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Come va dedotta in Cassazione la violazione dell’art. 192 e dell’art. 533 cod. proc. pen.?

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Cass. pen., sez. I, 16/02/2024 (ud. 16/02/2024, dep. 07/03/2024), n. 9860 (Pres. Centofanti, Rel. Aprile)

(Riferimenti normativi: Cod. proc. pen., artt. 192, 533, 606)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, che la Cassazione ha affrontato nella decisione qui in esame, riguardava come va dedotta in sede di legittimità la violazione dell’art. 192 e dell’art. 533 cod. proc. pen..

Difatti, nel procedimento, in occasione del quale è stata emessa la pronuncia in oggetto, a fronte del fatto che la Corte di Appello di Caltanissetta aveva confermato una sentenza pronunciata dal Tribunale con la quale l’imputato era stato condannato alla pena di anni due di reclusione ed euro 7.000 di multa per il reato previsto e punito dagli artt. 1 e 7 della L., 2 ottobre, 1967, n. 895, avverso questa decisione il difensore dell’accusato proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costui deduceva violazione di legge, in riferimento agli artt. 192 e 533 cod. proc. pen., oltre che vizio della motivazione con riguardo alla responsabilità.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La doglianza summenzionata era reputata infondata sulla scorta di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale la violazione dell’art. 192 e dell’art. 533 cod. proc. pen., per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, ai sensi del predetto art. 606, comma 1, lett. c), giacché l’inosservanza dell’art. 192 e dell’art. 533 cod. proc. pen. non è in tal modo sanzionata (Sez. U n. 29541 del 16/07/2020), né vale in senso contrario la qualificazione del vizio dedotto operata dal ricorrente come error in iudicando in iure ai sensi della lett. b) dell’art. 606 cod. proc. pen., posto che tale disposizione, per consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, riguarda solo l’errata applicazione della legge sostanziale; ne risulterebbe, altrimenti, l’aggiramento del limite (posto dalla citata lett. c) dello stesso articolo) della possibilità di denunciare la violazione di norme processuali solo quando determina una invalidità, trattandosi, in effetti, di regole di giudizio dalla violazione delle quali non discende alcuna nullità, ma, semmai, un vizio della motivazione che, però, deve essere dedotto negli specifici limiti dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen..

I risvolti applicativi

La violazione dell’art. 192 e dell’art. 533 cod. proc. pen., per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, può essere dedotta, nel ricorso per Cassazione, in relazione a quanto previsto dall’art. 606, co. 1, lett. e), cod. proc. pen., ossia per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame, a nulla, invece, rilevando, l’error in iudicando in iure di cui alla lett. b) dell’art. 606 cod. proc. pen..

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 1 Num. 9860 Anno 2024

Presidente: CENTOFANTI F.

Relatore: APRILE STEFANO

Data Udienza: 16/02/2024

Data Deposito: 07/03/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

M. F. nato a … il …

avverso la sentenza del 23/05/2023 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO APRILE;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore OLGA MIGNOLO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

udito il difensore avvocato L. G. C. M., per M., che conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Enna in data 12 maggio 2022 con la quale F. M. è stato condannato alla pena di anni due di reclusione ed euro 7.000 di multa per la cessione illegale di due pistole a C. C., reato previsto e punito dagli artt. 1 e 7 I. 2 ottobre 1967, n. 895.

1.1. Con concorde valutazione di entrambi i giudici di merito è stata affermata la responsabilità dell’imputato per il reato sopra indicato sulla base delle videoriprese dell’incontro con l’acquirente, dei preesistenti contatti con lo stesso e della mancanza di segni o tracce della supposta rapina nell’ambito della quale l’imputato avrebbe perso il possesso delle armi da fuoco, una delle quali è stata successivamente rinvenuta in possesso di C., ex fidanzato della figlia dell’imputato.

2. Ricorre F. M., a mezzo del difensore avv. M. L. G., che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato, denunciando:

– la violazione di legge, in riferimento agli artt. 192 e 533 cod. proc. pen., e il vizio della motivazione con riguardo alla responsabilità. Non esiste alcun elemento di prova diretta della cessione delle armi, ma unicamente delle presunte contraddizioni nelle dichiarazioni rese dall’imputato e dalla figlia I.

