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Ricorso in Cassazione per omessa pronuncia su condanna alle spese della parte civile nella sentenza di appello: è possibile?

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Cass. pen., sez. V, 21/02/2024 (ud. 21/02/2024, dep. 14/03/2024), n. 10876 (Pres. Miccoli, Rel. Sgubbi)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Cassazione nel caso di specie, riguardava se sia possibile ricorrere per Cassazione avverso una sentenza di appello che abbia omesso di pronunciarsi in ordine alla condanna dell’imputato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile.

Ma, prima di esaminare come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Tribunale di Genova condannava l’imputato alla pena di giustizia per i reati di cui agli artt. 494 e 660 cod. pen. commessi nel 2015 ai danni di una persona, costituitosi parte civile.

Ciò posto, la Corte di Appello di Genova, dal canto suo, decidendo sull’appello proposto dall’imputato, aveva preso atto che, tenuto conto degli atti interruttivi della prescrizione, uno dei reati contestati non si era ancora prescritto, mentre era da ritenersi prescritto l’altro reato oggetto di questo processo, fermo restando che, con riguardo al primo illecito penale, la Corte territoriale aveva accolto il motivo di appello dell’imputato e riconosciuto in suo favore la causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen..

Orbene, avverso tale decisione, sia l’imputato, che la parte civile, proponevano ricorso per Cassazione.

In particolare, per quello che rileva in questa sede, la parte civile deduceva violazione di legge processuale e vizio di motivazione, con riferimento alle statuizioni civili.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte accoglieva il ricorso suesposto.

Nel dettaglio, gli Ermellini – dopo avere preso atto che, sia la presa d’atto della sopravvenuta prescrizione (rispetto ad una sentenza di condanna in primo grado), che la pronuncia resa ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., non esoneravano la Corte di Appello dal pronunciarsi sulla responsabilità civile dell’imputato – osservavano come sempre questa Corte territoriale avesse altresì omesso di pronunciare la condanna dell’imputato appellante alla rifusione delle spese processuali del grado e, quindi, non essendosi trattato della mera omissione della quantificazione del quantum dovuto (in tal caso avrebbe potuto provvedervi la Corte di Cassazione: cfr. Sez. 5, n. 57028 del 22/10/2018,), bensì della radicale omissione di pronuncia sul punto, per i giudici di piazza Cavour, la sentenza impugnata andava annullata alla stregua del seguente orientamento nomofilattico: «È ricorribile per cassazione la sentenza di appello che abbia omesso di pronunciarsi in ordine alla condanna dell’imputato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, trattandosi di emenda non automatica e predeterminata – e, pertanto, non rimediabile con il ricorso alla procedura di cui all’art. 130 cod. proc. pen. – ma implicante valutazioni sia in ordine all’ammissibilità della relativa domanda che in ordine all’entità della liquidazione, che ben può essere neutralizzata da una possibile compensazione» (Sez. 5, n. 33135 del 22/09/2020).

I risvolti applicativi

La sentenza di appello può essere impugnata in Cassazione se non si è pronunciata sulla condanna dell’imputato al rimborso delle spese della parte civile atteso che tale lacuna non può essere colmata con la procedura di cui all’art. 130 del codice di procedura penale poiché richiede valutazioni sulla domanda stessa e sull’importo da liquidare, fermo restando che codesta situazione può essere risolta ricorrendo alla compensazione.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 5 Num. 10876 Anno 2024

Presidente: MICCOLI GRAZIA ROSA ANNA

Relatore: SGUBBI VINCENZO

Data Udienza: 21/02/2024

Data Deposito: 14/03/2024

SENTENZA

sui ricorsi proposti:

dalla parte civile S. D. nato a … il …

nonché dall’imputato

M. J. nato a … il …

avverso la sentenza del 31/05/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO SGUBBI;

sentite le conclusioni il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PAOLA FILIPPI che ha concluso riportandosi alla memoria depositata, nel senso dell’accoglimento del ricorso della parte civile; con riferimento al ricorso dell’imputato, ha chiesto integrarsi il dispositivo della sentenza impugnata mediante il riferimento all’intervenuta prescrizione del reato di cui al capo B, con declaratoria di inammissibilità del ricorso nel resto.

Il Difensore della parte civile ha depositato conclusioni scritte, nel senso dell’inammissibilità del ricorso dell’imputato e dell’accoglimento del proprio ricorso, corredate da nota spese.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Genova, con sentenza dell’11 marzo 2021, ha condannato J. M. alla pena di giustizia per i reati di cui agli artt. 494 e 660 cod. pen. commessi nel 2015 ai danni di D. S., costituitosi parte civile.

È stata nell’occasione pronunciata condanna generica al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile, nonché condanna dell’imputato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel primo grado di giudizio, liquidate in euro 1700 oltre accessori.

