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Cosa presuppone la concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità

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Cass. pen., sez. II, 29/11/2023 (ud. 29/11/2023, dep. 10/01/2024), n. 1161 (Pres. Pezzullo, Rel. Cuoco)

(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 62, co. 1, n. 4)

Indice

La questione giuridica

Fermo restando che, come è noto, l’art. 62, co. 1, n. 4, cod. pen. prevede la circostanza attenuante consistente nell’“avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l’avere agito per conseguire o l’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l’evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità”, una questione giuridica, su cui era chiamata a decidere la Cassazione nella decisione qui in commento, tra i tanti profili giuridici ivi trattati (su cui si rinvia alla sentenza che si allega al presente scritto), riguardava quali fossero i presupposti per potere applicare tale elemento accidentale.

In particolare, tenuto conto che la Corte di Appello di Firenze, in parziale riforma di una decisione del locale Tribunale che, a sua volta, aveva dichiarato l’imputata colpevole del delitto di truffa aggravata e continuata, per un verso, dichiarava l’estinzione per maturata prescrizione delle condotte commesse sino ad un dato arco temporale, per altro verso, riduceva la pena inflitta nella misura di anni uno di reclusione ed euro 309,00 di multa, avverso il provvedimento emesso da questi giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione la difesa dell’accusata che, tra i motivi ivi addotti, deduceva violazione di legge e vizio della motivazione con riguardo al denegato riconoscimento delle attenuanti ex artt. 62 n. 4 e 62 bis cod. pen. stante l’assai (reputata) modesta entità del danno e la condotta postfattuale dell’imputata.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte, nel ritenere il motivo suesposto non meritevole di accoglimento, addiveniva a siffatta decisione alla luce di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale la concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrilevante, e ai fini dell’accertamento della tenuità del danno è, inoltre, necessario considerare anche il valore complessivo del pregiudizio arrecato con l’azione criminosa, valutando i danni ulteriori che la persona offesa abbia subìto in conseguenza della stessa (Sez. 5, n. 24003 del 14/01/2014; Sez. 2, n. 50660 del 05/10/2017; n. 5049 del 22/12/2020) sicché la possibilità di configurare la circostanza veniva  radicalmente preclusa non stimandosi qualificabile come irrisorio il danno procurato dalla prevenuta, costituito non solo dagli emolumenti illecitamente percepiti, ma anche dal disservizio creato per effetto della condotta.

I risvolti applicativi

Considerato quanto postulato nel provvedimento qui in commento, è sconsigliabile invocare questa diminuente di pena solo perché il valore economico del danno sia stato esiguo, senza che a ciò non si dimostri un valore del pregiudizio, prodotto con la condotta deviante, che complessivamente considerato, anche in relazione ai danni ulteriori che la persona offesa abbia subìto in conseguenza della stessa, possa considerarsi parimenti esiguo.

Dimostrare solo la modesta economica del danno in sé e per sé considerato non basta dunque per potere invocare codesta circostanza attenuante.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 2 Num. 2154 Anno 2024

Presidente: BELTRANI SERGIO

Relatore: DE SANTIS ANNA MARIA

Data Udienza: 02/11/2023

Data Deposito: 18/01/2024

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

N. M. n. a … il …

avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze in data 14/4/2023

dato atto che si è proceduto a trattazione con contraddittorio cartolare, ai sensi dell’art. 23, comma 8, D.L. 137/2020;

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Anna Maria De Santis;

letta la requisitoria del Sost. Proc. Gen. Fulvio Baldi, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;

letta la memoria difensiva e le conclusioni rassegnate dall’Avv. A. V.

RITENUTO IN FATTO

1.Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Firenze, in parziale riforma della decisione del locale Tribunale che, in data 20/11/2018 aveva dichiarato N. M. colpevole del delitto di truffa aggravata e continuata, dichiarava l’estinzione per maturata prescrizione delle condotte commesse sino al 17/6/2015, riducendo la pena inflitta nella misura di anni uno di reclusione ed euro 309,00 di multa.

2. Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputata, Avv. A. V., deducendo:

2.1 l’inosservanza dell’art. 23 bis dl. n. 137/2020 per avere la Corte territoriale definito il giudizio d’appello nonostante il tardivo invio delle conclusioni del P.G. con conseguente nullità della pronunzia. Il difensore, premessa l’avvenuta notifica delle conclusioni scritte rassegnate dal P.g. solo in data 12/4/2023 anziché nel rispetto del termine di dieci giorni prima dell’udienza, come previsto dal comma 2 dell’art. 23, eccepisce che la denunziata inosservanza comporta una lesione del diritto di intervento e difesa dell’imputata, venuta a conoscenza delle conclusioni della pubblica accusa allorché era già spirato il termine per la presentazione delle proprie conclusioni, con conseguente integrazione di una nullità di ordine generale a regime intermedio. Aggiunge che il mancato, tempestivo, ricevimento delle conclusioni del P.g. era stato dedotto già in sede di conclusioni depositate il 6/4/2023;

2.2 la violazione di legge in considerazione dell’avvenuta notifica della sentenza impugnata alla N. ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod.proc.pen. nonostante l’elezione di domicilio in luogo diverso e la reperibilità della stessa nel luogo indicato. Il difensore lamenta che la sentenza impugnata è stata irritualmente notificata all’imputata a norma dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. nonostante l’art. 23 D.I. n. 137/2020 ne preveda espressamente la comunicazione “alle parti” e non risulti esperito alcun tentativo di notifica al domicilio dichiarato;

2.3 il vizio di motivazione in relazione alla conferma della responsabilità dell’imputata per l’addebito ascrittole. Secondo il difensore la Corte di merito ha ritenuto integrata la fattispecie delittuosa ascritta alla ricorrente sulla base del mero apprezzamento della materialità della condotta, consistita nel mancato utilizzo del badge e nell’autocertificazione delle ore lavorate, senza adeguatamente valutare il profilo del dolo. Infatti, la N. -in considerazione della propria qualifica di dirigente- riteneva in buona fede di poter gestire autonomamente il proprio orario di lavoro e determinare la conseguente retribuzione dovuta, circostanza nota al direttore e ai colleghi;

2.4 la violazione dell’art. 131bis cod. pen. e correlato vizio di motivazione per avere la Corte di Appello escluso la sussistenza dei presupposti della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto senza considerare che dalle buste paga emerge un danno minimale per l’Istituto Zooprofilattico e la ricorrente si è adoperata per rifondere le conseguenze pregiudizievoli patite dall’ente, come da transazione versata in atti;

2.5 la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo al denegato riconoscimento delle attenuanti ex artt. 62 n. 4 e 62 bis cod.pen. nonostante l’assai modesta entità del danno e la condotta postfattuale dell’imputata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 primo motivo è manifestamente infondato. La giurisprudenza di legittimità, con orientamento prevalente, ritiene che, nel giudizio cartolare di appello celebrato nel vigore della disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, l’omessa comunicazione in via telematica al difensore dell’imputato delle conclusioni scritte del Procuratore generale, in violazione dell’art. 23-bis del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, incidendo sull’assistenza dell’imputato, determina una nullità generale a regime intermedio (Sez. 5, n. 34790 del 16/09/2022, Rv. 283901- 01; Sez. 6, n. 1107 del 06/12/2022, dep. 2023, Rv. 284164 – 01, Sez. 2, n. 15657 del 19/01/2023, Rv. 284486 – 01). Questa Corte ha, inoltre, escluso che la nullità in questione sia ravvisabile allorché la trasmissione delle conclusioni del pubblico ministero non immediata sia tuttavia avvenuta prima della scadenza del termine di cinque giorni per il deposito delle conclusioni delle parti private (Sez. 6, n. 30146 del 28/04/2023, Rv. 285040-01; Sez. 5, n. 6207 del 17/11/2020, dep. 2021, Rv. 280412 – 01; Sez. 6, n. 28032 del 30/04/2021, Rv. 281694 – 02).

Si è, tuttavia, condivisibilmente precisato che la nullità generale a regime intermedio conseguente all’omessa o tardiva comunicazione al difensore dell’imputato delle conclusioni del Procuratore Generale, in violazione dell’art. 23-bis d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, è deducibile dalla difesa nei limiti previsti all’art. 182, comma 2, cod. proc. pen., allegando uno specifico, concreto e attuale interesse al riguardo (Sez. 2, n. 33455 del 20/04/2023, Rv. 285186 – 01) e che, in particolare, il vizio deve essere dedotto dal patrocinatore nel primo atto successivo di partecipazione “cartolare” al procedimento, costituito dalla formulazione delle proprie conclusioni, dovendosi applicare la regola posta dall’art. 182, comma 2, cod. proc. pen. adeguandola alla peculiarità del rito camerale emergenziale (Sez. 6, n. 1107 del 06/12/2022, dep. 2023, Rv. 284164 – 01; Sez. 2, n. 27880 del 16/5/2023, Rv 284898-01).

