Cass. pen., sez. VI, 7/10/2025 (ud. 7/10/2025, dep. 8/10/2025), n. 33387 (Pres. Aprile, Rel. Criscuolo)
Indice
- La questione giuridica
- Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica
- I risvolti applicativi
- Sentenza commentata
La questione giuridica
Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava se, in tema di mandato di arresto europeo, siano ammissibili le censure che involgono l’accertamento del radicamento del soggetto richiesto nel territorio dello Stato.
Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.
La Corte di Appello di Firenze disponeva la consegna all’Autorità giudiziaria francese di un cittadino polacco, destinatario di mandato di arresto europeo emesso dal Tribunale di Parigi in forza di sentenza di condanna esecutiva, benché non definitiva, alla pena di 3 anni di reclusione per i reati di truffa e falso, ritenuta la completezza del mandato di arresto, sussistente il requisito della doppia incriminazione ed assenti le cause ostative di cui agli artt. 18 e 18 bis L. n. 69/05, non ritenendo provato il radicamento in Italia della persona richiesta.
Ciò posto, avverso codesta decisione proponeva ricorso per Cassazione il difensore.
Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica
Il Supremo Consesso riteneva il ricorso suesposto infondato.
In particolare, tra le argomentazioni che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, in tema di mandato di arresto europeo sono inammissibili le censure che involgono l’accertamento del radicamento del soggetto richiesto nel territorio dello Stato, le quali, pur dedotte quale vizio di violazione di legge, attengono in realtà alla motivazione della decisione, atteso che l’art. 22 della legge 22 aprile 2005, n. 69, come modificato dall’art. 18 del d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, non ammette avverso la sentenza resa dalla Corte di appello sulla richiesta di consegna il ricorso per cassazione per vizi di motivazione (Sez. 6, n.41074 del 10/11/2021).
I risvolti applicativi
Nel mandato d’arresto europeo, sono inammissibili le censure relative al radicamento del soggetto richiesto nel territorio dello Stato.
Sentenza commentata
Penale Sent. Sez. 6 Num. 33387 Anno 2025
Presidente: APRILE ERCOLE
Relatore: CRISCUOLO ANNA
Data Udienza: 07/10/2025
Data Deposito: 08/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
S. U. E., nata in … il …
avverso la sentenza del 05/09/2025 della Corte di appello di Firenze
letti gli atti, il ricorso e il provvedimento impugnato;
udita la relazione del Consigliere Anna Criscuolo;
udite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Silvia Salvadori, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Firenze ha disposto la consegna all’Autorità giudiziaria francese di S. U. E., destinataria di mandato di arresto europeo emesso dal Tribunale di Parigi il 15 luglio 2025 in forza di sentenza di condanna esecutiva, benché non definitiva, alla pena di 3 anni di reclusione per i reati di truffa e falso, ritenuta la completezza del mandato di arresto, sussistente il requisito della doppia incriminazione ed assenti le cause ostative di cui agli artt. 18 e 18 bis I. n. 69/05, non ritenendo provato il radicamento in Italia della persona richiesta.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore della S., che ne chiede l’annullamento per i seguenti motivi:
2.1. violazione dell’art. 18 bis I. n. 69/05 ed omessa valutazione del radicamento della ricorrente, che risiede stabilmente in Italia dal 2018-2019 e dal 2024 in Castiglion Fiorentino, ove vive in un immobile acquistato nel 2013, ristrutturato e attualmente di proprietà del figlio in forza di contratto del 2023; è integrata nella società italiana e non ha più alcun legame con la Francia. La valutazione di tali elementi avrebbe dovuto indurre la Corte di appello a rifiutare la consegna ai sensi dell’art. 18 bis, comma 2, lett. b) I. 69/05;
2.2. erronea applicazione dell’art. 19, comma 2, I. n.69/05 e omessa applicazione della disciplina che in presenza di sentenza non definitiva, come nel caso di specie, subordina la consegna alla garanzia del rinvio in Italia del consegnando radicato per l’esecuzione della pena. Evidenzia che la sentenza del Tribunale di Parigi non è definitiva, essendo pendente l’appello proposto il 15 luglio 2025, e, poiché la ricorrente è radicata in Italia da cinque anni, la consegna doveva essere subordinata al rinvio in Italia per l’esecuzione della pena, risultando altrimenti violati i principi costituzionali di reinserimento sociale e la finalità rieducativa della pena;
2.3. vizio di motivazione e travisamento della sentenza francese, atteso che, diversamente da quanto affermato in sentenza, la sentenza francese dà atto che la ricorrente non lavora in Francia dal 2016; che l’unico immobile posseduto a Parigi è stato venduto all’asta nel 2020 e il ricavato è stato destinato al creditore ipotecario ed al risarcimento del danno;
2.4. violazione dell’art. 1, comma 3, I. 69/05 per avere la Corte di appello correttamente affermato che la sentenza è esecutiva, ma non definitiva, senza però bilanciare tale dato con le disposizioni di cui agli artt. 18 bis e 19 I. cit. applicabili nel caso di specie;
2.5. vizio di motivazione e apparenza della stessa per omessa considerazione della documentazione prodotta e delle prove, attestanti la stabile e continuativa presenza ultraquinquennale in Italia della ricorrente;
2.6. interesse della ricorrente a scontare la pena in Italia per il reinserimento e l’integrazione, che giustifica il rifiuto della consegna.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non deducibili nonché reiterativi e manifestamente infondati.
