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Cosa allegare per il riconoscimento del vincolo della continuazione in fase esecutiva?

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Cass. pen., sez. I, 21/06/2024 (ud. 3/05/2024, dep. 26/09/2024), n. 36091 (Pres. Siani, Rel. Calaselice)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava cosa si deva allegare ai fini del riconoscimento del vincolo della continuazione in sede esecutiva.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Varese, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava un’istanza di riconoscimento del vincolo della continuazione, ex art. 671 cod. proc. pen..

Ciò posto, avverso siffatta decisione proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’istante, che deduceva erronea applicazione degli artt. 671 cod. proc. pen. e 81, comma secondo, cod. pen..

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

Gli Ermellini, nel ricorso suesposto infondato, oltre a postulare che l’istante ai fini del riconoscimento del vincolo della continuazione in sede esecutiva, non ha un onere di allegazione ma solo interesse a delineare gli indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso (Sez. 1, n. 14188 del 30/03/2010), evidenziavano al contempo che l’onere di allegazione gravante sul condannato deve ritenersi soddisfatto anche con la semplice indicazione o produzione delle sentenze relative ai reati di cui si richiede l’unificazione, senza che egli debba adempiere l’ulteriore onere di specificare le ragioni da cui è desumibile l’esistenza di un medesimo disegno criminoso.

I risvolti applicativi

In materia di continuazione in sede esecutiva, il condannato soddisfa l’onere di allegazione semplicemente indicando o producendo le sentenze relative ai reati da unificare, senza essere tenuto a specificare ulteriori ragioni per dimostrare l’esistenza di un medesimo disegno criminoso.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 1 Num. 36091 Anno 2024

Presidente: SIANI VINCENZO

Relatore: CALASELICE BARBARA

Data Udienza: 21/06/2024

Data Deposito: 26/09/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A. F. G. nato a … il …

avverso l’ordinanza del 22/02/2024 del GIP TRIBUNALE di VARESE

udita la relazione svolta dal Consigliere BARBARA CALASELICE;

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, resa in data 22 febbraio 2024, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Varese, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza di riconoscimento del vincolo della continuazione, ex art. 671 cod. proc. pen., proposta nell’interesse di F. G. A., in relazione ai reati di bancarotta fraudolenta giudicati con sentenza di applicazione di pena del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Varese, del 9 aprile 2019, reato commesso in data 15 marzo 2017, nonché con sentenza resa, all’esito di rito abbreviato, dal Giudice per le indagini

preliminari del medesimo Tribunale, in data 13 luglio 2023, fatto commesso in data 17 aprile 2019. Con la medesima ordinanza il giudice dell’esecuzione ha revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso con la prima sentenza citata.

Il Giudice dell’esecuzione fonda il diniego sul fatto che le distrazioni per le quali A. ha riportato le condanne definitive, riguardano due diversi enti e il fallimento di due diverse società, con attività distrattiva posta in essere, in relazione alla società S., nel 2009 e 2010, nonché in relazione alla E., tra il 2012 e il 2016.

L’ordinanza impugnata ha indicato le operazioni come non collegate da un preventivo, unico progetto ma semplicemente poste in essere con modalità attuative analoghe, pur sussistendo interconnessione tra le società, rimarcando anche l’assenza di allegazioni circa l’esistenza di una medesima preventiva

risoluzione criminosa e pianificazione delle condotte.

2. Avverso la descritta ordinanza, il condannato ha proposto tempestivo ricorso per cassazione, con atto del suo difensore, avv. F. B., deducendo erronea applicazione degli artt. 671 cod. proc. pen. e 81, comma secondo, cod. pen.

Si deduce che si tratta di reati commessi in un ristretto arco temporale, nello stesso contesto territoriale, con le medesime finalità distrattive e con le stesse modalità esecutive; si tratta, peraltro, del fallimento di società interconnesse, amministrate, di fatto o di diritto, dal ricorrente aventi la medesima sede negli uffici di Malnate.

Il Giudice dell’esecuzione ha rimarcato la presunta distanza temporale fra i fatti ignorando le allegazioni difensive tratte dal contenuto della sentenza resa in sede di rito abbreviato.

La sentenza di applicazione di pena è in sostanza priva di motivazione, ma quella del Giudice per le indagini preliminari resa ex art. 442 cod. proc. pen. consente di ricavare, secondo il ricorrente, che la E. s.a.s. aveva sede legale in Malnate e che, ad onta dell’oggetto sociale (attività di movimento di terra) questa, in sostanza, come la S.t s. r. I., si occupava di iniziative immobiliari.

La sentenza di merito rimarca, altresì, che la documentazione della E. si ferma agli anni 2010 e quella rinvenuta attesta i continui movimenti di denaro tra la società e altre società immobiliari, tra cui la S.t s.r.l.

Le distrazioni riguardanti la S.t, poi, risalgono agli anni 2009 e 2010 e lo stesso Giudice di merito evidenzia che il ricorrente, insieme al concorrente nel reato, ha costituito plurime società, intraprendendo iniziative imprenditoriali, nonché spostando danaro, da una società all’altra, senza giustificazione né documentazione di qualsiasi genere.

