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Silenzio e truffa: il confine tra il meramente tacere e l’ingannare

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Cass. pen., sez. II, 15/12/2023 (ud. 15/12/2023, dep. 07/03/2024), n. 9832 (Pres. Imperiali, Rel. Marra)

(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 640)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Cassazione nel caso di specie, riguardava in che modo il silenzio possa rilevare, quale raggiro, ai fini della configurabilità del delitto di truffa.

Difatti, nel procedimento, in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento, a fronte del fatto che il Tribunale del riesame de L’Aquila aveva rigettato l’impugnazione proposta avverso un decreto di sequestro preventivo della somma di euro 10.750,00, disposto dal G.I.P. di Sulmona in data 27.07.2023, in relazione all’imputazione provvisoria di truffa aggravata ai danni dell’INPS per avere l’indagato indebitamente  percepito indebitamente ratei di pensione del congiunto nel frattempo deceduto, il difensore dell’accusato proponeva ricorso per Cassazione avverso questo provvedimento e, tra i motivi ivi addotti, costui deduceva in particolare l’errata qualificazione del fatto contestato al ricorrente.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte riteneva la doglianza summenzionata infondata alla stregua di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, in “tema di truffa, integra la condotta di raggiro il silenzio sul sopravvenuto verificarsi di un evento, che costituisce il presupposto della permanenza di un’obbligazione pecuniaria a carattere periodico, posto che il silenzio del beneficiario, pur indiretto, di detta prestazione è attivamente orientato a trarre in inganno il debitore sul permanere della causa dell’obbligazione. (Fattispecie in cui si è ritenuto che costituisse comportamento truffaldino non solo l’omessa comunicazione all’INPS del decesso del beneficiario della pensione, ma anche l’esercizio fraudolento da parte dell’imputato, a seguito di tale evento, di poteri derivanti dal rilascio di una procura speciale a operare sul conto corrente sul quale erano accreditati i ratei pensionistici, condotta idonea a trarre in inganno l’ente sull’esistenza in vita dell’avente diritto)” (Sez. 2, n. 24487 del 18.04.2023).

I risvolti applicativi

In materia di truffa, il silenzio riguardante l’avvenimento di un evento cruciale, necessario per mantenere un impegno finanziario periodico, può essere considerato una forma di raggiro se il beneficiario, anche tacitamente, cerca attivamente di ingannare il debitore riguardo alla validità continua dell’obbligo.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 2 Num. 9832 Anno 2024

Presidente: IMPERIALI LUCIANO

Relatore: MARRA GIUSEPPE

Data Udienza: 15/12/2023

Data Deposito: 07/03/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D. S. nato a … il …

avverso l’ordinanza del 14/09/2023 del TRIB. LIBERTA’ di L’AQUILA

udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE MARRA;

lette le conclusioni del PG LIDIA GIORGIO;

Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 co. 8 D.L. n. 137/2020 e del successivo art. 8 D.L. 198/2022.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale del riesame di L’Aquila con ordinanza del 14 settembre 2023 rigettava l’impugnazione proposta da S. D. avverso il decreto di sequestro preventivo della somma di euro 10.750,00, disposto dal G.I.P. di Sulmona in data 27.07.2023, in relazione all’imputazione provvisoria di truffa aggravata ai danni dell’INPS per aver percepito indebitamente ratei di pensione del congiunto B. D. nel frattempo deceduto.

2. Avverso la predetta ordinanza S. D., tramite il proprio difensore, ricorre per cassazione chiedendo l’annullamento della stessa, formulando a tal fine due distinti motivi.

2.1 Con il primo eccepisce la nullità dell’ordinanza impugnata perché il Tribunale del riesame avrebbe omesso di annullare il decreto di sequestro preventivo del G.I.P. per difetto assoluto di motivazione in ordine al periculum in mora, provvedendo, erroneamente, esso stesso ad integrare la motivazione mancante. In particolare, evidenzia che il decreto di sequestro preventivo impeditivo non avrebbe motivato sui requisiti necessari della concretezza e dell’attualità del periculum in mora, a suo avviso, non rinvenibili nel caso di specie.

2.2. Con il secondo motivo lamenta l’errata qualificazione del fatto contestato al ricorrente e l’illogicità e contraddittorietà della motivazione del decreto di sequestro e della successiva ordinanza impugnata. In particolare, rileva che erroneamente è stato contestato il reato di truffa aggravata, piuttosto che la fattispecie di cui all’art. 316 ter, comma 2, cod. pen., reato in cui il superamento della soglia di punibilità ivi indicata integra un elemento costituivo del reato, precisando sul punto che si sarebbe dovuto tener conto di ogni singolo contributo/rateo percepito illecitamente e non anche della somma degli stessi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.

