In tema di misure di prevenzione patrimoniali, il terzo fittizio intestatario deve dimostrare la legittima provenienza delle risorse?

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Cass. pen., sez. I, 3/10/2025 (ud. 3/10/2025, dep. 8/10/2025), n. 33401 (Pres. Rocchi, Rel. Lanna)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava se, in tema di misure di prevenzione patrimoniali, il terzo fittizio intestatario debba dimostrare la legittima provenienza delle risorse.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte di Appello di Roma, quale giudice di rinvio, confermava un decreto emesso sempre dalla Corte territoriale capitolina (con cui era stata revocata la confisca delle somme di denaro depositate sul conto corrente bancario intestato alla terza interessata ed ai suoi fratelli, disponendone la restituzione agli aventi diritto, essendo invece stati disattesi, nel resto, gli appelli presentati, sia in ordine alle misure di prevenzione personali disposte nei confronti di talune persone, sia in riferimento alla misura di prevenzione patrimoniale gravante sugli ulteriori beni), per ciò che atteneva a cinque polizze di pegno, relative ad oggetti di un certo valore economico.

Ciò posto, avverso codesta decisione proponeva ricorso per Cassazione il difensore.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

Il Supremo Consesso riteneva il ricorso suesposto fondato.

In particolare, tra le argomentazioni che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo cui, in ‹‹tema di misure di prevenzione patrimoniali, non può porsi a carico del terzo, ritenuto fittizio intestatario dei beni oggetto della richiesta di confisca, l’onere probatorio di dimostrazione della legittima provenienza delle risorse utilizzate per gli acquisti, non essendo egli, per definizione, il soggetto portatore di pericolosità, poiché il primo passaggio della dimostrazione della scissione tra titolarità formale del bene e impiego delle risorse spetta comunque alla pubblica accusa›› (Sez. 1, n. 13375 del 20/09/2017).

I risvolti applicativi

In tema di misure di prevenzione patrimoniali, il terzo fittizio intestatario non assume l’onere probatorio della legittima provenienza delle risorse, spettando tale onere alla pubblica accusa.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 1 Num. 33401 Anno 2025

Presidente: ROCCHI GIACOMO

Relatore: LANNA ANGELO VALERIO

Data Udienza: 03/10/2025

Data Deposito. 08/10/2025

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta da

– Presidente –

VINCENZO SIANI

PAOLA MASI

GIORGIO POSCIA

– Relatore –

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

M. L. nata a … il …

avverso il decreto del 11/03/2025 della CORTE di APPELLO di ROMA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO VALERIO LANNA;

letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale LUIGI BIRRITTERRI, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio, con restituzione delle polizze all’avente diritto.

RITENUTO IN FATTO

1. In data 22/10/2019 e con successiva integrazione del 07/10/2020, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma ha avanzato proposta di applicazione della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale, con obbligo di soggiorno per anni due, nei confronti di V. T., A. A. ed E. D. R., oltre che della misura patrimoniale della confisca, nei confronti sia degli stessi, sia dei terzi fittizi intestatari di beni riconducibili e nella disponibilità di essi, tra cui L. M., quale coniuge di V. T..

1.1. Con decreto del 10/11/2020, il Tribunale di Roma ha disposto il sequestro anche nei confronti di M., con riferimento ad ogni rapporto finanziario avente saldo eccedente la somma di euro cinquecento e con la sola eccezione dei rapporti sui quali risultassero accreditati emolumenti di lecita derivazione.

1.2. Con decreto del 13/06/2023, la Corte di appello di Roma ha revocato la confisca delle somme di denaro depositate sul conto corrente bancario intestato alla terza interessata ed ai suoi fratelli, disponendone la restituzione agli aventi diritto; ha disatteso nel resto, al contrario, gli appelli presentati dai proposti V. T., A. A. ed E D. R., nonché dai terzi interessati, ossia la stessa M., Fabiana

T. e F. T. (queste ultime due figlie di V. T.), sia in ordine alle misure di prevenzione personali disposte nei confronti dei primi tre, sia in riferimento alla misura di prevenzione patrimoniale gravante sugli ulteriori beni.