Tali elementi unificanti erano stati segnalati con l’istanza e non sono stati tenuti in considerazione dal Giudice dell’esecuzione.

Peraltro, si sottolinea che all’istante non è richiesto, oltre all’indicazione delle sentenze relative ai reati da porre in continuazione, di adempiere all’onere di evidenziare indici significativi della sussistenza del disegno criminoso, essendo questo mero interesse della parte richiedente.

3. Il Sostituto Procuratore generale di questa Corte, F. Lignola, intervenuto con requisitoria scritta, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è infondato.

2.Non ignora il Collegio che, secondo l’indirizzo giurisprudenziale, richiamato dal ricorrente, l’istante ai fini del riconoscimento del vincolo della continuazione in sede esecutiva, non ha un onere di allegazione ma solo interesse a delineare gli indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso (Sez. 1, n. 14188 del 30/03/2010, omissis, Rv. 246840 – 01).

Si ritiene, infatti, che l’onere di allegazione gravante sul condannato deve ritenersi soddisfatto anche con la semplice indicazione o produzione delle sentenze relative ai reati di cui si richiede l’unificazione, senza che egli debba adempiere l’ulteriore onere di specificare le ragioni da cui è desumibile l’esistenza di un medesimo disegno criminoso.

Tuttavia, si rileva che, nel caso al vaglio, a fronte dell’esame svolto dal Giudice dell’esecuzione dei due provvedimenti irrevocabili, in modo ineccepibile risulta motivato il diniego del riconoscimento del vincolo ex art. 671 cod. proc. pen.

2.1. Invero, la data di consumazione dei reati di bancarotta distrattiva è cristallizzata rispetto alla dichiarazione di fallimento che, in un procedimento, è il 15 marzo 2017 e, nell’altro, è il 9 aprile 2019. Quindi, la distanza temporale che evidenzia il giudice dell’esecuzione per negare la sussistenza del vincolo della continuazione non è un dato neutro (cfr., nel senso che, in tema di bancarotta, il momento consumativo dei reati coincide con la pronuncia della sentenza di fallimento, anche nel caso di condotta esaurita anteriormente, in quanto la declaratoria di fallimento ha natura di elemento costitutivo del reato e non di condizione obiettiva di punibilità, Sez. 5, n. 27426 del 01/03/2023, omissis, Rv. 284785 – 01; Sez. 5, n. 40477 del 18/05/2018, omissis, Rv. 273800 – 01).

Peraltro, le due sentenze afferiscono a due diverse società e, comunque, si fa riferimento a fatti distrattivi attuati, in un amplissimo contesto temporale che per la E. s.a.s. va dal 2011-2012 al 2016 e, per la S.t s.r.I., si colloca tra il 2009 e il 2010.

2.2. A fronte di tali dati sottolineati dal giudice dell’esecuzione, la prospettazione del ricorrente tende ad una rivalutazione, da parte del giudice di legittimità, del contenuto della sentenza di cognizione che peraltro rende conto del fatto che complessivamente le fuoriuscite di denaro della società E. s.a.s. sono da collocare temporalmente tra il 2011 e il 2016 (cfr. p. 4) e, soprattutto, che i fatti distrattivi sono stati attuati nei confronti di plurime e società destinatarie, non soltanto della S.t s.r.l.

Dunque, sebbene la motivazione resa dal giudice dell’esecuzione, nel negare la sussistenza del disegno criminoso, si limiti a prendere a base le diverse imputazioni e l’epoca – distinta – delle distrazioni, il ragionamento svolto non appare viziato, nemmeno dal punto di vista della illogicità manifesta. Questo, invero, reputa piuttosto la condotta distrattiva, posta in essere in relazione alla E. s.a.s., di cui alla seconda sentenza dichiarativa di fallimento, espressione di una modalità operativa analoga a quella già attuata per la società dichiarata fallita con la prima sentenza del 2017, tesa al depauperamento della s.a.s., senza che da questa attività possa trarsi la conclusione che tutte le operazioni distrattive, attuate anche in favore di altri enti, siano state pianificate in anticipo, fin dalla prima sentenza dichiarativa di fallimento del 2017 o, meglio fin dalle prime condotte distrattive (risalenti agli anni 2009 – 2010) quanto a durata, portata ed esecuzione.

2.3. Non va trascurato, infine, che la conclusione cui è giunto il Giudice dell’esecuzione, dunque, si pone in linea con la giurisprudenza di legittimità secondo la quale, in tema di reato continuato, l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata e unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già presenti nella mente dell’agente nella loro specificità, e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle  condotte poste in essere (tra le altre, Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep.16/04/2009, omissis, Rv. 243632).

Il Giudice dell’esecuzione, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo a un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo, invece, necessaria l’individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma generale (tra le altre, Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016., omissis, Rv. 267596).

L’esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta, dunque, da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei

medesimi soggetti (Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, omissis, Rv. 266413).

3. Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 21 giugno 2024.

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