La Corte di appello di Genova, con sentenza del 31 maggio 2023, decidendo sull’appello proposto dall’imputato, ha preso atto che, tenuto conto degli atti interruttivi della prescrizione, il reato di cui al capo A (art. 494 cod. pen.) non era ancora prescritto, in quanto il relativo termine sarebbe maturato il successivo 20 giugno 2023, mentre – stando alla motivazione della sentenza, il cui dispositivo è parzialmente dissonante – era da ritenersi prescritto il reato di cui al capo B.

Con riguardo al reato di cui al capo A, la Corte ha accolto il motivo di appello dell’imputato e riconosciuto in suo favore la causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen.

In tal senso, il dispositivo della sentenza di appello recita: «in riforma della sentenza… assolve il predetto dal reato ascrittogli perché non punibile per particolare tenuità del fatto».

2. Hanno proposto ricorso per cassazione parte civile e imputato, a mezzo dei rispettivi difensori.

3. La parte civile, con unico motivo, deduce violazione di legge processuale e vizio di motivazione, con riferimento alle statuizioni civili.

Ricorda come l’appello dell’imputato si riferisse anche al reato di cui al capo B ed evidenzia come, comunque, la prescrizione dello stesso non sia stata dichiarata nel dispositivo, che sembra riferirsi al solo capo A.

In ogni caso, sia per il reato prescritto che per quello oggetto di pronuncia ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. la Corte di appello non avrebbe potuto esimersi dal pronunciarsi sulle pretese civilistiche e richiama la sentenza n. 173 del 12 luglio 2022 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 538 cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, decide sulla domanda per le

restituzioni e il risarcimento del danno proposta dalla parte civile.

Al contrario, la Corte di appello non soltanto non ha condannato l’imputato alla rifusione delle spese del grado in favore della parte civile, ma ha pronunciato un dispositivo di “riforma”, e non di “parziale riforma”, senza la formula di chiusura “conferma nel resto”, con conseguente obliterazione della già pronunciata condanna generica al risarcimento e della condanna alla rifusione delle spese del primo giudizio in favore della parte civile.

Ritiene che la Corte di cassazione possa emendare tutti questi errori annullando la sentenza senza rinvio.

4. L’imputato, con unico motivo, deduce violazione di legge perché la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare prescritti entrambi i reati: quello di cui al capo B perché il relativo termine era decorso, come riconosciuto anche dalla motivazione della sentenza; quello di cui al capo A, perché il relativo termine è maturato comunque, per espressa indicazione della Corte stessa, dopo la lettura del dispositivo e prima del deposito della sentenza di secondo grado.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Prima di passare all’esame del ricorso della parte civile, occorre considerare che «la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione prevale sulla esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen., in quanto essa, estinguendo il reato, rappresenta un esito più favorevole per l’imputato, mentre la seconda lascia inalterato l’illecito penale nella sua materialità storica e giuridica» (Sez. 1, n. 43700 del 28/09/2021, omissis, Rv. 282214).

Dunque, il percorso motivazionale della Corte di appello è corretto, laddove, pur giudicando complessivamente di lieve entità l’episodio giudicato, ha ritenuto di prendere atto della maturata prescrizione con riguardo al reato di cui al capo B e di pronunciarsi ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. solo con riferimento al reato di cui al capo A: sul punto la motivazione è chiara e condivisibile, ma la Corte ha poi concretamente omesso di pronunciare l’estinzione del reato di cui al capo B per intervenuta prescrizione nel dispositivo.

2. In ogni caso, sia la presa d’atto della sopravvenuta prescrizione (rispetto ad una sentenza di condanna in primo grado) che la pronuncia resa ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. non esoneravano la Corte di appello dal pronunciarsi sulla responsabilità civile dell’imputato: ciò ai sensi, rispettivamente, dell’art. 578 cod. proc. pen. e dell’art. 538 dello stesso codice, come risultante dalla pronuncia di parziale illegittimità costituzionale ricordata in premessa.

Del resto, la pronuncia sulla responsabilità civile vi è stata, all’esito del primo giudizio, ma quello che risulta dal dispositivo della sentenza di secondo grado, sul punto, non può considerarsi un mero errore materiale per omissione (cui la Corte di cassazione potrebbe rimediare, ai sensi dell’art. 130, comma 1, cod. proc. pen., sul presupposto della non inammissibilità del ricorso della parte civile): infatti, dall’orizzonte motivazionale della sentenza di secondo grado la parte civile è letteralmente scomparsa e, pertanto, non si può dire che l’omissione di pronuncia su tutte le statuizioni civili (mediante condanna alle spese processuali del grado in favore della parte civile e mediante clausola di “conferma” delle statuizioni civili di primo grado) corrisponda ad un mero errore, immediatamente evincibile dall’esame della motivazione.

