Cerca
Close this search box.

La contraffazione grossolana non esclude il reato di cui all’art. 474, co. 2, c.p.

Facebook
LinkedIn

Cass. pen., sez. II, 25/01/2024 (ud. 25/01/2024, dep. 22/02/2024), n. 7987 (Pres. Rago, Rel. Cianfrocca)

(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 474)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, su cui la Cassazione era chiamata a decidere nella pronuncia qui in esame, riguardava se la grossolanità della contraffazione escluda la sussistenza del delitto di cui all’art. 474 c.p. al cui comma secondo, come è noto, è stabilito che, fuori “dei casi di concorso nella contraffazione, alterazione, introduzione nel territorio dello Stato, chiunque detiene per la vendita, pone in vendita o mette altrimenti in circolazione, al fine di trarne profitto, i prodotti di cui al primo comma (ossia: prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati ndr.) è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000”.

Difatti, nel procedimento, in occasione del quale è stata emessa la sentenza in esame, a fronte del fatto che la Corte di Appello di Palermo aveva confermato una sentenza con cui il Tribunale della medesima città aveva riconosciuto l’imputato responsabile dei fatti di ricettazione e detenzione, per la vendita, di prodotti con marchi contraffatti sicché, ritenuta ipotesi “lieve” di cui (ora) al comma quarto dell’art. 648 cod. pen. e la continuazione tra le due violazioni di legge, lo aveva condannato alla pena finale di mesi 4 di reclusione ed euro 650 ci multa, oltre al pagamento delle spese processuali, avverso questo provvedimento il difensore dell’accusato proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, si deduceva carenza assoluta di motivazione e manifesta illogicità.

In particolare, per quello che rileva in questa sede, tra le argomentazioni prospettate in siffatta doglianza, si sosteneva l’assunto secondo il quale la grossolanità della contraffazione esclude di per sé la configurabilità del reato di cui all’art. 474, co. 2, c.p..

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte riteneva siffatta argomentazione infondata sulla scorta di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale integra il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno non ricorrendo quindi l’ipotesi del reato

impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno (cfr., tra le tante, Sez. 5, n. 30539 del 13/05/2021; Sez. 2 – , n. 16807 del 11/01/2019; Sez. 5, n. 5260 del 11/12/2013; Sez. 2, n. 28423 del 27/04/2012, in cui la Corte ha spiegato che, tenuto conto dell’interesse tutelato, ai fini dell’integrazione dei reati non è necessaria la realizzazione di una situazione tale da indurre il cliente in errore sulla genuinità del prodotto; al contrario, in presenza di una contraffazione, i reati sono configurabili anche se il compratore sia stato messo a conoscenza dallo stesso venditore della non autenticità del marchio e, in applicazione del principio, ha ritenuto che la configurabilità del reato di cui all’art. 474 cod. pen. non era esclusa, nel caso di specie, dalla presenza di locandine che avvertivano della falsità del prodotto offerto in vendita, sulla cui confezione – che riproduceva i marchi originali – figurava la scrittura “falso d’autore”).

I risvolti applicativi

La detenzione per vendita di prodotti contraffatti integra il reato previsto dall’art. 474, co. 2, cod. pen., anche se la contraffazione posta in essere sia stata grossolana.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 2 Num. 7987 Anno 2024

Presidente: RAGO GEPPINO

Relatore: CIANFROCCA PIERLUIGI

Data Udienza: 25/01/2024

Data Deposito: 22/02/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di

P. P., nato a … 1’…,

contro la sentenza della Corte d’appello di Palermo del 4.7.2023;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Pierluigi Cianfrocca;

letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Pietro Molino, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza con cui, in data 22.9.2021, il Tribunale del capoluogo siculo aveva riconosciuto P. P. responsabile dei fatti di ricettazione e detenzione, per la vendita, di prodotti con marchi contraffatti sicché, ritenuta ipotesi “lieve” di cui (ora) al comma quarto dell’art. 648 cod. pen. e la continuazione tra le due violazioni di legge, lo aveva condannato alla pena finale di mesi 4 di reclusione ed euro 650 ci multa, oltre al pagamento delle spese processuali;

2. ricorre per cassazione il P. a mezzo del difensore di fiducia che deduce:

2.1 carenza assoluta di motivazione e manifesta illogicità: segnala, infatti, che la Corte d’appello si è limitata a ripetere quanto già affermato dal primo giudice circa il fatto che i prodotti in questione recavano un marchio che pur non identico a quello originale, era comunque idoneo a trarre in inganno ed a generare confusione, omettendo, tuttavia, di spiegare il perché; aggiunge che né le case madri avevano mai affermato la falsità dei marchi né alcuna perizia o accertamento è stato mai eseguito circa la loro non autenticità; sottolinea che la grossolanità della contraffazione esclude di per sé la configurabilità del reato;

2.2 violazione di legge in relazione agli artt. 157 e 161 cod. pen.: segnala che la contestazione fissa la data di consumazione del reato al 18.2.2014 e che, alla data della sentenza di primo grado, erano decorsi otto anni, quattro mesi e sedici giorni, ovvero un tempo superiore a quello di sei anni, prorogabile di altri due in assenza di ogni riferimento alla recidiva;

3. la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020, concludendo per l’inammissibilità del ricorso:

premessa la possibilità di integrazione reciproca delle due sentenze di merito, trattandosi di “doppia conforme”, rileva che i giudici di merito hanno vagliato e congruamente argomentato circa il profilo della grossolanità della contraffazione; rileva che, alla luce della contestata recidiva, i reati non erano e non sono a tutt’oggi prescritti;

4. la difesa ha trasmesso una memoria scritta in cui contesta le considerazioni della Procura Generale insistendo nell’accoglimento del ricorso sia con riguardo al primo che al secondo motivo rilevando, a tal fine, che la recidiva, pur contestata, non era stata applicata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato limitatamente al secondo motivo.