Il ricorso ripropone la questione del radicamento della ricorrente e della completezza della documentazione offerta in contrapposizione alla valutazione di insufficienza e inidoneità espressa dalla Corte di appello, trascurando l’ampia e lineare motivazione resa, ingiustificatamente tacciata di apparenza, e la corretta interpretazione degli artt. 18 bis e 19, comma 2, I. n. 69/05.
Va ribadito che in tema di mandato di arresto europeo sono inammissibili le censure che involgono l’accertamento del radicamento del soggetto richiesto nel territorio dello Stato, le quali, pur dedotte quale vizio di violazione di legge, attengono in realtà alla motivazione della decisione, atteso che l’art. 22 della legge 22 aprile 2005, n. 69, come modificato dall’art. 18 del d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, non ammette avverso la sentenza resa dalla Corte di appello sulla richiesta di consegna il ricorso per cassazione per vizi di motivazione (Sez. 6, n.41074 del 10/11/2021, omissis, Rv. 282260).
Con varie declinazioni i motivi di ricorso- primo, secondo, terzo e quinto- si concentrano sul tema del radicamento della ricorrente, adducendo circostanze di fatto, già valutate dai giudici di merito con giudizio che si sottrae a censure per coerenza e completezza, specie alla luce dell’integrazione probatoria disposta proprio al fine di acquisire riscontri della prospettazione difensiva, invece, mancanti. All’analitica disamina della documentazione prodotta, il ricorso contrappone l’affermazione di idoneità delle prove offerte, invero, ritenute idonee a provare una mera frequentazione di Castiglion Fiorentino, ma non una residenza stabile della ricorrente.
Risulta, infatti, incensurabile la ritenuta inidoneità del dato formale della residenza anagrafica acquisita dalla ricorrente nel 2024 con rilascio della carta di identità nel novembre di quell’anno in mancanza di produzione, pur richiesta dalla Corte di appello, del certificato storico di residenza, esso sì reputato idoneo a provarne la stabilità da almeno un quinquennio.
La Corte territoriale ha esaminato ogni documento prodotto dalla difesa e ha giustificato con argomentazione specifica il giudizio di inidoneità espresso (pag. 2 della sentenza impugnata) in ragione della genericità dei dati oggettivi e dichiarativi offerti, in particolare, all’esito degli accertamenti delegati alla Polizia locale di … (pag. 3).
Neppure è ravvisabile il dedotto travisamento della sentenza francese, avendo la Corte di appello coerentemente rilevato dal contenuto della sentenza che la ricorrente viveva, lavorava ed operava in Francia dove ha commesso i reati nell’arco di otto anni, sino al 2016, avendo lì il proprio centro di interessi e la residenza principale, essendo l’abitazione italiana solo una abitazione secondaria.
2. Corretto è, inoltre, il riferimento all’orientamento di questa Corte che esclude l’opponibilità del rifiuto facoltativo della consegna della persona stabilmente residente in presenza di una sentenza esecutiva, ma non definitiva, essendo l’esecuzione della pena nello Stato richiesto subordinata alla definitività della sentenza di condanna
Questa Corte ha, infatti, da tempo ritenuto legittima l’emissione di un mandato di arresto europeo sulla base di una sentenza di condanna esecutiva, ma non definitiva, in quanto l’art. 8, par. 1, lett. c), della decisione quadro n. 2002/584/GAI del 13 giugno 2002 conferisce rilievo alla sola “esecutività” e non alla “irrevocabilità” della sentenza, quale condizione essenziale del sistema di cooperazione finalizzato alla consegna delle persone ricercate tra gli Stati membri dell’Unione europea (Sez. 6, n. 42159 del 16/11/2010, omissis, Rv. 248689 e, da ultimo, Sez. 6, n. 23117 del 18/06/2025, omissis, Rv. 288241 relativa a un mandato di arresto emesso dall’autorità giudiziaria francese sulla base di una sentenza di primo grado, appellata, ma già esecutiva secondo l’ordinamento processuale di quello Stato).
Tuttavia, nel caso di specie è assorbente la mancanza di prova del radicamento della ricorrente.
3.Per le ragioni esposte il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, equitativamente determinata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69/2005.
Così deciso, 7 ottobre 2025.