Inoltre, come si è detto, la Corte territoriale ha omesso di pronunciare la condanna dell’imputato appellante alla rifusione delle spese processuali del grado.

Anche sul punto, non essendosi trattato della mera omissione della quantificazione del quantum dovuto (in tal caso avrebbe potuto provvedervi la Corte di cassazione: cfr. Sez. 5, n. 57028 del 22/10/2018, omissis, Rv. 274378), bensì della radicale omissione di pronuncia sul punto, la sentenza va annullata: «È ricorribile per cassazione la sentenza di appello che abbia omesso di pronunciarsi in ordine alla condanna dell’imputato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, trattandosi di emenda non automatica e predeterminata – e, pertanto, non rimediabile con il ricorso alla procedura di cui all’art. 130 cod. proc. pen. – ma implicante valutazioni sia in ordine all’ammissibilità della relativa domanda che in ordine all’entità della liquidazione, che ben può essere neutralizzata da una possibile compensazione» (Sez. 5, n. 33135 del 22/09/2020, omissis, Rv. 279833).

In definitiva, dunque, il ricorso della parte civile va accolto, dal momento che la pronuncia resa dalla Corte territoriale comportava necessariamente la condanna alle statuizioni civili, discendente sia dalla declaratoria di prescrizione che dalla applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.; e tale pronuncia, come si è detto, è stata radicalmente omessa.

L’annullamento, ai sensi dell’art. 622 cod. proc. pen., comporta il rinvio della decisione al giudice civile competente per valore in grado di appello.

3. È inammissibile, in quanto manifestamente infondato, il ricorso dell’imputato.

3.1. Il ricorrente non contesta le modalità di determinazione del tempo necessario a prescrivere, cui. si è attenuta la Corte di appello nell’individuare il termine di prescrizione del reato di cui al capo A, ma ritiene che la prescrizione, pur non ancora maturata al momento della lettura del dispositivo, dovesse tuttavia essere dichiarata dalla Corte di appello, essendo destinata a maturare nel termine per la redazione della sentenza ai sensi dell’art. 544, comma 3, cod. proc. pen.

Va invece ribadito che «ai fini del computo della prescrizione rileva il momento della lettura del dispositivo della sentenza di condanna e non quello successivo del deposito della stessa (In applicazione del principio, la Corte ha escluso che il reato si fosse prescritto, in quanto il termine relativo era decorso nelle more tra la lettura del dispositivo e il deposito della sentenza)» (Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, omissis, Rv. 277593; conf.: Sez. 1, n. 20432 del 27/01/2015, omissis, Rv. 263365; Sez. 7, n. 38143 del 13/02/2014, omissis, Rv. 262615; Sez. 3, n. 18046 del 09/02/2011, omissis, Rv. 250328; Sez. 5, n. 46231 del 04/11/2003, omissis, Rv. 227575).

Né, naturalmente, la Corte di cassazione può dichiarare la prescrizione del reato di cui al capo A, nemmeno ai sensi dell’art. 609, comma 2, cod. proc. pen., dal momento che l’inammissibilità del ricorso impedisce l’instaurazione di un valido rapporto processuale di impugnazione (cfr., in motivazione, Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, omissis, Rv. 266818; Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, omissis, Rv. 231164; Sez. U, n. 33542 del 27/06/2001, omissis, Rv. 219531); il disposto dell’art. 129 cod. proc. pen., coordinato con l’art. 609, comma 2, cod. proc. pen., «si rende operativo, in quanto abbia avuto esito positivo il previo scrutinio sulla ammissibilità dell’impugnazione» (Sez. U, n. 40150 del 21/06/2018, omissis, Rv. 273551, in motivazione).

3.2. L’ulteriore profilo che il ricorso lamenta corrisponde non già ad un’omessa pronuncia, bensì ad un mero errore materiale per omissione, in cui la Corte di appello è ancora una volta caduta laddove, nel dispositivo, non ha riportato la statuizione in merito alla prescrizione del reato di cui al capo B. Sul punto, come si è visto, la motivazione è chiara e dunque tale da prevalere sul dispositivo (cfr. per tutte Sez. 3, n. 2351 del 18/11/2022, dep. 2023, omissis, Rv. 284057).

Al rimedio dell’errore, però, la Corte di cassazione non può provvedere, in ragione dell’inammissibilità del ricorso dell’imputato (cfr. art. 130, comma 1, cod. proc. pen.); sicché l’istanza ai sensi dell’art. 130 cod. proc. pen. va rivolta al giudice che ha pronunciato il provvedimento contenente l’errore.

4. Alla declaratoria di inammissibilità del suo ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’omessa pronunzia sulle statuizioni civili e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello.

Dichiara inammissibile il ricorso dell’imputato, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

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