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Inapplicabilità dell’art. 625-bis codice di procedura penale alla mancanza di esame delle censure difensive: quando ricorre?

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Cass. pen., sez. I, 25/01/2024 (ud. 25/01/2024, dep. 24/04/2024), n. 17202 (Pres. Mancuso, Rel. Centonze)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava quando non è in nessun caso deducibile, ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen., la mancanza di espressa disamina di censure difensive.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Un condannato proponeva ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen. avverso una sentenza emessa il 17 marzo 2023 dalla Corte di cassazione, Quinta Sezione penale, proponendosi un’unica doglianza con cui si censurava l’errore di fatto nel quale era incorsa la Corte di Cassazione, nel ritenere tardiva la richiesta di giudizio abbreviato formulata dalla difesa, che discendeva dall’erronea individuazione del momento di tale formulazione, che doveva essere ricondotto all’istanza di restituzione nel termine presentata ex art. 175, comma 2, cod. proc. pen., oggetto di accoglimento.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte riteneva il ricorso proposto inammissibile.

In particolare, gli Ermellini, in riferimento alla censura difensiva consistente nell’omissione dell’esame di uno o più motivi del ricorso per Cassazione, consideravano come tale omissione quand’anche sussistente in astratto, si fosse risolta in un difetto di motivazione, che, sempre in astratto, non significava, né affermazione né negazione di alcuna realtà processuale, ma semplicemente mancata risposta a una censura.

In altri termini, per i giudici di piazza Cavour, non è in nessun caso deducibile, ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen., la mancanza di espressa disamina di censure difensive che non siano decisive o che debbano considerarsi disattese, perché incompatibili con la struttura e con l’impianto della motivazione, nonché con le premesse essenziali, logiche e giuridiche, che compendiano la ratio decidendi della sentenza medesima, fermo restando che è onere del ricorrente dimostrare che la doglianza non riprodotta era decisiva e che il suo omesso esame dipende da un errore di percezione.

Orbene, la mancata osservanza di codesto indirizzo interpretativo, almeno rilevato come tale dalla Cassazione, induceva quest’ultima a stimare l’impugnazione proposta nel caso di specie inammissibile per manifesta infondatezza.

I risvolti applicativi

L’art. 625-bis del codice di procedura penale non permette di dedurre la mancanza di una specifica esaminazione delle obiezioni della difesa, a meno che queste obiezioni siano decisive o ritenute valide per essere compatibili con la struttura, la motivazione, le premesse logiche e giuridiche della sentenza.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 1 Num. 17202 Anno 2024

Presidente: MANCUSO LUIGI FABRIZIO AUGUSTO

Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

Data Udienza: 25/01/2024

Data Deposito: 24/04/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da

N. V., nata il …

avverso la sentenza emessa il 17/03/2023 dalla Corte di cassazione, Quinta Sezione penale

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Alessandro Centonze;

lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale Luca Tampieri, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto di impugnazione presentato dall’avv. A. G., V. N. proponeva ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen. avverso la sentenza emessa il 17 marzo 2023 dalla Corte di cassazione, Quinta Sezione penale.

Con la sentenza impugnata era stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto da V. N. avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Trieste il 9 marzo 2022, sull’assunto che l’imputata, dopo la restituzione in termini per impugnare la sentenza di primo grado, pronunciata dal Tribunale di Gorizia, tramite il suo difensore, marzo 2022, aveva presentato una richiesta di rito abbreviato tardiva.

Con il ricorso straordinario in esame la difesa di V. N. articolava un’unica doglianza, con cui censurava l’errore di fatto nel quale era incorsa la Corte di cassazione nel ritenere tardiva la richiesta di giudizio abbreviato formulata dalla difesa, che discendeva dall’erronea individuazione del momento di tale formulazione, che doveva essere ricondotto all’istanza di restituzione nel termine presentata ex art. 175, comma 2, cod. proc. pen., oggetto di accoglimento.

Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso proposto da V. N., ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen., è inammissibile, risultando incentrato su motivi manifestamente infondati.

2. In via preliminare, allo scopo di inquadrare le doglianze proposte nell’interesse di V. N., avverso la sentenza emessa il 17 marzo 2023 dalla Corte di cassazione, Quinta Sezione penale, ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen., si rendono indispensabili alcune precisazioni.

Deve, innanzitutto, premettersi che ratio e lettera dell’art. 625-bis cod. proc. pen., così come introdotto dall’art. 6, comma 6, legge 19 aprile 2001, n. 128, hanno contribuito alla formazione di canoni interpretativi divenuti principi consolidati, anche per via della speculare elaborazione formatasi sull’art. 395, comma 5, cod. proc. civ. (Sez. U, n. 1603 del 27/03/2002, omissis, Rv. 221280 – 01).