In relazione alla nullità in discorso la giurisprudenza ha chiarito che l’imputato non può limitarsi alla mera allegazione, dovendo esplicitare un suo concreto ed attuale interesse che ne giustifichi la deduzione (Sez. 2, 285186/23, cit.; in proposito anche Sez. 1, n. 8792 del 06/12/2016, dep. 2017, Rv. 269230 – 01).

Nella specie, la difesa nelle conclusioni scritte rassegnate il 7/4/23 si è limitata a segnalare la mancata comunicazione delle conclusioni del P.m., svolgendo considerazioni a sostegno dell’interposto gravame, senza formulare né in quella sede né successivamente al ricevimento delle conclusioni del P.g. formale eccezione in ordine alla tardività dell’inoltro, rappresentando il pregiudizio conseguito all’inosservanza dei termini.

2. Il secondo motivo è inammissibile per carenza di interesse. La difesa deduce l’inosservanza dell’art. 23 bis, comma 3, D.L. n. 137/2020 nella parte in cui prevede che “il dispositivo della decisione è comunicato alle parti”, essendo stato l’atto notificato al difensore ex art. 161, comma 4 cod. proc. pen., e non all’imputata al domicilio dichiarato. Anche in tal caso, a fronte di una comunicazione non omessa ma che si assume eseguita in modo difforme rispetto a quella normativamente prevista il difensore non allega alcuna concreta circostanza che giustifichi l’interesse alla deduzione sotto il profilo della lesione dei diritti di difesa della prevenuta, tanto più a fronte del mandato fiduciario e di un esercizio dell’impugnazione in sede di legittimità riservato esclusivamente alla difesa tecnica.

3. Il terzo motivo, che denunzia il vizio di motivazione in ordine alla responsabilità della ricorrente, lungi dall’individuare aporie e fratture logiche decisive nel percorso argomentativo della sentenza impugnata sollecita una rilettura del compendio probatorio sull’assunto della buona fede della N. e della notorietà delle modalità con cui documentava il proprio orario di lavoro, senza rapportarsi in termini puntuali agli argomenti reiettivi della Corte di appello e supportando le doglianze con ampie incursioni nel merito, come laddove attinge direttamente al tenore delle deposizioni dei testi per confutare le valutazioni dei giudici territoriali.

La giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che eccede dai limiti di cognizione della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità è circoscritto, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., alla sola verifica dell’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo e della non emersione di alcuni dei predetti vizi dal testo impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravame, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile (Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, Rv. 284556 – 01; in senso conforme, tra molte, Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Rv. 280747 – 01; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601 – 01).

4. Ad analoghi esiti di manifesta infondatezza deve pervenirsi in relazione al quarto motivo che lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’esclusione della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen. La Corte territoriale ha negato la tenuità del fatto evidenziando la sistematicità e la protrazione temporale della condotta nonché la spiccata intensità del dolo, facendo corretta applicazione della costante giurisprudenza di legittimità alla cui stregua il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, omissis, Rv. 266590 – 01).

5. Anche il diniego delle circostanze attenuanti generiche sfugge a censura in questa sede in quanto adeguatamente argomentato (pag. 11) con l’assenza di segnali di resipiscenza, avendo i giudici d’appello motivatamente negato la rilevanza ai fini dell’invocata mitigazione sanzionatoria dell’intervenuta transazione con l’ente pubblico.

5.1 Quanto alla circostanza ex art. 62 n. 4 cod. pen. la doglianza deve ritenersi disattesa per implicito alla luce dei richiami effettuati dalla sentenza impugnata all’entità del danno causato dalla condotta della prevenuta, tale da non potersi definire “minimale” (pag. 10).

Peraltro la devoluzione è, comunque, inammissibile sotto il profilo di stretto diritto in quanto -per costante avviso della giurisprudenza di legittimità- la concessione della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrilevante, e ai fini dell’accertamento della tenuità del danno è, inoltre, necessario considerare anche il valore complessivo del pregiudizio arrecato con l’azione criminosa, valutando i danni ulteriori che la persona offesa abbia subìto in conseguenza della stessa (Sez. 5, n. 24003 del 14/01/2014, Rv. 260201-01; Sez. 2, n. 50660 del 05/10/2017, Rv. 271695- 01; n. 5049 del 22/12/2020, dep. 2021, Rv. 280615 – 01) sicché la possibilità di configurare la circostanza deve ritenersi radicalmente preclusa non essendo qualificabile come irrisorio il danno procurato dalla

prevenuta, costituito non solo dagli emolumenti illecitamente percepiti ma anche dal disservizio creato per effetto della condotta.

6. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, non ravvisandosi ragioni d’esonero.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

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