1 Il primo motivo, infatti, deduce vizio di motivazione sotto due profili tra loro distinti e, in realtà, logicamente incompatibili: per un verso, infatti, la difesa sostiene che nessun accertamento peritale era stato effettuato per verificare la originalità dei prodotti rinvenuti nella disponibilità del ricorrente di cui nemmeno le case madri avevano mai attestato la falsità; nel contempo, poi, ribadisce la sostanziale “inoffensività” della condotta trattandosi, nel caso di specie, di detenzione di prodotti da considerarsi falsi “grossolani” come tali facilmente riconoscibili.

Prescindendo da ogni considerazione circa la “compatibilità” tra le due prospettazioni difensive, è sufficiente rilevare che, con l’atto di appello, la difesa aveva posto esclusivamente la seconda delle questioni appena richiamate, sostenendo la natura grossolana degli articoli sequestrati dandone, perciò, per assodata la “falsità” che, perciò, non può formare oggetto di ricorso per cassazione dove non possono essere sollevate questioni sulle quali il giudice di appello non si sia pronunciato, perché non devolute alla sua cognizione (cfr., tra le altre, Sez. 2 – , n. 26721 del 26/04/2023, omissis, Rv. 284768 02; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, omissis, Rv. 269745 01; Sez. 2, n. 6131 del 29/01/2016, omissis, Rv. 266202 – 01).

Tanto premesso, è sufficiente perciò ribadire il consolidato ed uniforme orientamento di questa Corte secondo cui integra il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno non ricorrendo quindi l’ipotesi del reato

impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno (cfr., tra le tante, Sez. 5, n. 30539 del 13/05/2021, omissis, Rv. 281702 – 01; Sez. 2 – , n. 16807 del 11/01/2019, omissis, Rv. 275814 – 01; Sez. 5, n. 5260 del 11/12/2013, omissis, Rv. 258722 01; Sez. 2, n. 28423 del 27/04/2012, omissis, Rv. 253417 – 01, in cui la Corte ha spiegato che, tenuto conto dell’interesse tutelato, ai fini dell’integrazione dei reati non è necessaria la realizzazione di una situazione tale da indurre il cliente in errore sulla genuinità del prodotto; al contrario, in presenza di una contraffazione, i reati sono configurabili anche se il compratore sia stato messo a conoscenza dallo stesso venditore della non autenticità del marchio e, in applicazione del principio, ha ritenuto che la configurabilità del reato di cui all’art. 474 cod. pen. non era esclusa, nel caso di specie, dalla presenza di locandine che avvertivano della falsità del prodotto offerto in vendita, sulla cui confezione – che riproduceva i marchi originali – figurava la scrittura “falso d’autore”).

2. Il secondo motivo è parzialmente fondato.

Premesso, infatti, che, dalla lettura delle due sentenze di merito non risulta sia stata applicata la pur contestata recidiva, va in primo luogo ribadito che l’ipotesi attenuata prevista dal secondo comma dell’art. 648 cod. pen. non integra una autonoma previsione incriminatrice, ma una circostanza attenuante speciale; ne consegue che, ai fini dell’applicazione della prescrizione, deve aversi riguardo alla pena stabilita dal primo comma del predetto articolo (cfr., in tal senso, Sez. 2, Sentenza n. 14767 del 21/03/2017, omissis, Rv. 269492 – 01).

Nel corso del giudizio di appello (tenuto conto dei complessivi periodi di sospensione del suo corso, conseguente ad un primo differimento dovuto alla adesione del difensore alla iniziativa di protesta dell’avvocatura, sfociata nella astensione dalle udienze; un secondo differimento dovuto alla richiesta di un termine per acquisire la procura speciale onde accedere al rito premiale; un terzo differimento dovuto ad impedimento di uno dei difensori) era senz’altro maturato il termine massimo della prescrizione prevista per il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. ai sensi del combinato disposto degli artt. 157 e 161 cod. pen.

Consegue l’annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata limitatamente al delitto di cui al capo 1) della rubrica con la elisione della pena di mesi 1 di reclusione ed euro 200 di multa stabilita quale aumento per la continuazione sul più grave delitto di cui al capo 2).

P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato ex art. 474 cod. pen., di cui al capo 1), perché estinto per prescrizione e, per l’effetto, elimina la relativa pena di mesi uno di reclusione ed euro duecento di multa.

Leggi anche

Contenuti Correlati