Con particolare riferimento alle questioni sollevate nel ricorso straordinario proposto nell’interesse di V. N., occorre ricordare che il principio dell’intangibilità dei provvedimenti pronunciati dalla Corte di cassazione, pur avendo perso il carattere di assolutezza per effetto dell’art. 625-bis cod. proc.pen. nella materia penale e di quello, analogo, della revocazione per la materia civile, resta il cardine del sistema delle impugnazioni e della formazione del giudicato; l’accertamento definitivo costituisce, del resto, lo «scopo stesso dell’attività giurisdizionale […]» e realizza l’interesse fondamentale di ogni

sistema processuale «alla certezza delle situazioni giuridiche […]» (Corte cost., sent. n. 294 del 1995).

Le disposizioni regolatrici del ricorso straordinario, quindi, non possono trovare applicazione oltre i casi espressamente considerati, in forza del divieto sancito dall’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale, perché costituiscono una deroga all’intangibilità del giudicato.

Ne discende che la natura eccezionale del rimedio in esame e il tenore della disposizione che lo istituisce non consentono di sindacare, attraverso il ricorso straordinario, pronunzie giurisdizionali diverse da quelle che sono connotate da definitività.

2.1. In questa cornice, l’errore di fatto che può dare luogo all’annullamento di una sentenza di legittimità è solo quello costituito da sviste o errori di percezione nei quali sia incorsa la Corte di cassazione nella lettura degli atti del giudizio ed è connotato dall’influenza esercitata sulla decisione dall’inesatta cognizione di risultanze processuali, il cui travisamento conduce a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza l’errore di fatto e la cui ingiustizia o invalidità costituiscono l’effetto di tale errore.

Ne discende che, esulando dall’errore di fatto ogni profilo valutativo, esso coincide con l’errore revocatorio – secondo l’accezione che vede nello stesso il travisamento degli atti nelle due forme dell’invenzione o dell’omissione, non estensibile al travisamento delle risultanze ovvero alla loro inesatta interpretazione – in cui sia incorsa la Corte di cassazione nella lettura degli atti del suo giudizio.

Pertanto, il cosiddetto travisamento del fatto, inteso come travisamento del significato, non può in nessun caso legittimare il ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen.

A maggior ragione, non può essere dedotta, ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen., la mancata considerazione dell’errore revocatorio in cui sia incorso il giudice di merito, tanto meno laddove sia prospettato che questo sarebbe stato, ora per allora, astrattamente rilevabile in sede di ricorso ordinario in forza di una, non consentita o non accolta, interpretazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.

2.2. Quanto all’omissione dell’esame di uno o più motivi del ricorso per cassazione, la stessa, quand’anche sussistente in astratto, si risolve in un difetto di motivazione, che, sempre in astratto, non significa né affermazione né negazione di alcuna realtà processuale, ma semplicemente mancata risposta a una censura.

La giurisprudenza consolidata di questa Corte, peraltro, ammette che la lacuna motivazionale possa essere ricondotta nell’errore di fatto quando dipenda da una «V. e propria svista materiale, ossia da una disattenzione di ordine meramente percettivo, che abbia causato l’erronea supposizione dell’inesistenza della censura […]»; situazione che ricorre quando l’omesso esame lasci presupporre la mancata lettura del motivo di ricorso e da tale mancata lettura discenda, secondo «un rapporto di derivazione causale necessaria […]», una decisione che può ritenersi incontrovertibilmente diversa da quella che sarebbe stata adottata a seguito della considerazione del motivo (Sez. U, n. 1603 del 27/03/2002, omissis, cit.).

In questa prospettiva, si avverte la necessità di ricordare che il disposto dell’art. 173, comma 1, disp, att., cod. proc. pen. non consente di presupporre che ogni argomento prospettato a sostegno delle censure non riprodotto nella sentenza sia stato non letto anziché implicitamente ritenuto non rilevante (Sez. 5, n. 20520 del 20/03/2007, omissis, Rv. 236731 – 01; Sez. 5, n. 11058 del 10/12/2004, omissis, Rv. 231206 – 01).