2. In primo luogo, si osserva in termini generali che nella nozione di “violazione di legge”, per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325, comma 1, cod. proc. pen., rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non la contraddittorietà o l’illogicità manifesta della stessa, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. E) dell’art. 606 stesso codice (Sezioni Unite, n. 5876 del 28/01/2004, omissis, Rv.226710-01; seguite da Sezione 6, n. 7472, del 21/1/2009, omissis, Rv. 242916 – 01; Sezione 5, n. 35532 del 25/6/2010, omissis, Rv. 248129 – 01; Sezione 1, n. 6821 del 31/1/2012, omissis, Rv. 252430 – 01; Sezione 3, n. 4919 del 14/7/2016, omissis, Rv. 269296 – 01; Sezione 2, n. 5807 del 18/1/2017, omissis, Rv. 269119-01; più recentemente, Sezione 2, n.49739 del 10/10/2023, omissis, Rv.285608-01). In altri termini, in tema di impugnabilità in sede di legittimità di provvedimenti cautelari di natura reale sussistono ben precisi limiti, risultando ammessa la sindacabilità oltre che per violazione di legge (“errores in procedendo” ed “errores in judicando”), per vizi motivazionali assoluti tali, cioè, da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. Non può pertanto essere proposto come violazione della legge, sostanziale o processuale, il travisamento dell’argomento dedotto, quale forma di manifestazione del vizio di motivazione.

2.1 La censura in ordine al fatto che il decreto di sequestro preventivo non avrebbe motivato sui requisiti necessari della concretezza e dell’attualità del periculum in mora, è del tutto infondata, in quanto il Tribunale del riesame dà espressamente conto che il G.I.P. ha motivato sul punto ritenendo concreto il pericolo di occultamento e/o distrazione delle somme di denaro oggetto delle contestazioni, affermando che risulterebbe agli atti il fatto che il “D. S. non ha entrate fisse e la M. B. è, allo stato, priva di occupazione; in altri termini è altamente probabile che le somme sottratte, se non poste sotto sequestro ora, saranno spese e/o trasferite ad altri (ad esempio a terzi), in modo da

ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa”. Si tratta di argomentazioni adeguate, del tutto chiare seppure nella loro concisione, e fatte proprie dal Tribunale del riesame che evidenzia anch’esso da un lato l’intrinseca fungibilità del bene denaro e dall’altro la condizione personale dell’indagato e della sua compagna B. M..

3. Parimenti del tutto infondato è il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta l’erronea qualificazione giuridica dell’illecito contestato, nonché l’illogicità e contraddittorietà della motivazione.

In ordine alla qualificazione giuridica dei fatti si ritiene corretta la configurabilità dell’illecito come truffa aggravata; il Collegio intende qui ribadire quanto già sostenuto dalla Suprema Corte con la sentenza Sez. 2, n. 24487 del 18.04.2023, Rv. 284856-01, di cui si riporta la massima: “In tema di truffa, integra la condotta di raggiro il silenzio sul sopravvenuto verificarsi di un evento, che costituisce il presupposto della permanenza di un’obbligazione pecuniaria a carattere periodico, posto che il silenzio del beneficiario, pur indiretto, di detta prestazione è attivamente orientato a trarre in inganno il debitore sul permanere della causa dell’obbligazione. (Fattispecie in cui si è ritenuto che costituisse comportamento truffaldino non solo l’omessa comunicazione all’INPS del decesso del beneficiario della pensione, ma anche l’esercizio fraudolento da parte dell’imputato, a seguito di tale evento, di poteri derivanti dal rilascio di una procura speciale a operare sul conto corrente sul quale erano accreditati i ratei pensionistici, condotta idonea a trarre in inganno l’ente sull’esistenza in vita dell’avente diritto)”. Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata, a supporto della tesi relativa all’integrazione della condotta truffaldina, ha evidenziato che “…gli indagati non solo non hanno effettuato alcuna comunicazione al Comune dell’avvenuto decesso di D. B., pur essendovi

tenuti quali prossimi congiunti o conviventi con lui, ma addirittura hanno sottratto e soppresso il cadavere del defunto, celando il fatto della morte, omettendo di denunciarne la scomparsa e virgola al limite la nomina di un curatore a norma delle leggi civili così inducendo in errore l’INPS sull’esistenza in vita dello stesso e appropriandosi dei rati di pensione “. Non solo, quindi, la mancata comunicazione all’Ente previdenziale dell’avvenuto decesso, ma anche condotte attive ex art. 640 cod. pen. di artificio per occultare la morte del congiunto, tanto da sopprimerne il suo cadavere. La giurisprudenza, come detto, è consolidata nell’affermare che la distinzione con il reato di cui all’art. 316 ter, cod. pen. sta proprio nella presenza “di un comportamento fraudolento in aggiunta al mero silenzio” (si veda Sez. 2, n.16817 del 26.02.2019, Rv. 275815-01; Sez.2, n.21000 del 8.02.2011,  Rv. 250262-01). Si tratta, quindi, di motivazioni assolutamente congrue in relazione al quadro indiziario a disposizione, nonché prive di manifesti vizi logici, tali perciò da non poter, in ogni caso, integrare il lamentato vizio di motivazione, circoscritto al limitato perimetro individuato dalla consolidata giurisprudenza della Suprema Corte citata sopra.

4. Per tutte le considerazioni fin qui esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

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