disatteso l’assunto difensivo per cui l’imputato non aveva avuto effettiva conoscenza del processo, in quanto il decreto di citazione a giudizio gli era stato notificato presso il difensore, da lui nominato di fiducia nonché indicato come domiciliatario in un verbale d’identificazione, che però egli si era rifiutato di sottoscrivere.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il ricorso suesposto infondato.

In particolare, tra le argomentazioni giuridiche che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo cui la mancata sottoscrizione, da parte dell’indagato, del verbale contenente l’elezione di domicilio non ne determina l’invalidità, a meno che non risulti – ciò che però non è accaduto nel caso in rassegna – che costui abbia rifiutato di sottoscrivere l’atto eccependone la difformità rispetto alle dichiarazioni rese o all’intenzione di non dare più corso all’elezione di domicilio (tra le tantissime: Sez. 6, n. 33567 del 15/06/2021; Sez. 1, n. 50973 del 29/10/2019; Sez. 4, n. 24940 del 17/04/2019; Sez. 6, n. 3815 del 15/12/2018).

I risvolti applicativi

La mancata sottoscrizione del verbale di elezione di domicilio da parte dell’indagato non invalida l’atto, a meno che non risulti che questi abbia rifiutato di firmarlo per contestare la difformità o annullare l’elezione.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 6 Num. 32364 Anno 2024

Presidente: DE AMICIS GAETANO

Relatore: ROSATI MARTINO

Data Udienza: 09/07/2024

Data Deposito: 08/08/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da

A. N. (alias A. R.), nato a … il …;

avverso l’ordinanza del 06/03/2024 della Corte di appello di Milano;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Martino Rosati;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Giuseppina Casella, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. A. N. (alias A. R.) impugna l’ordinanza della Corte di appello di Milano del 6 marzo scorso, che ha respinto la sua istanza di rescissione del giudicato, in relazione alla sentenza del Tribunale di Milano del 17 febbraio 2015, irrevocabile dal 4 aprile 2015, che lo ha condannato per i delitti di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, commessi il 7 luglio 2009.

2. Il ricorso lamenta la violazione degli artt. 137, 142, 157, 161, 162, 178, 179, 349, 420, 420-bis e 629-bis, cod. pen., nonché degli artt. 24 e 111, Cost., e 6, CEDU, e connessi vizi di motivazione, nella parte in cui l’ordinanza impugnata ha disatteso l’assunto difensivo per cui l’imputato non avesse avuto effettiva conoscenza del processo, in quanto il decreto di citazione a giudizio gli era stato notificato presso il difensore, da lui nominato di fiducia nonché indicato come domiciliatario in un verbale d’identificazione, che però egli si era rifiutato di sottoscrivere.

Tale dichiarazione di domicilio, dunque, in quanto priva di sottoscrizione e della necessaria autenticazione di quest’ultima, sarebbe stata inesistente, e comunque non valida né efficace. Inoltre, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte d’appello, nessuna norma processuale fa carico all’interessato di eccepire l’invalidità della dichiarazione di domicilio all’atto della redazione del verbale d’identificazione, gravando piuttosto sul verbalizzante, in caso di rifiuto di firmare dell’interessato, l’obbligo di specificarne il motivo: ciò che, invece, nel caso in esame, non è stato fatto.

Rammenta, inoltre, la difesa: che, a norma dell’art. 420-bis, lett. a), cod. proc. pen., l’atto di citazione in giudizio dell’imputato dev’essergli notificato a mani proprie oppure a persona da lui espressamente delegata; e che, infine, non esisteva alcun rapporto fiduciario ed informativo tra c… difensore

dell’epoca, tanto da essere stato quest’ultimo deferito al Consiglio dell’Ordine professionale per le sue reiterate assenze in udienza.

3. Ha depositato requisitoria scritta il Procuratore generale, concludendo per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’impugnazione è inammissibile, per la manifesta infondatezza dei motivi.

2. Vi era in atti un’elezione di domicilio dell’imputato ed il decreto di citazione a giudizio gli è stato notificato nel domicilio eletto ed a mani del domiciliatario, ovvero il suo difensore di fiducia: circostanza, questa, che consente di ritenere per via deduttiva la sicura conoscenza del procedimento da parte dell’imputato (vds. Sez. 6, n. 21997 del 18/06/2020, omissis, Rv. 279680).

Di tanto, semmai necessario, si trae ulteriore conferma logica, nel caso in rassegna, dal fatto che il difensore di fiducia e domiciliatario abbia pure partecipato all’udienza indicata nell’atto introduttivo del giudizio, senza nulla eccepire. In proposito, soccorre anche sotto questo profilo la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in tema di rescissione del giudicato, la presenza all’udienza preliminare (e a maggior ragione – come nel caso in esame – a quella dibattimentale) del difensore di fiducia domiciliatario, nominato in fase di indagini preliminari, senza che siano sollevati rilievi sul rapporto fiduciario, consente di ritenere lo stesso realmente instaurato, sicché deve ritenersi effettiva la conoscenza del processo da parte dell’imputato, che legittima il giudizio in sua assenza, nonostante la mancata partecipazione del difensore a buona parte delle udienze (Sez. 2, n. 6057 del 13/01/2022, omissis, Rv. 282813).

Per contro, l’assunto difensivo della mancanza di qualsiasi rapporto tra tale avvocato e l’imputato, e comunque dell’assenza della conoscenza del processo da parte di quest’ultimo, non è sorretto da alcuna circostanza di fatto, rimanendo perciò puramente assertivo.

3. Inoltre, per giurisprudenza largamente maggioritaria, che il Collegio condivide, la mancata sottoscrizione, da parte dell’indagato, del verbale contenente l’elezione di domicilio non ne determina l’invalidità, a meno che non risulti – ciò che però non è accaduto nel caso in rassegna – che costui abbia rifiutato di sottoscrivere l’atto eccependone la difformità rispetto alle dichiarazioni rese o all’intenzione di non dare più corso all’elezione di domicilio (tra le tantissime: Sez. 6, n. 33567 del 15/06/2021, omissis, Rv. 281931; Sez. 1, n. 50973 del 29/10/2019, omissis, Rv. 277827; Sez. 4, n. 24940 del 17/04/2019, omissis, Rv. 276456; Sez. 6, n. 3815 del 15/12/2018, dep. 2019, omissis, Rv.

274980). Del resto, il verbale è atto del pubblico ufficiale redattore, che attesta la veridicità di quanto ivi rappresentato e che, pertanto, necessit… di specifica contestazione dei contenuti, secondo la regola generale valevole per gli atti pubblici.

Irrilevante, da ultimo, è la mancata indicazione, da parte del pubblico ufficiale, del motivo del rifiuto del dichiarante di sottoscrivere l’atto, trattandosi di semplice irregolarità priva di sanzione processuale.

4. All’inammissibilità del ricorso consegue obbligatoriamente – ai sensi dell’art. 616, cod. proc. pen. – la condanna del proponente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Detta somma, considerando la manifesta inconsistenza delle doglianze, va fissata in tremila euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2024.

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