1.3. Con sentenza del 26/01/2024, la Quinta Sezione di questa Corte ha annullato il decreto del 13/062023, con riferimento alle polizze di pegno intestate a L. M., rinviando alla Corte di appello di Roma per nuovo esame sul punto; ha poi annullato senza rinvio il medesimo provvedimento, limitatamente alla condanna di M. al pagamento delle spese processuali, che ha eliminato e, infine, ha disatteso le residue doglianze.

1.4. Con il provvedimento indicato in epigrafe, la Corte di appello di Roma – giudicando in sede di rinvio – ha confermato il decreto del 13/06/2023 della medesima Corte, per ciò che attiene alle cinque polizze di pegno, emesse in data 24/01/2018 e relative a “monili in oro quali ciondoli, orecchini, bracciali, sterline in oro, collane, spille, oreficeria varia”, per un valore totale di euro 12.500,00 (così può leggersi nel provvedimento impugnato),

condannando L. M. al pagamento delle spese.

2. Ricorre per cassazione L. M., a mezzo dell’avv. E. N. M., deducendo – con un unico motivo – violazione ex art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., per violazione degli artt. 10 comma 2, 24 e 27 del d.lgs. 06 settembre 2011, n. 159, nonché 125 cod. proc. pen. e 111 Cost., per avere la Corte territoriale confermato la confisca delle polizze di pegno intestate alla ricorrente, adottando una motivazione inesistente in relazione agli esiti della perizia disposta dal medesimo Collegio, ovvero in assenza di una provata sproporzione reddituale, oltre che della necessaria correlazione temporale, tra l’acquisto e la pericolosità qualificata del coniuge proposto.

3. Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato e, consequenzialmente, la restituzione delle polizze all’avente diritto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. Come già precisato nella sintesi contenuta in parte narrativa, viene in rilievo un provvedimento di confisca di prevenzione di polizze di pegno, intestate alla terza interessata L. M., coniuge di uno dei proposti.

Il provvedimento impugnato è susseguente ad annullamento con rinvio disposto dalla Quinta Sezione di questa Corte. La sentenza rescindente aveva rilevato come la Corte di appello non avesse “… adeguatamente individuato le ragioni di confisca delle polizze di pegno, intestate alla terza interessata L. M.. Di queste, infatti, non è dato conoscere né l’epoca di emissione né il loro valore, così come del tutto generica era l’affermazione della Corte che le stesse, comunque, non troverebbero adeguata giustificazione nei redditi leciti dei coniugi T., considerando poi che l’asserita sperequazione in ordine a qualsivoglia acquisto ha trovato smentita nel fatto che, per alcuni dei beni sottoposti a misura, il Tribunale aveva revocato il vincolo. La motivazione sul punto — sulla conferma della confisca delle

predette polizze – è pertanto meramente apparente ed il decreto impugnato va, pertanto, annullato sul punto, con rinvio per nuovo giudizio”.

2.1. Mediante la presente impugnazione, la difesa si duole della sussistenza di una apparenza motivazionale, in punto di mancata prova in ordine alla sproporzione reddituale, nonché quanto alla correlazione temporale che sarebbe riscontrabile, tra l’epoca di acquisto dei beni oggetto di ablazione e la manifestazione della pericolosità sociale del coniuge della ricorrente. L’assenza di prova circa la sproporzione del reddito della ricorrente, a fronte della affermata capacità economica prospettata dal perito, sarebbe stata – in ipotesi difensiva –del tutto ignorata dalla Corte di appello.

La stessa perizia, in sostanza, rivelerebbe il difetto di sproporzione, fra le fonti lecite di reddito della terza interessata e il valore delle polizze di pegno; tale valore – nella sua oggettività – risulta ormai esattamente quantificato, all’esito della perizia, che non ha potuto, però, precisare l’epoca di acquisto dei beni oggetto di ablazione, così da escludere la legittimità della loro confisca, rispetto alla perimetrazione temporale della pericolosità del coniuge della ricorrente.

2.2. Al solo fine di fissare le coordinate teoriche del presente giudizio, giova ricordare il principio di diritto recentemente fissato dal massimo consesso di questa Corte, a mente della quale: ‹‹In caso di confisca di prevenzione avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati a un terzo, quest’ultimo può rivendicare esclusivamente l’effettiva titolarità dei beni confiscati, senza poter prospettare l’insussistenza dei presupposti applicativi della misura, deducibile soltanto dal proposto›› (Sez. U, n. 30355 del 27/03/2025 omissis, Rv. 288300 – 01).