Ne deriva che non solo non è in nessun caso deducibile, ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen., la mancanza di espressa disamina di censure difensive che non siano decisive o che debbano considerarsi disattese, perché incompatibili con la struttura e con l’impianto della motivazione, nonché con le premesse essenziali, logiche e giuridiche, che compendiano la ratio decidendi della sentenza medesima, ma è onere del ricorrente dimostrare che la doglianza non riprodotta era, in violazione della regola dell’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen., decisiva e che il suo omesso esame dipende da un errore di percezione.

A tali indicazioni ermeneutiche può solo aggiungersi che, proprio sulla scorta dell’omologo rimedio dell’art. 395, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., giova a delimitare l’errore di fatto, con particolare riguardo alla lacuna motivazionale, la definizione fornita dalle Sezioni Unite civili come errore che «sebbene non giunga a quel punto di estraneità al giudizio che caratterizza l’errore materiale […], è pur sempre un errore che si manifesta al di fuori di ciò che è stato il dibattito processuale o che ad esso appartiene per legge […], in quanto investe un fatto  pacifico, incontrovertibile nella sua esistenza o inesistenza […]» (Sez. U, n. 101 del 08/02/1983, Rv. 425800 – 01).

3. L’applicazione dei principi che si sono enunciati nei paragrafi 2, 2.1 e 2.2al ricorso straordinario proposto ex art. 625-bis cod. proc. pen. da V. N., avverso la sentenza emessa dalla Corte di cassazione, Quinta Sezione penale, il 17 marzo 2023, comporta che di tale impugnazione deve rilevarsi  l’inammissibilità per manifesta infondatezza.

Osserva il Collegio che l’assunto difensivo è smentito dalle emergenze processuali, che impongono di escludere che ‘la Corte di cassazione, Quinta Sezione penale, sia incorsa nell’errore di fatto censurato, relativo alla ritenuta tardività della richiesta di giudizio abbreviato presentata dalla difesa della ricorrente 1 11 marzo 2022.

Si consideri che la ricorrente, ottenuta la restituzione nel termine per proporre impugnazione, ex art. 175, comma 2, cod. proc. pen., appellava la sentenza contumaciale emessa dal Tribunale di Gorizia nel giudizio di primo grado, chiedendo – tramite il suo difensore di fiducia, sprovvisto di procura speciale – che il procedimento venisse celebrato con le forme del giudizio abbreviato. Per effetto dell’impugnazione proposta dall’imputata, il giudizio veniva celebrato con le forme camerali, proprie del rito emergenziale all’epoca vigente, con la fissazione dell’udienza di appello per il 9 marzo 2022.

Ricevuta la comunicazione delle conclusioni scritte del Pubblico ministero, 11 marzo 2022, il difensore depositava la procura speciale che gli era stata conferita da V. N. e, contestualmente, ribadiva la richiesta di giudizio abbreviato formulata nell’interesse della sua assistita con l’atto di appello presentato a seguito della restituzione del termine.

In questa cornice, deve rilevarsi che, pur essendo stata formulata la richiesta di giudizio abbreviato con il primo atto processuale conseguente alla restituzione nel termine, la procura speciale che legittimava tale richiesta veniva depositata tardivamente, l’1 marzo 2022, solo dopo la comunicazione delle conclusioni scritte del Pubblico ministero. Ne deriva che, al momento della formulazione dell’originaria richiesta di rito alternativo, il difensore di V. N. era sprovvisto di procura speciale, con la conseguenza che l’istanza veniva proposta in violazione dell’art. 438, comma 3, cod. proc. pen., che, nel disciplinare i presupposti del giudizio abbreviato, prevede, che la «volontà dell’imputato è espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore».

Sul punto, non si può che richiamare la giurisprudenza di legittimità, correttamente citata nella sentenza impugnata, secondo cui: «In caso di restituzione nel termine per appellare la sentenza contumaciale ex art. 175, comma 2, cod. proc. pen. – nel testo vigente prima dell’entrata in vigore della legge 28 aprile 2014, n. 67, applicabile ai procedimenti in corso a norma dell’art. 15-bis della legge citata — deve ritenersi tardiva l’istanza di ammissione ad un rito alternativo al dibattimento formulata dall’imputato soltanto nella memoria contenente motivi nuovi ex art. 585 cod. proc. pen., atteso che tale facoltà deve essere esercitata con il primo atto di impulso processuale» (Sez. 2, n. 8737 del 22/11/2019, dep. 2020, omissis, Rv. 278517 – 01).

4. Ne discende conclusivamente che il ricorso straordinario presentato nell’interesse di V. N., risultando proposto fuori dalle ipotesi previste dall’art. 625-bis cod. proc. pen., deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e,

non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, determinata in tremila euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

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