M.. È stato quindi violato il principio del ragionevole dubbio (primo motivo);

– il vizio della motivazione con riguardo all’entità della pena, anche in riguardo delle circostanze attenuanti generiche, alla luce dei motivi dell’atto di appello cui non è stata data risposta (secondo motivo).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non è fondato, anche se sono presenti doglianze inammissibili.

2. È manifestamente infondato il primo motivo con il quale si deduce la violazione dell’art. 192 e dell’art. 533 cod. proc. pen., per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, ai sensi del predetto art. 606, comma 1, lett. c), giacché l’inosservanza dell’art. 192 e dell’art. 533 cod. proc. pen. non è in tal modo sanzionata (Sez. U n. 29541 del 16/07/2020, omissis, Rv. 280027); né vale in senso contrario la qualificazione del vizio dedotto operata dal ricorrente come error in iudicando in iure ai sensi della lett. b) dell’art. 606 cod. proc. pen., posto che tale disposizione, per consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, riguarda solo l’errata applicazione della legge sostanziale; ne risulterebbe, altrimenti, l’aggiramento del limite (posto dalla citata lett. c) dello stesso articolo) della possibilità di denunciare la violazione di norme processuali solo quando determina una invalidità.

2.1. Si tratta, in effetti, di regole di giudizio dalla violazione delle quali non discende alcuna nullità, ma, semmai, un vizio della motivazione che, però, deve essere dedotto negli specifici limiti dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.

Sotto tale profilo, però, il ricorso è generico in quanto non si confronta con la sentenza impugnata e con quella del giudice di primo grado, ampiamente richiamata dal giudice d’appello, che ha evidenziato l’interesse di C. all’acquisto dell’arma; l’esistenza di un legame affettivo tra C. e la figlia di M.; i contatti intercorsi proprio a cavallo dell’acquisto dell’arma effettuato da M. in data 13 aprile 2016 ore 12:40; il successivo incontro dei tre, tutt’altro che occasionale perché preceduto da serrati contatti, presso un esercizio pubblico; la circostanza che M. e C. si sono appartati per qualche minuto, al di fuori del raggio di azione delle videocamere; la circostanza che M. ha denunciato la rapina pochi minuti dopo, senza saper nemmeno descrivere il veicolo utilizzato dagli aggressori e omettendo di riferire dei contatti e dell’incontro avuto con C.; della circostanza che una delle armi acquistate è stata poi sequestrata in possesso di C..

I giudici di merito hanno, inoltre, posto in evidenza le gravi contraddizioni nelle quali è caduto l’imputato, nonché la figlia, proprio con riferimento ai contatti precedenti e successivi all’acquisto dell’arma nonché in merito all’incontro con C. poco prima di subire la presunta rapina delle armi.

2.2. In sostanza, il ricorso, senza confrontarsi con i numerosi elementi indiziari, tutti giudicati convergenti e gravi nei confronti dell’imputato, si limita a sottolineare che lo scambio delle armi non è stato ripreso dalle videocamere e che le contraddizioni non risultano decisive, con ciò però formulando delle deduzioni confutative e generiche.

3. Il secondo motivo di ricorso è, invece, infondato.

3.1. Il motivo di ricorso sul trattamento sanzionatorio è infondato poiché la pena detentiva inflitta è pari al minimo edittale, mentre quella pecuniaria è di poco superiore a detto limite inferiore, mentre il ricorso non sviluppa una critica adeguata a superare la logica valutazione compiuta dal primo giudice cui si è rifatto il giudice di appello.

3.2. Non è, invece, consentita alcuna censura sull’omessa pronuncia relativa alla richiesta di applicazione delle circostanze attenuanti ex art. 62-bis cod. pen. posto che la generica richiesta contenuta nell’atto di appello (priva di riferimento ad elementi di segno positivo, tale non potendosi considerare lo stato di incensuratezza, già valutato dal primo giudice) non imponeva ai giudici di secondo grado alcuna motivazione: il motivo di appello era ab origine inammissibile.

4. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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