Del tutto legittimamente, pertanto, M. – nella veste di moglie del proposto V. T. – può rivendicare la legittimità dell’acquisto dei beni conferiti nelle polizze e, quindi, l’effettiva titolarità dei beni mobili ivi indicati.

2.3. All’indomani della perizia, è divenuto noto il valore dei beni dati in pegno (trattavasi di gioielli del valore di euro 12.450,00); si è anche preso atto, però, del fatto che l’epoca di acquisto di tali gioielli (rectius, di ciascuno di essi) non potesse essere stabilita.

Nulla consente di affermare, allora, che tali beni siano stati certamente acquistati dalla M. durante il periodo di pericolosità di T. (lasso di tempo intercorrente fra il 1994 e il 2020); è acquisito il dato, viepiù, che – laddove tali gioielli fossero stati acquistati negli anni 1985, 1986 e dal 1991 al 1994 – non sarebbe stata presente la sproporzione, tra redditi e valore dei beni. E del tutto legittimamente, peraltro, la M. ha scelto di non fornire ulteriori lumi, circa l’epoca di acquisto dei gioielli stessi.

In ragione evidentemente della impossibilità, all’esito della perizia disposta dalla Corte territoriale, di fissare con certezza l’epoca dell’acquisto dei vari gioielli, si afferma espressamente – nel provvedimento impugnato – che la M. avrebbe potuto acquisire in maniera lecita tali beni in determinati anni (si tratta di periodi estremamente lunghi ed enormemente distanti, anche dal momento della proposta di applicazione formulata a carico di T., in quanto ci si riferisce agli anni 1985 e 1986, all’intero periodo dal 1991 al 2005 e all’intero periodo dal 2009 al 2014); non essendo possibile stabilire esattamente la data dell’acquisto, però, la Corte territoriale ne trae la conclusione della impossibilità di dichiararne la legittimità.

La prova positiva, quanto alla natura sproporzionata dell’acquisto di tali beni e, correlativamente, alla collocazione temporale dell’acquisto stesso durante il tempo della pericolosità del proposto, al contrario, sarebbe spettata all’accusa (così Sez. 5, n. 8984 del 19/01/2022, omissis, Rv. 283979 – 02, secondo cui: ‹‹In tema di misure di prevenzione patrimoniali, non può porsi a carico del terzo, ritenuto fittizio intestatario dei beni oggetto della richiesta di confisca, l’onere probatorio di dimostrazione della legittima provenienza delle risorse utilizzate per gli acquisti, non essendo egli, per definizione, il soggetto portatore di pericolosità, poiché il primo passaggio della dimostrazione della scissione tra titolarità formale del bene e impiego delle risorse spetta comunque alla pubblica accusa››; si veda anche Sez. 1, n. 13375 del 20/09/2017, dep. 22/03/2018, omissis, Rv. 272703 – 01).

2.4. In definitiva – a fronte della riscontrata incertezza, sia in ordine al tempo dell’acquisto, sia quanto all’eventualità che l’acquisto stesso si possa collocare in una delle ampie finestre di liceità indicate dalla perizia – la Corte di appello ha impropriamente utilizzato una sorta di inversione dell’onere probatorio. In tal modo è stata reiterata – pur se all’esito dell’espletamento di una perizia – la violazione di legge già stigmatizzata dalla succitata sentenza rescindente, consistente nel porre a carico della M. – nella veste di terzo – l’onere di provare la liceità degli acquisti dei gioielli conferiti nelle polizze di pegno. Al contrario, grava come detto sull’accusa l’onere di fornire la prova della fittizia intestazione, ovvero della derivazione dai frutti dell’attività illecita dell’associazione per delinquere di cui faceva parte T., marito della M..

3. Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone l’annullamento del provvedimento impugnato e, consequenzialmente, del decreto del Tribunale di Roma datato 4 aprile 2022; a ciò consegue la revoca della confisca delle polizze in sequestro, che dovranno essere

restituite alla ricorrente.

P.Q.M

Annulla senza rinvio il decreto impugnato nonché il decreto del Tribunale di Roma del 4 aprile 2022. Revoca la confisca delle polizze in sequestro delle quali ordina la restituzione alla ricorrente

Così è deciso, 03/10/2025

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